Dragon Warrior VIII

di Antonio 'Treasure Hunter' Norfo
Affermare che Dragon Quest sia un fenomeno collettivo, capace di far ruotare attorno a sé milioni di persone, non è esagerazione ed a dimostralo sono le lunghe file di utenti nipponici che dalle prime ore mattutine attendono stoicamente, e ad ogni uscita, il momento dell'agognato acquisto. Era la metà degli anni ottanta quando nacque il J-Rpg per mezzo di un intraprendente Yuji Horii, il quale decise di dare una risposta a quelle avventure interattive d'oltreoceano ammirate a buon merito da tutti i fruitori dell'universo fantasy. Da allora l'onda del successo ha contraddistinto quel nome (nelle trasposizioni americane mutato in Dragon Warrior), portando con sé sette capitoli (ospitati a partire dal Famicom fino al Super Nes, dalla PsOne alle riproposte per Game Boy Color e Playstation 2), alcuni spin off (le serie "Torneko", "Monsters" ed il più recente Kenshin Dragon Quest) e per noi europei tanti rammarichi (se si considera il fatto che svariati dei titoli vantanti tale nomea siano rimasti ad appannaggio dei soli giapponesi).


"Sora to Umi to Daichi to Norowareshi Himegimi" (quanto sottotitola Dragon Quest VIII) rappresenta l'apice di un tale successo, ma comporta anche il desiderio di apportare dei cambiamenti ad una saga che è risultata essere negli anni tanto enormemente affascinante per l'utenza e proficua per le casse Enix, quanto saldamente ancorata a quelli che sono da riconoscersi canoni della suddetta tipologia ludica.
Siamo dell'opinione che i "topoi" di tale genere impregneranno il divenire narrativo dell'ottavo capitolo (con gioia e dolori per chi rispettivamente li ami o detesti), ma alcuni ingressi strutturali rendono il piatto decisamente più appetibile di quanto si sarebbe potuto prevedere in passato. Anzitutto il Cel Shading che sovrasta e caratterizza interamente l'intero microcosmo pare essere il primo splendore che si offre agli occhi, con una telecamera ruotabile a 360° ed un'assenza importante: quella della mappa del mondo concepita in maniera consuetudinaria. Le locazioni avranno infatti la loro continuità visiva l'una con l'altra, senza prospettive, ridimensionamenti o proporzioni mutate ogni volta che si entri od esca da un dungeon o da un borgo abitato.
L'immensità del globo cui calcheremo il terreno tende a quella di un MMORPG (si sommi il tutto alla non-linearità che contraddistingue la serie) e le lande ammirate sembrano offrire quella dose di fasto e meraviglia che ogni avventura dovrebbe possedere, con l'alternarsi del dì e della notte che sfuma ed ombreggia la di per sé vasta paletta cromatica, con particolari annessi e connessi che svariano fra animali brucanti, corsi d'acqua e prosperosa flora.


Autore del character e monster design è un nome celeberrimo nel campo dei manga, un nome che per taluni appassionati rappresenterà forse, da solo, un incentivo all'acquisto. Il tratto di Akira Toriyama (padrino visivo della saga fin dalle sue origini) torna con i suoi pro ed anche con i suoi contro (ad un forte seguito di consensi si contraddistingue spesso una complementare opposizione; questo ne è il caso, dettato dai gusti e dai giudizi dei singoli). Sul settore estetico, in definitiva, il titolo pare possedere tutti gli alti desiderabili e capaci di far toccare meritevoli traguardi che vadano oltre il quasi scontato best seller generazionale (per i pentagrammi di Kouichi Sugiyama, il commento è da rimandarsi logicamente all'attento ascolto).

Il sistema di combattimenti ed il cast di personaggi al momento intravisto offrono alcune new-entry alle basi storiche della meccanica di gioco, con una più vasta scelta nella selezione dell'armamentario, un'opzione che prevede il concentramento della forza (previa perdita di un turno) ed altri dettagli col tempo da approfondire maggiormente. Né mancheranno ritocchi alle statistiche, abilità particolareggiate per i singoli personaggi e dipendenti dalle armi, ma soprattutto i tanto amati segreti (sempre dispensati in numero più che soddisfacente). Il team di sviluppo scelto per l'impresa direttamente da Square-Enix (al secolo Level 5: già noto per Dark Cloud e Dark Chronicle) sembra aver trovato nel complesso il giusto equilibrio fra il legame col passato (si parla pur sempre d'un archetipo) ed il senso del nuovo (alle soglie del 2005 quantomeno necessario), portando ad una miscela finale indubbiamente interessante e che giova al brand in questione. Benché non si tratti di una palingenesi ludica, gli ingredienti per un J-Rpg tuttotondo e d'evento non mancano di certo e con un arma videoludica così potente, il senso del viaggio profuso, non possiamo che sperare in un'uscita europea. Nell'attesa, intanto, vi rimandiamo a futuri aggiornamenti.

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