Alone in the dark
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Dopo aver rinviato più volte l'uscita sul mercato ed essere forse stato messo definitivamente alle strette dal management Atari, l'ultima fatica di Edward Carnaby é finalmente pronta a squarciare il velo di mistero che ha avvolto il progetto fin dal suo annuncio. E' ovvio quindi che, come la storia video ludica insegna, quello che abbiamo tra le mani in questo momento é un prodotto che per forza di cose presta al fianco a critiche feroci e viene passato alla lente d'ingrandimento in ogni sua feature.
Quello che ci troviamo di fronte é sicuramente un prodotto dalle enormi potenzialità a cui deve comunque essere associato un lavoro di “tuning” tecnico che ci auguriamo Nour Polloni (producer del gioco) e il suo team possano portare a termine nel breve periodo che separa Alone in The Dark nella sua uscita in commercio. Unire l'approccio fisico “a tutti i costi”al gameplay é al contempo innovativo e rischioso sebbene, é doveroso dirlo in partenza, i limiti di una trasposizione fisica coerente e veritiera con il mondo reale si vedono ad occhio nudo.
Ad ogni modo é però apprezzabilissimo il contesto generale in cui il nostro Edward Carnaby si muove e opera, fin dalle sue primissime battute. Risvegliati all'interno di un classico grattacielo newyorkese, senza avere memoria del nostro passato, né di quanto accade a noi, muoveremo i primi, incerti, passi in un mondo che inizia fisicamente a “disfarsi” sotto i nostri occhi. Da lì in poi sarà tutto un salvarsi la pelle, cercare di capire chi realmente siamo e al contempo salvare il mondo dall'arrivo dell'anticristo in persona.
Per rendere credibile tutto questo, Eden Games ha messo sul piatto della bilancia un sistema di gioco che solo a prima vista potrebbe essere confuso con altri esempi di survival horror presenti sul mercato,ma bastano pochi minuti però per capirne il differente approccio, soprattutto in virtù della volontà di Atari di slegare Alone in the Dark dai classici stilemi del genere.
In primis le armi, che in Alone in The Dark sono praticamente inutili nei confronti dei nemici. La pistola, unica compagna di viaggio di Edward, sarà utilizzata per lo più per la soluzione di semplici puzzle ambientali (spara alla serratura e via discorrendo), oppure per tramortire temporaneamente gli avversari per poi eliminarli con relativa calma con l'unico elemento capace di sconfiggerli in via definitiva: il fuoco. L'arma diventa quindi un elemento grazie a cui poter finalizzare una combinazione di più oggetti d'offesa. Se da sola può non essere efficace, ecco che tramite un menù di richiamo (selezionabile con il d-pad) potremo selezionare, miscelare e creare a piacimento nuovi strumenti da utilizzare al momento più adatto.
L'elemento naturale é il perno centrale attorno a cui ruota buona parte del gameplay di Alone in the Dark. Non solo per uccidere i nostri antagonisti, come già detto, ma anche per superare ostacoli di varia natura. Essendo un elemento così importante, il fuoco é stato oggetto di un'attenta programmazione, che ha portato gli sviluppatori a convogliare ingenti risorse nel tentativo di ricreare in digitali le caratteristiche fisiche della propagazione una volta appiccato, per esempio, su materiali differenti. Non solo. Il fuoco ha anche la caratteristica di mutare le condizioni fisiche del materiale che ha “attaccato”. Così una trave in legno particolarmente ostica da abbattere o da spostare sarà decisamente più malleabile e propensa ad essere fatta a pezzi.
Un elemento vero e proprio del gameplay, dunque, che costringerà il giocatore ad una ricerca continua di elementi che lo possano in qualche modo ricreare. Oltre a quello che si ritroverà naturalmente in giro (non dimentichiamoci che ci troveremo ad operare in una New York messa a fuoco e fiamme da entità demoniache), verranno dati al giocatori gli “attrezzi” giusti per far sì che in qualsiasi momento si possa creare un lanciafiamme di fortuna o dare libero sfogo al piromane che é in noi. L'immancabile accendino farà parte del nostro armamentario fin dalle prime battute, ma saranno poi altri elementi di corredo come bombolette spray o bottiglie di alcool che ci aiuteranno a creare bombe incendiarie utili per eliminare avversari o ricreare le condizioni necessarie per superare ostacoli di varia natura.
Va da sé che lasciare al giocatore una (quasi) totale libertà d'interpretazione fa si che il gioco stesso rifletta molto dell'atteggiamento con cui lo stesso affronta le situazioni su schermo. Approcciare Alone in the Dark con distaccato disinteresse e con l'approccio più classico dei survival horror, non solo non permetterà di godersi l'avventura in sé, ma restituirà al giocatore un'esperienza di gioco piatta e “povera”. Quello pensato da Polloni & co. é un criterio differente di gameplay che vede l'utilizzo dell'ingegno legato al materiale posseduto e alla creatività del giocatore.
Tecnicamente Alone in the Dark, a questo stadio di sviluppo, lascia intravedere ancora qualche margine di miglioramento. Pollice alto, per esempio, per la modellazione poligonale dei protagonisti, meno convincenti, invece, alcune texture che tendono a dare ai personaggi un aspetto quasi “plasticoso” a causa di un bump mapping applicato spesso senza criterio . Buona nel complesso la realizzazione grafica proprio del fuoco, che attacca verosimilmente i materiali infiammabili destrutturandoli e variandone gli aspetti fisici e grafici.
Velo di mistero, invece, sulla trama che così come raccontato nel nostro precedente speciale, sarà strutturata alla stessa stregua degli attuali serial televisivi. Alone in The dark sarà quindi suddiviso in 8 episodi, ognuno dei quali sarà a sua volta suddivisa in un certo numero di scene. Il giocatore potrà liberamente scegliere quali episodi (o quali scene) giocare e quali invece saltare a pié pari. Il rischio, ovviamente é quello di perdersi elementi fondamentali della trama anche se, a parziale consolazione, ogni episodio si aprirà con un riassunto delle puntate precedente in puro stile “Lost”.
Un modo originale per eliminare ogni possibile fonte di frustrazione da parte dell'utente meno volenteroso ma che ha il rischio comunque di facilitare troppo la vita ai giocatori più pigri che tenderanno a skippare interi capitoli pur di non di incorrere nell'ennesimo Game Over. Un rischio calcolato, comunque, che Eden Games intende affrontare con la consapevolezza di aver comunque creato un titolo che fa dell'atmosfera e della palpabile tensione la sua arma vincente. Difficile quindi, secondo Polloni & Co, rinunciare ad una sola scena di Alone in The Dark per avere la falsa soddisfazione di aver portato a termine l'avventura in corso.
Quello che ci troviamo di fronte é sicuramente un prodotto dalle enormi potenzialità a cui deve comunque essere associato un lavoro di “tuning” tecnico che ci auguriamo Nour Polloni (producer del gioco) e il suo team possano portare a termine nel breve periodo che separa Alone in The Dark nella sua uscita in commercio. Unire l'approccio fisico “a tutti i costi”al gameplay é al contempo innovativo e rischioso sebbene, é doveroso dirlo in partenza, i limiti di una trasposizione fisica coerente e veritiera con il mondo reale si vedono ad occhio nudo.
Ad ogni modo é però apprezzabilissimo il contesto generale in cui il nostro Edward Carnaby si muove e opera, fin dalle sue primissime battute. Risvegliati all'interno di un classico grattacielo newyorkese, senza avere memoria del nostro passato, né di quanto accade a noi, muoveremo i primi, incerti, passi in un mondo che inizia fisicamente a “disfarsi” sotto i nostri occhi. Da lì in poi sarà tutto un salvarsi la pelle, cercare di capire chi realmente siamo e al contempo salvare il mondo dall'arrivo dell'anticristo in persona.
Per rendere credibile tutto questo, Eden Games ha messo sul piatto della bilancia un sistema di gioco che solo a prima vista potrebbe essere confuso con altri esempi di survival horror presenti sul mercato,ma bastano pochi minuti però per capirne il differente approccio, soprattutto in virtù della volontà di Atari di slegare Alone in the Dark dai classici stilemi del genere.
In primis le armi, che in Alone in The Dark sono praticamente inutili nei confronti dei nemici. La pistola, unica compagna di viaggio di Edward, sarà utilizzata per lo più per la soluzione di semplici puzzle ambientali (spara alla serratura e via discorrendo), oppure per tramortire temporaneamente gli avversari per poi eliminarli con relativa calma con l'unico elemento capace di sconfiggerli in via definitiva: il fuoco. L'arma diventa quindi un elemento grazie a cui poter finalizzare una combinazione di più oggetti d'offesa. Se da sola può non essere efficace, ecco che tramite un menù di richiamo (selezionabile con il d-pad) potremo selezionare, miscelare e creare a piacimento nuovi strumenti da utilizzare al momento più adatto.
L'elemento naturale é il perno centrale attorno a cui ruota buona parte del gameplay di Alone in the Dark. Non solo per uccidere i nostri antagonisti, come già detto, ma anche per superare ostacoli di varia natura. Essendo un elemento così importante, il fuoco é stato oggetto di un'attenta programmazione, che ha portato gli sviluppatori a convogliare ingenti risorse nel tentativo di ricreare in digitali le caratteristiche fisiche della propagazione una volta appiccato, per esempio, su materiali differenti. Non solo. Il fuoco ha anche la caratteristica di mutare le condizioni fisiche del materiale che ha “attaccato”. Così una trave in legno particolarmente ostica da abbattere o da spostare sarà decisamente più malleabile e propensa ad essere fatta a pezzi.
Un elemento vero e proprio del gameplay, dunque, che costringerà il giocatore ad una ricerca continua di elementi che lo possano in qualche modo ricreare. Oltre a quello che si ritroverà naturalmente in giro (non dimentichiamoci che ci troveremo ad operare in una New York messa a fuoco e fiamme da entità demoniache), verranno dati al giocatori gli “attrezzi” giusti per far sì che in qualsiasi momento si possa creare un lanciafiamme di fortuna o dare libero sfogo al piromane che é in noi. L'immancabile accendino farà parte del nostro armamentario fin dalle prime battute, ma saranno poi altri elementi di corredo come bombolette spray o bottiglie di alcool che ci aiuteranno a creare bombe incendiarie utili per eliminare avversari o ricreare le condizioni necessarie per superare ostacoli di varia natura.
Va da sé che lasciare al giocatore una (quasi) totale libertà d'interpretazione fa si che il gioco stesso rifletta molto dell'atteggiamento con cui lo stesso affronta le situazioni su schermo. Approcciare Alone in the Dark con distaccato disinteresse e con l'approccio più classico dei survival horror, non solo non permetterà di godersi l'avventura in sé, ma restituirà al giocatore un'esperienza di gioco piatta e “povera”. Quello pensato da Polloni & co. é un criterio differente di gameplay che vede l'utilizzo dell'ingegno legato al materiale posseduto e alla creatività del giocatore.
Tecnicamente Alone in the Dark, a questo stadio di sviluppo, lascia intravedere ancora qualche margine di miglioramento. Pollice alto, per esempio, per la modellazione poligonale dei protagonisti, meno convincenti, invece, alcune texture che tendono a dare ai personaggi un aspetto quasi “plasticoso” a causa di un bump mapping applicato spesso senza criterio . Buona nel complesso la realizzazione grafica proprio del fuoco, che attacca verosimilmente i materiali infiammabili destrutturandoli e variandone gli aspetti fisici e grafici.
Velo di mistero, invece, sulla trama che così come raccontato nel nostro precedente speciale, sarà strutturata alla stessa stregua degli attuali serial televisivi. Alone in The dark sarà quindi suddiviso in 8 episodi, ognuno dei quali sarà a sua volta suddivisa in un certo numero di scene. Il giocatore potrà liberamente scegliere quali episodi (o quali scene) giocare e quali invece saltare a pié pari. Il rischio, ovviamente é quello di perdersi elementi fondamentali della trama anche se, a parziale consolazione, ogni episodio si aprirà con un riassunto delle puntate precedente in puro stile “Lost”.
Un modo originale per eliminare ogni possibile fonte di frustrazione da parte dell'utente meno volenteroso ma che ha il rischio comunque di facilitare troppo la vita ai giocatori più pigri che tenderanno a skippare interi capitoli pur di non di incorrere nell'ennesimo Game Over. Un rischio calcolato, comunque, che Eden Games intende affrontare con la consapevolezza di aver comunque creato un titolo che fa dell'atmosfera e della palpabile tensione la sua arma vincente. Difficile quindi, secondo Polloni & Co, rinunciare ad una sola scena di Alone in The Dark per avere la falsa soddisfazione di aver portato a termine l'avventura in corso.