Cold War
di
Federico Bavastro
DALLA RUSSIA CON SILENZIO
Quando l'imprevedibile diventa così prevedibile da farsi reale. Ovvero: la storia di uno sconosciuto giornalista in attesa di posto fisso (leggi: freelance) si ritrova catapultato a Mosca nell'epicentro di un tentativo occulto di prendere il controllo dell'orso comunista. Attraverso il dipanarsi delle vicende si svilupperanno quindi complotti interni, mosse sullo scacchiere internazionale, intrighi tra i corpi dello Stato sovietico e quant'altro riempie le pagine dei gialli di Tom Clancy. Matt Carter non è Sam Fisher, ma si ritrova in una situazione peggiore. Rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, torturato e privato di ogni avere, nessun'altra aspettative che morire gli resta a parte quella ancora impossibile di evadere. Dovrà raccogliere le energie per rimettersi in movimento e dotarsi di un arsenale inizialmente casalingo ma che nel corso del gioco si perfezionerà sempre più tramite aggiunte, combinazioni e gentili concessioni da parte di militari sovietici trapassati a far compagnia a Lenin.
SPLINTER CELL IN POP CORN
La struttura essenziale è quella tipica di ogni gioco stealth ma questa volta l'accento cade forte sull'abilità, tutta personale, di sfruttare le contingenze, le occasioni, le opportunità logistiche e tecniche. E' un gioco che offre un approccio alla tecnologia di marca più pratica che non sofisticata come i titoli più recenti. Qui gli strumenti contano tutti, non solo quelli letali. Poca elettronica, niente informatica, soltanto solida tecnica militare. Inoltre è presente un sistema di crediti accumulando i quali è possibile effettuare un upgrade del proprio armamento. Il ritmo di gioco consente un interessante economia politica del tempo, permettendo esplorazioni dettagliate, accelerazioni così come momenti di riflessione senza che tutto ciò comporti siglare il contratto della propria condanna a morte. Cold War quindi è un gioco meno pressante, con un'attenzione rilassata su frequenze cardiache più basse, guadagnando in longevità sul breve periodo ma esponendosi al rischio di perderla sul lungo periodo. E' una rilettura del genere stealth che lo riporta alle sue radici spionistiche, trascinando con sé anche lo stile di gioco, con più di un ammiccamento lanciato all'action game in terza persona. Non è un caso che nella prima pagina dei "Developer's diaries" Cold War si veda appiccicata l'etichetta di "gioco di azione (NdR) tattica orientato allo stealth".
PALMARE? NO, CASSETTA DEGLI ATTREZZI!
Tastiera e mouse sono ancora una volta la coppia di ferro per la giocabilità di Cold War. I movimenti della telecamera inoltre permettono inquadrature mozzafiato e une perfetta valutazione dell'ambiente circostante. L'interfaccia grafica dei comandi è semplice e non brilla per l'abbondanza: la scelta delle armi, la mappa trasparente sovrapponibile allo schermo di gioco, il contatore delle munizioni insieme a quello della visibilità. A grandi linee la struttura di gioco non è incatenata su una rigida sequenza di azioni, tale per cui ogni modifica è un passo falso. Invece di una soluzione unica, Cold War offre al giocatore una molteplicità di alternative con cui portare a termine gli obiettivi. Il gioco infatti è organizzato su una serie di missioni e ciascuna missione richiede il conseguimento di obiettivi la cui lista si aggiorna mano a mano che Matt avanza nel livello. Anche qui, la giocabilità più soft e diluita, che stimola il ragionamento e la libertà di movimento, è senza dubbio una mossa controcorrente, ma che potrebbe rivelarsi vincente individuando per Cold War uno spazio ancora vuoto di offerte sul mercato dei titoli stealth.
L'OCCHIO DELL'INTRIGO
Sorprendente! L'impatto grafico è di prima qualità: scenari dettagliati, abbondanti di particolari, animati con effetti climatici e illuminazione dinamica. Inoltre, le ambientazioni offrono le classiche icone dell'era sovietica: il mausoleo di Lenin, Chernobyl, gli uffici del Cremino e il carcere della Lubianka, con l'azione che si svolge sia dentro che fuori. Catturare lo spirito dei luoghi più intrisi del simbolismo sovietico è l'obiettivo dei disegnatori di Mindware Studios. Purtroppo la qualità si abbassa su livelli medi non appena l'occhio si posa sugli oggetti esterni, più squadrati e grezzi. I personaggi, a partire dal protagonista, presentano animazioni che trasmettono la stessa impressione di quella di un paziente al quale è stato tolto un pesante gesso cinque minuti prima. Comunque sia: Matt ha una realizzazione fisica completa, con animazioni pressoché perfette, abbigliamento e accessori variegati anche se graficamente simili a tatuaggi piuttosto che a oggetti distinti. Sfogliando gli appunti degli sviluppatori ("Developer's diary n.5") emerge anche una particolare sensibilità per gli effetti grafici sui differenti modelli di monitor, dotando Cold War di un test per calibrare la luminosità secondo il proprio schermo.
PROFUMO ANNI 80
Realismo storico. Cold War vuole questo: riprodurre l'atmosfera della cortina di ferro immergendo il giocatore in un universo popolato di intrighi e mistero che avvolge Matt Carter come l'oscurità dipinge gli scenari sovietici. All'interno di questa cornice, si collocano le vicende narrative che seguono le azioni di Matt, che incontrerà personaggi e storie da incasellare gradualmente nella trama per comprenderne il disegno generale. Cold War non è un titolo "retrò" né un prodotto ritagliato sullo stile cinematografico. Cerca di arrivare al nucleo dello stealth, evitando le sirene dell'attualità (reale o futura è comunque inflazionata) e dell'iper-tecnologia per seguire la via maestra dell'azione diretta, con poca elettronica ma tanta inventiva e abilità.
Quando l'imprevedibile diventa così prevedibile da farsi reale. Ovvero: la storia di uno sconosciuto giornalista in attesa di posto fisso (leggi: freelance) si ritrova catapultato a Mosca nell'epicentro di un tentativo occulto di prendere il controllo dell'orso comunista. Attraverso il dipanarsi delle vicende si svilupperanno quindi complotti interni, mosse sullo scacchiere internazionale, intrighi tra i corpi dello Stato sovietico e quant'altro riempie le pagine dei gialli di Tom Clancy. Matt Carter non è Sam Fisher, ma si ritrova in una situazione peggiore. Rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, torturato e privato di ogni avere, nessun'altra aspettative che morire gli resta a parte quella ancora impossibile di evadere. Dovrà raccogliere le energie per rimettersi in movimento e dotarsi di un arsenale inizialmente casalingo ma che nel corso del gioco si perfezionerà sempre più tramite aggiunte, combinazioni e gentili concessioni da parte di militari sovietici trapassati a far compagnia a Lenin.
SPLINTER CELL IN POP CORN
La struttura essenziale è quella tipica di ogni gioco stealth ma questa volta l'accento cade forte sull'abilità, tutta personale, di sfruttare le contingenze, le occasioni, le opportunità logistiche e tecniche. E' un gioco che offre un approccio alla tecnologia di marca più pratica che non sofisticata come i titoli più recenti. Qui gli strumenti contano tutti, non solo quelli letali. Poca elettronica, niente informatica, soltanto solida tecnica militare. Inoltre è presente un sistema di crediti accumulando i quali è possibile effettuare un upgrade del proprio armamento. Il ritmo di gioco consente un interessante economia politica del tempo, permettendo esplorazioni dettagliate, accelerazioni così come momenti di riflessione senza che tutto ciò comporti siglare il contratto della propria condanna a morte. Cold War quindi è un gioco meno pressante, con un'attenzione rilassata su frequenze cardiache più basse, guadagnando in longevità sul breve periodo ma esponendosi al rischio di perderla sul lungo periodo. E' una rilettura del genere stealth che lo riporta alle sue radici spionistiche, trascinando con sé anche lo stile di gioco, con più di un ammiccamento lanciato all'action game in terza persona. Non è un caso che nella prima pagina dei "Developer's diaries" Cold War si veda appiccicata l'etichetta di "gioco di azione (NdR) tattica orientato allo stealth".
PALMARE? NO, CASSETTA DEGLI ATTREZZI!
Tastiera e mouse sono ancora una volta la coppia di ferro per la giocabilità di Cold War. I movimenti della telecamera inoltre permettono inquadrature mozzafiato e une perfetta valutazione dell'ambiente circostante. L'interfaccia grafica dei comandi è semplice e non brilla per l'abbondanza: la scelta delle armi, la mappa trasparente sovrapponibile allo schermo di gioco, il contatore delle munizioni insieme a quello della visibilità. A grandi linee la struttura di gioco non è incatenata su una rigida sequenza di azioni, tale per cui ogni modifica è un passo falso. Invece di una soluzione unica, Cold War offre al giocatore una molteplicità di alternative con cui portare a termine gli obiettivi. Il gioco infatti è organizzato su una serie di missioni e ciascuna missione richiede il conseguimento di obiettivi la cui lista si aggiorna mano a mano che Matt avanza nel livello. Anche qui, la giocabilità più soft e diluita, che stimola il ragionamento e la libertà di movimento, è senza dubbio una mossa controcorrente, ma che potrebbe rivelarsi vincente individuando per Cold War uno spazio ancora vuoto di offerte sul mercato dei titoli stealth.
L'OCCHIO DELL'INTRIGO
Sorprendente! L'impatto grafico è di prima qualità: scenari dettagliati, abbondanti di particolari, animati con effetti climatici e illuminazione dinamica. Inoltre, le ambientazioni offrono le classiche icone dell'era sovietica: il mausoleo di Lenin, Chernobyl, gli uffici del Cremino e il carcere della Lubianka, con l'azione che si svolge sia dentro che fuori. Catturare lo spirito dei luoghi più intrisi del simbolismo sovietico è l'obiettivo dei disegnatori di Mindware Studios. Purtroppo la qualità si abbassa su livelli medi non appena l'occhio si posa sugli oggetti esterni, più squadrati e grezzi. I personaggi, a partire dal protagonista, presentano animazioni che trasmettono la stessa impressione di quella di un paziente al quale è stato tolto un pesante gesso cinque minuti prima. Comunque sia: Matt ha una realizzazione fisica completa, con animazioni pressoché perfette, abbigliamento e accessori variegati anche se graficamente simili a tatuaggi piuttosto che a oggetti distinti. Sfogliando gli appunti degli sviluppatori ("Developer's diary n.5") emerge anche una particolare sensibilità per gli effetti grafici sui differenti modelli di monitor, dotando Cold War di un test per calibrare la luminosità secondo il proprio schermo.
PROFUMO ANNI 80
Realismo storico. Cold War vuole questo: riprodurre l'atmosfera della cortina di ferro immergendo il giocatore in un universo popolato di intrighi e mistero che avvolge Matt Carter come l'oscurità dipinge gli scenari sovietici. All'interno di questa cornice, si collocano le vicende narrative che seguono le azioni di Matt, che incontrerà personaggi e storie da incasellare gradualmente nella trama per comprenderne il disegno generale. Cold War non è un titolo "retrò" né un prodotto ritagliato sullo stile cinematografico. Cerca di arrivare al nucleo dello stealth, evitando le sirene dell'attualità (reale o futura è comunque inflazionata) e dell'iper-tecnologia per seguire la via maestra dell'azione diretta, con poca elettronica ma tanta inventiva e abilità.
Cold War
Cold War
Lo stealth game all'ombra del Cremino sembra avere tutte le carte in regola per dire la sua nell'affollato universo del genere capeggiato da mostri sacri del calibro di Sam Fisher e Snake. Forse, nei confronti di queste due icone dello stealth videoludico, soffre un piccolo complesso d'inferiorità nel comparto tecnico che ha mostrato luci ed ombre (in tema con lo stile del gioco), in alcune sezioni. Non dimentichiamoci, però, che il Cold War arrivato trafugato dagli archivi Atari per giungere segretamente in redazione è afflitto dalla Sindrome da Preview e che quindi il titolo Dreamcatcher potrebbe giungere all'appuntamento del 2 Settembre, completamente vestito a festa. Per il resto, niente da eccepire: un titolo affascinante e assolutamente meritevole delle vostre attenzioni.