Astroneer

Nell'Agosto 2016 usciva “No Man Sky”, esclusiva Playstation 4 ad ambientazione fantascientifica, dalle grandi, grandissime premesse (e promesse), ma pad alla mano piuttosto deludente. Complice un diffuso senso di noia, dovuto principalmente all’ingiustificata assenza di qualsiasi personalizzazione dell’ambiente e/o costruzione di una “base”, i giocatori hanno ben presto abbandonato il titolo e solo i più pazienti, dopo innumerevoli patch e add-on, hanno potuto godere  di un’esperienza quantomeno accettabile seppur ancora non “brillante”.

Manco a farlo apposta, nel dicembre 2016, il piccolo studio System Era Softworks ha esordito con Astroneer, esclusiva Microsoft lanciata in early-access, per PC ed Xbox One.  A prima vista il titolo sembra, una specie di copia-incolla fumettoso dell’acclamata esclusiva Sony, ma bastano pochi minuti di gioco per capire come le differenze tra le due esperienze siano sostanziali.  

Astroneer si va a inserire in quell’immenso filone di giochi “alla Minecraft” in cui, partendo senza risorse in un luogo sconosciuto, bisogna sopravvivere esplorando e sfruttando le possibilità offerte dall’ambiente circostante. Parlando di ambienti, in Astroneer, si parla di pianeti, che non sono infiniti ma comunque tutti diversi tra loro e ben caratterizzati a livello estetico. Inizialmente ci troveremo sperduti in compagnia del nostro modulo di atterraggio che, oltre ad essere il punto di partenza per l’espansione della nostra base, ci fornirà le risorse fondamentali per iniziare a esplorare come l’aria e l’energia. La prima serve ovviamente per la nostra sopravvivenza mentre la seconda è utilizzata per alimentare tutta una serie di cose, tra cui una particolare pistola “terraformante”, essenziale, sia per raccogliere le risorse disseminate nel territorio, che per scavare o deformare a nostro piacimento l’ambiente.

Per rendere l’idea del concetto di esplorazione in Astroneer, basti pensare come l’autonomia della nostra tuta, in termini di aria ed energia, sia davvero limitata (ma anche espandibile in seguito), e per questo il nostro girovagare sarà accompagnato da una costante e attenta disposizione strategica dei “tether”, piccoli paletti il cui compito consiste nel rifornirci di queste risorse, sostenendo un cavo collegato al nostro modulo iniziale. Un’esplorazione poco attenta o precipitosa porterà alla morte per asfissia. Morte che, in base alla difficoltà impostata, può causare diversi malus tra cui il più classico: la perdita dell’inventario (che sarà comunque recuperabile tornando al vostro cadavere). Il gioco procede liscio in questo modo fino a quando, tra la raccolta di risorse più o meno rare, ed il ritrovamento di manufatti, piante aliene o strane strutture, si sbloccherà progressivamente la possibilità di espandere la propria base e di costruire davvero una miriade di oggetti, moduli o veicoli, utili a rendere la vita del nostro esploratore spaziale più facile, e le sue attività più efficienti.

Per fare solo alcuni esempi, scopriremo presto moduli in grado di ricercare nuove tecnologie, costruire varie tipologie di mezzi, o di processare risorse per ottenere materiali raffinati cosi come nuovi metodi per ottenere energia. Perché tra l’altro, proprio intorno alla costruzione di un efficace e ottimizzato sistema di creazione/distribuzione dell’energia, ruota buona parte del gameplay di Astroneer. Ogni cosa, dalla nostra tuta ai veicoli spaziali, richiede energia per funzionare. Energia che potrà essere creata con pannelli fotovoltaici, pale eoliche o inceneritori di materia organica (anche portatili da attaccare al nostro zaino) e che potrà essere immagazzinata in enormi batterie per far funzionare tutto anche di notte o in assenza di vento. 

A partire quindi dal nostro modulo, ci troveremo a dover gestire una vera e propria colonia e a dover creare distaccamenti, magari dall’altro lato del pianeta, collegati da una rete di trasporto fatta da camion a più rimorchi. Insomma l’idea funziona alla grande ed il senso di appagamento che si prova a vedere la propria colonia crescere, invoglia a proseguire il gioco. Dopo un certo quantitativo di ore passate a giocare, ci si potrà chiedere dove si trova il fine ultimo del titolo, ebbene la risposta è una sola: avere  i mezzi (astronavi) e le risorse (carburante) per poter decollare ed atterrare in nuovi pianeti in cui ricominciare il processo di colonizzazione e scoprire dunque nuovi oggetti o risorse.

Passando al comparto grafico del titolo, non si può certo paragonare al colpo d’occhio offerto in No Man Sky, ma il peculiare stile grafico, molto colorato e poco pretenzioso, regala scorci davvero magici e “alieni”. Questo, unito alla possibilità di poter creare, tramite la nostra pistola terraformante, strutture peculiari (come un enorme ponte roccioso che collega montagne), regala un’esperienza visiva in tono con il resto del gioco, ma non aspettatevi la maestosità grafica di una produzione a tripla A.

Astroneer offre una modalità cooperativa davvero ben fatta e divertente, che consiglio caldamente piuttosto che approcciarsi al gioco da in singolo. Esplorare e costruire insieme, come insegnano colossi tipo Minecraft o Terraria, aggiunge quel divertimento per cui difficilmente vi stancherete presto girovagare per i pianeti di questo piccolo sistema solare.

Dove, invece, il gioco inciampa cadendo in un baratro, è nell’ottimizzazione complessiva, che va ad influire in modo critico sugli FPS. Se inizialmente, quando il pianeta è ancora vergine, tutto fila liscio, all’aumentare degli elementi sulla superficie e/o opere di modifica del terreno, la fluidità inizierà progressivamente a diminuire fino a toccare picchi intollerabili (utilizzando per esempio più di un veicolo o creando basi troppo grandi). Questo difetto (non da poco) si aggrava ulteriormente giocando online con uno o più amici. La modalità cooperativa, tenderà a far crollare la fluidità di gioco molto prima, in particolare per l’host, che dovendosi “prendere carico” di tutta l’elaborazione del motore di gioco, si troverà, contrariamente ai suoi compagni, a soffrire precocemente dei rallentamenti. Sebbene, la situazione tecnica non sembri per nulla rosea su PC, le cose diventano drammatiche spostandosi su Xbox One, dove il gioco non è fluidissimo fin dall’inizio (ma pienamente giocabile) e tende a diventare “scattoso” quasi subito, soprattutto quando giocato in 2-3 giocatori. Ciò nonostante gli sviluppatori sono ben consci di questa problematica e ogni mese, insieme a nuovi contenuti gratuiti, aggiornano il gioco ottimizzandolo e migliorando quindi, un passo alla volta, la godibilità complessiva.

Altro difetto, se vogliamo, consiste nella completa mancanza di qualsiasi forma di vita con cui interagire o combattere. Sebbene buona parte della community non reputi questa caratteristica come una mancanza, è attualmente in atto un’accesa discussione tra sviluppatori e giocatori, per decidere se e come implementare quest’aggiunta.