Far Cry 2

di Pietro Puddu
La strada per l'eliminazione dello Sciacallo, l'ineffabile figura che manovra i fili della guerriglia intestina in una tormentata nazione centro-africana, ha inizio con una gita in macchina, in compagnia di un tassista improvvisatosi cicerone che passerà in rassegna le specialità del luogo - miseria, miliziani e incendi in ogni dove; da una parte si tratta di un espediente di regia standard, piuttosto comune di questi tempi nel genere in soggettiva, dall'altra riesce a porre subito in evidenza la prestanza del motore grafico, offrendo una panoramica su binari delle terre arse dal sole, tanto belle da intimidire, che aspettano solo d'essere esplorate e vissute. Una sorta di vetrina delle potenzialità, nella breve attesa di potersi calarsi interamente nella parte.



Far Cry 2 abbraccia quella filosofia che tende a vedere il gioco soprattutto come ambientazione, come un contesto da sperimentare dall'interno, allontanandosi dalla più stretta definizione di FPS delle origini. La volontà di catturare il giocatore nella rappresentazione di un mondo si esprime in prima istanza audiovisivamente; l'orizzonte a perdita d'occhio, le fronde mosse dal vento, la luce del tramonto filtrante tra i rami di acacie e baobab, i bufali cafri e le antilopi, il ciclo del giorno e della notte e delle condizioni atmosferiche costituiscono un insieme che riesce ad andare oltre le singole carenze di dettaglio o il livello d'interattività limitato.

Se il lontano cugino identificabile in Crysis mostra una componente sandbox in prevalenza associata alla pianificazione degli assalti, alla condotta di gioco entro uno sviluppo comunque lineare, Far Cry 2 ha invece acquisito un'impostazione free-roaming, una vasta mappa liberamente percorribile in cui procacciarsi e perseguire missioni (primarie od opzionali) secondo un ordine non prestabilito.
Quel che ne risulta appare assimilabile al canovaccio di un GTA traslato dalla metropoli alla savana, con la tipica attività di pellegrinaggio da un punto di interesse all'altro alternata a scontri a fuoco risolutori.

I viaggi sono di norma così prolungati da rendere indispensabile e continuo l'uso di veicoli, terrestri, acquatici o perfino aerei; il modello di guida su quattro ruote é essenziale, se non scarno, con curve perfettamente agevoli anche procedendo a tavoletta, spazi di frenata azzerati e fisica degli urti quasi inesistente (anche nel caso di frontali contro un albero o un'altra jeep lanciata a tutta velocità). E' una delle avvisaglie del senso di vuoto che potrebbe dominare le fasi di transizione, una sorta di bassa densità ludica che la bellezza dell'ecosistema rischia, da sola, di non colmare.



L'anima da shooter é risvegliata dall'abbattersi negli accampamenti di soldati ostili, la cui distruzione o razzia rientrerà sovente nei propri incarichi - nel caso l'incontro sia invece fortuito, si dovrà comunque combattere per guadagnarsi la sopravvivenza e di conseguenza il passaggio.
Seppur arricchite da un buona serie di tocchi di classe scenici, basti pensare alle crude animazioni con cui il protagonista pratica stoicamente su se stesso il pronto soccorso, e forti dell'ampio respiro offerto dalle locazioni aperte, le meccaniche frontali non permettono di spingersi oltre un semplice approccio arcade. I nemici compensano la modesta IA con una capacità di scorgere la minaccia da distanza considerevole ed una mira che lascia quasi pensare a proiettili in grado di trapassare le coperture solide.

Le circostanze adrenaliniche e la spavalderia da novelli Rambo si possono mettere da parte preferendo un avvicinamento guardigno sotto la copertura della vegetazione o un cecchinaggio dal favore di postazioni rialzate; se non si presta particolare attenzione, il tutto tende invariabilmente a degenerare nella bagarre e in una confusione che comprometterà le raffinatezze strategiche. L'equipaggiamento prevede quattro varianti d'armi, procurate nuove nei negozi di contrabbando o estorte al nemico in un certo stato d'usura (a rischio d'inceppamento); la professione del mercenario sarà messa un po' in crisi dall'impossibilità di figurarsi in anticipo i dettagli logistici dell'incarico, così ci potrà ritrovare muniti di fucile di precisione in situazioni da corpo a corpo o di fucile a pompa su un altopiano che domina il covo da sgominare - l'improvvisazione sarà l'unica risorsa.

L'arte d'appiccare il fuoco, una delle feature più attese, passa per il lancio di bottiglie molotov, l'impiego del lanciafiamme o il provocare un'esplosione; la propagazione delle fiamme é convincente (dipenderà ad esempio dallo stato di umidità del terreno) e può essere effettivamente sfruttata come momentaneo diversivo, stando attenti a non farsi del male da soli, ma le proporzioni del fenomeno sono forse inferiori a quanto ci si potesse figurare. Gli incendi tendono ad estinguersi entro un raggio contenuto - é un esigenza comunque comprensibile, dato che se incontrollati finirebbero con il mandare in fumo ettari ed ettari di flora.

Il sistema di salvataggio non prevede né il checkpoint sistemico (sarà concessa una seconda chance dopo la dipartita in battaglia solo nel caso si disponga della funzione d'aiuto di un personaggio amico) né il quick-save, obbligando a fare tappa presso i rifugi o le armerie distribuiti in giro per il territorio. Considerando gli imprevisti riservati ogni due per tre dall'azione, le distanze cospicue tra i porti salvi ed i caricamenti non certo fulminei, il giocatore inciamperà suo malgrado in qualche passaggio a vuoto e frustrazione di troppo.