Dreamfall: The Longest Journey

di Pietro Puddu
Uno dei temi più cari alla letteratura e alla cinematografia fantascientifica è la multidimensionalità del reale; dietro le apparenze del mondo, oltre la consapevolezza umana, si celerebbero una molteplicità variabile di piani dell'esistenza, connessi da sentieri invisibili e spesso interdipendenti nell'evoluzione e nelle sorti. Di solito, nell'invenzione del racconto, l'accesso ad un piano differente da quello di naturale appartenenza è veicolato da due possibili eventi: il prodigio tecnologico (un'invenzione rivoluzionaria o il frutto casuale di una sperimentazione) o la predestinazione di taluni individui dotati di straordinaria sensibilità.


E' proprio una combinazione delle suddette eventualità a costituire le basi della storia di Dreamfall, attesissima avventura grafica (nell'accezione moderna del termine) di Funcom e seguito dell'acclamato The Longest Journey. Nello sfondo di un'avveniristica Città del Capo, la vita apparentemente ordinaria della giovane Zoe Castillo viene sconvolta da visioni premonitrici giunte da mondi lontani e si interseca con le trame di una cospirazione tecno-informatica che mira a determinare le sorti dell'intero universo; gli sviluppi di una vicenda più che mai intricata saranno determinati dalle figure di almeno altri due protagonisti, appartenenti a realtà parallele ma accomunati da medesime finalità: Kian, guerriero imperscrutabile, e April Ryan, una vecchia conoscenza che pare non aver ancora portato a termine il suo viaggio più lungo...

Mossi i primi passi nella versione preliminare dell'avventura, ci si rende immediatamente conto del ruolo assolutamente centrale dello sviluppo narrativo, segnato da dialoghi complessi, verosimili e prolungati; Zoe, primo personaggio di cui il giocatore è chiamato a vestire i panni, mostra una personalità piuttosto profonda che emerge in maniera naturale nel suo rapportarsi quotidiano con il padre e gli amici fidati: l'interruzione degli studi universitari, la fine di una relazione sentimentale, la passione ormai trascurata per le arti marziali, il legame con l'infanzia simboleggiato dal simpatico pupazzo Wonkers, la sensazione di non trovare la propria strada nella vita, sono vicissitudini e sentimenti che rendono più che mai "umana" l'avvenente ragazza ventenne.
Se sul piano dei contenuti non ci si può che ritenere fin d'ora soddisfatti, meno convincente appare la forma nella quale sono presentati.


A causa della mancata implementazione di animazioni facciali, gli attori virtuali appaiono come burattini inespressivi, in contrasto con la sentita interpretazione del doppiaggio. Più in generale, la resa dinamica delle movenze e della gestualità dei modelli poligonali suscita parecchie perplessità, vista la rigidità innaturale della corsa, della discesa da gradini e dislivelli e delle varie interazioni; sarebbe auspicabile una limatura di simili imperfezioni, che non solo macchierebbero un quadro estetico gradevole e colorato, ma rischierebbero di ripercuotersi sul coinvolgimento emotivo dello "spettatore".

Qualche riserva pesa anche sul versante del gameplay.
L'interfaccia, per quanto semplice nel numero di funzioni, non sembra il massimo in quanto a intuitività e comodità d'utilizzo; gli enigmi, in generale logici e mai frustranti, non sorprendono per inventiva e consistono prevalentemente in un fin troppo tradizionale utilizzo dell'oggetto giusto nel luogo corrispondente; le sezioni di stampo stealth sono riproposte in maniera continuativa nonostante l'imbarazzante superficialità delle loro meccaniche; infine, i combattimenti lasciano interdetti per l'approssimazione e la traballante integrazione, tanto da poterli ritenere quasi inopportuni.
Da simili constatazioni, è chiaro come Dreamfall giochi tutte le sue carte nella volontà di narrare con maestria una storia involuta ed intrigante, presentandosi più nelle vesti di un'esperienza narrativa da osservare ed ascoltare con attenzione che in quelle di vero e proprio gioco d'enigmi e fasi d'azione.