Darkwood
Uno dei luoghi più spaventosi, per antonomasia quanto meno, è la foresta. Utilizzata come set delle più paurose favole della buonanotte, la foresta è sempre riuscita a creare il territorio perfetto dove inscenare qualunque evento spaventoso.
Se poi, come capita spesso, lo si condisce con demoni e minacce di varie forme, ecco che il mix si ritrova pronto a detonare in una vagonata di “salsa” fumante.
Nel caso di Darkwood, titolo sviluppato dal team indipendente Acid Wizard Studio, si parla di un horror molto particolare e bizzarro, se non altro perché la formula della prima persona, sempre più spesso utilizzata in occasioni come questa, è stata sostituita dalla visuale isometrica.
In soldoni, niente jump scare alla vecchia maniera, ma piuttosto una serie di circostanze horrorifiche pronte a nausearvi grazie alle loro inquietanti, disabitate, strutture derelitte nel bosco.
Saremo in grado di sopravvivere?
Mi ritrovai in una selva oscura
Dove la diritta via è in effetti smarrita. Dal preambolo messo in scena dagli sviluppatori, utile a familiarizzare con la configurazione dei comandi, cominciamo subito a farci un’idea di chi, o cosa, popola la foresta tenebrosa di Darkwood. Un dottore sembra rinchiuso in uno chalet isolato nel bosco quando, mosso dalla paura di qualche entità non ben precisata, prova a fuggire, ritrovandosi presto davanti alla sagoma di un uomo ferito in terra, che stringe tra le mani una chiave pronta ad aprire chissà quale porta.
La scena cambia repentinamente, quando il presunto protagonista cambia volto, diventando a tutti gli effetti un villain paragonabile a Jigsaw. Il nostro alter ego è in realtà l’uomo ferito, l’uomo senza nome, il quale presumibilmente cercava di scappare via da chissà quale incubo.
Ci accorgeremo presto, purtroppo, che l’incubo ci ha invece inseguito, sopraggiungendo nella casa con la forza di un’invasione da parte di esseri demoniaci. Cosa sono queste creature? Come possiamo contrastare la loro presenza?
Tutte domande lecite, a cui il gioco non dà una risposta palese, lasciando invece a noi il compito di scoprirlo. Anche perché subito dopo questo attacco ci sveglieremo in terra, agonizzanti e raggomitolati su noi stessi, senza sapere se l’accaduto appartiene a un terribile incubo oppure potrà succedere di nuovo.
E Darkwood gioca proprio su questa emozione. Cerca di instillare nel giocatore la paura del ritorno di queste creature demoniache, al punto da farlo correre in giro senza una meta precisa, ma cercando solo il modo di uscirne vivi. Le ore diventeranno giorni, in un gioco-forza dove i protagonisti sono sempre in bilico tra la vita e la morte.
Questa selva selvaggia è aspra e forte
Interessante come nel gameplay siano stati inseriti diversi elementi presi da generi differenti. Partendo dalla visuale isometrica, tipico elemento dei giochi roguelike, si arriva a un’impronta ruolistica interessante e particolareggiata, dove il sistema di crafting viene sfruttato per costruire oggetti di diversa natura.
Che si tratti di una tavola chiodata, di una torcia oppure di un grimaldello, ogni utensile ha il suo valore nell’esplorazione o nell’autodifesa. Durante il giorno il protagonista insegue la propria ombra raccogliendo ogni cosa entri nel suo inventario, con la previsione di poterlo lavorare in un secondo momento al tavolo da lavoro dentro il rifugio. Se invece non volete aspettare, potete consultare l’inventario premendo il tasto (Tab), accedendo inoltre a un rudimentale sistema di ricette “on the road”, utilizzabili maggiormente per craftare al volo mezzi di prima necessità.
Al fine di evitare metodi ortodossi, come quello di lasciare delle molliche di pane per ritrovare la strada di casa, è possibile consultare una mappa alquanto rudimentale (M), che però verrà aggiornata inserendo degli scarabocchi indicativi sui luoghi scoperti, senza marcare però in tempo reale la vostra posizione nella selva oscura. Sotto questo profilo è stimolante notare come gli sviluppatori, a ogni nuova partita, abbiano impostato una creazione totalmente randomica del mondo di gioco, motivo che incentiva sicuramente l’esplorazione.
Oltre a moltissimi oggetti di varia natura, il protagonista può trovare dei funghi molto particolari, che sembrano quasi avere una vita propria. Se raccolti con cura, e poi cucinati in un particolare macchinario presente nel rifugio, vi permetteranno di far salire il livello del personaggio. Non mancano inoltre armi da fuoco a completare il corollario di strumenti di morte a nostra disposizione, anche se quest’ultimi saranno veramente centellinati sia per quanto riguarda il loro ritrovamento, sia per la mole di proiettili presente nell’ambientazione.
Anche se non è possibile salvare manualmente la partita non preoccupatevi. La morte del personaggio non è definitiva, a meno che non abbiate scelto la difficoltà Nightmare, pertanto potrete lasciar salvare il gioco autonomamente dopo aver consultato il bollitore e/o dopo aver fatto passare un’intera giornata nel bosco.
Non sarete comunque “soli” in questa avventura. Sembra infatti che un altro individuo, tale Wolf Man, sembra popolare il bosco, ma non siamo ancora riusciti a comprendere il suo ruolo nella storia.