Crackdown

di Francesco Romagnoli
Voooolaaareeee, ooohoooo!
Tipico incipit potenziale di un articolo su un simulatore di volo. Ma Crackdown è un simulatore di volo? Assolutamente no. Non ci sono aerei, né elicotteri, né deltaplani e nemmeno, udite udite, paracaduti. Un Grand Theft Auto con i piedi per terra? Siamo di nuovo sulla strada sbagliata. Il protagonista, un superpoliziotto geneticamente modificato, sembra aver voglia di tutto fuorché farsi una tranquilla passeggiata a piedi come noi siamo abituati ad intendere vada effettuata una passeggiata. Quindi in questo gioco si vola, si vola eccome. In che modo? Ma saltando ovviamente!


Non stiamo spendendo così tante parole sulla componente saltereccia del protagonista a caso. Vogliamo semplicemente porre l'accento su quella che forse è la peculiarità di questo prodotto, quella caratteristica che rimane subito impressa nella mente e che assocerete al nome di Crackdown: il salto. Vi starete chiedendo cosa mai potrà avere di particolare il salto in questo gioco?
Forse per rendere l'idea sarebbe meglio specificare sin da subito di che tipi di salti si tratta. Stiamo parlando di salti con i quali si è in grado di scalare interi edifici o, se rapportiamo la cosa in termini di lunghezza, avanzare di centinaia di metri con un sol balzo.
Come dicevamo il nostro protagonista è geneticamente modificato, quindi possiede delle abilità che gli permettono di compiere cose sovraumane. Il salto è sicuramente la componente che balza subito all'occhio dato l'esagerarsi dell'azione e poichè introduce anche delle sfumature "platform" ad un genere che sino ad ora era stato piuttosto "piatto" in quanto a spostamenti, una formula alterata solo tramite mezzi capaci di volare.
Naturalmente prima che questo zompare si faccia così supereroico passerà un po' di tempo.

Infatti, grazie ad un sistema mutuato dai gdr, il protagonista aumenterà le proprie abilità man mano che farà progressi nel gioco, sia raccogliendo bonus specifici, sia uccidendo nemici, sia utilizzando le abilità stesse. Più utilizzeremo le armi da fuoco, più il nostro personaggio sarà in grado di sfruttarle efficacemente, mirando in meno tempo oppure infliggendo più danni. Più granate utilizzeremo per sfoltire i nemici e più in fretta questa nostra abilità diverrà letale. Più a lungo guideremo e più bravi diverremo al volante.
Ma non c'è solo progresso: se ad esempio al volante della nostra auto investiremo degli inermi innocenti, verremo penalizzati, così come se per sbaglio uccideremo uno di questi mentre siamo intenti a far fuori la marmaglia di nemici.

Abbiamo parlato di due delle componenti maggiormente caratterizzanti ma ancora non abbiamo tratteggiato la motivazione principale per cui muovere il nostro personaggio tra i meandri di Pacific City. Come accennato poco sopra il protagonista questa volta è un poliziotto. Prima di stranirvi, e cominciare a liberarvi di tutte le vostre convinzioni pregresse su questo genere di gioco, sappiate che si tratta di un poliziotto alquanto rude nei modi, per quanto ligio al proprio dovere. Inoltre un aspetto che si discosta ben poco dagli stilemi del genere è il classico contendersi il territorio da parte delle gang rivali. Più che gang, si tratta di vere e proprie organizzazioni criminali (i Los Muertos, i Volk e i Shai-Gen). Il nostro scopo sarà quello di sgominarle, eliminando tutti i loro componenti. Dovremo quindi esaminare un po' tutta la città alla ricerca dei locali dove si rintanano i personaggi più importanti di queste associazioni a delinquere.


Quando ci avvicineremo ad uno di questi il nostro amico collegato in linea ci darà un'indicazione sul luogo e sul boss che è a capo di quella roccaforte. Un po' come quanto visto ne Il Padrino dovremo letteralmente assaltare questi luoghi eliminando decine e decine di scagnozzi per poi localizzare e far fuori il nostro obiettivo principale. Partire cominciando dai boss "minori" è consigliabile dato che ciò permetterà di affrontare con meno rogne i capi più potenti. Infatti, se attaccheremo partendo dalle fondamenta, saremo in grado di indebolire l'organizzazione criminale: se uccidiamo il boss a capo di un'armeria, tutto il resto di quel clan si troverà a dovervi fronteggiare con armi più scadenti. Questa struttura piramidale ricorda un po' "Mercenaries" se vogliamo.

Queste sono le principali caratteristiche che differenziano Crackdown dal resto dei free-roaming games insieme allo stile della grafica prescelto, ovvero un cel-shadind non troppo invasivo ma ben integrato per dare un'aria originale ed avvenente al gioco senza che stigmatizzasse troppo fumettosamente la realtà.
All'inizio si è un po' spaesati dalla dinamica "perlustrativa" preponderante, abituati magari ai GTA in cui raggiungere il personaggio che ci avrebbe assegnato la nuova missione. Dopo qualche tempo passato a gironzolare in giro e ad aumentare le nostre potenzialità, ci si prende gusto e si passa a cercare di rintracciare quanti più potenziamenti possibili, soprattutto per l'abilità di salto e corsa, che ci permetteranno di raggiungere vette sino a poco prima insperabili.
Va detto che dopo una qualche sessione un po' più prolungata si comincia a notare qualche carenza, come la presenza delle sole auto (o camion o simili) come mezzi di trasporto, la quasi totale mancanza di ambienti esplorabili internamente, una trama piuttosto leggera ed estremamente abbozzata. Solo con l'analisi della versione finale del gioco sapremo verificare se queste componenti, unite ad una longevità che, in base a due calcoli approssimativi, non sembra smisurata, avranno un peso tale da pregiudicare un apprezzamento generale del gioco sul lungo periodo. Di certo rimarranno soddisfatti chi nei videogame di questo tipo cerca sempre di perlustrare liberamente ogni luogo, tentando di scovare i viewpoints più belli ed ammirevoli. Di sicuro l'effetto "vertigine" è assicurato, un po' com'era apprezzabile su Just cause, peccato solo che qui cadere da grattaceli altissimi il più delle volte non regali la stessa emozione per via della sua ridotta pericolosità, anche se fa comunque una bella impressione.