Final Fantasy VII Rebirth, provata un’ora di gioco del sequel del remake

Sephiroth si mostra nella sua magnificenza, mentre il battle system si arricchisce di nuove funzioni

Final Fantasy VII Rebirth provata unora di gioco del sequel del remake
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È sempre tempo di Final Fantasy. Lo è perché non abbiamo ancora smesso di parlare del sedicesimo capitolo che già siamo pronti a rituffarci in quella che è stata un’esperienza divisiva, ma di indubbio valore, ossia l’operazione di Final Fantasy VII Remake. Le domande che dal punto di vista narrativo continuano a occupare i nostri sonni hanno creato delle nubi che aleggiano su Midgar e che, vi anticipiamo, non vi andremo a diradare adesso. Intanto, però, abbiamo avuto l’opportunità di giocare a quasi un’ora complessiva a Final Fantasy VII Rebirth, così da scoprire quali sono gli elementi dal punto di vista del gameplay che il team di Square Enix ha voluto proporci con questo secondo capitolo.

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Sephiroth si unisce al party

Le sessioni di gioco che abbiamo potuto provare sono state due. La prima ambientata, dal punto di vista cronologico, immediatamente dopo la fine di Final Fantasy VII Remake, ossia subito dopo l’arrivo a Kalm. Nella cittadina, Cloud avrà l’opportunità di vivere un flashback e raccontare a tutto il party del suo viaggio nella città natale in Nibelheim, in compagnia non solo di Tifa come guida, ma anche di Sephiroth. L’occasione è utile, per noi che proviamo l’esperienza, sia per renderci conto che dal punto di vista narrativo c’è stata l’intenzione di iniziare a seminare aspetti riguardanti le future rivelazioni, già note per chi ha giocato a Final Fantasy VII, meno per chi invece approccia per la prima volta l’avventura. Non solo, perché in questa prima fase abbiamo avuto l’opportunità di giocare nei panni di Sephiroth.

Si tratta di un’esperienza che già avevamo vissuto nell’originale Final Fantasy VII, ma non in maniera così approfondita, dato che stavolta potremo spulciare all’interno dell’inventario e dell’equipaggiamento per scoprire cosa si cela dietro il SOLDIER di prima classe. Rapido, veloce, fulmineo, rispetto a Cloud – che rimarrà il principale conduttore del party – ha la possibilità di gestire l’abilità Warp per schivare gli attacchi avversari e proiettarsi contro di essi, in un assetto tattico molto più offensivo. Così come era la struttura di Remake, l’intero battle system, diversamente da Final Fantasy XVI, si basa sull’ATB e sulla pausa tattica che si attiva non appena andrete a selezionare il menù delle azioni. Ogni abilità consumerà un determinato quantitativo di ATB, mentre ce ne saranno alcune, di base e personali, che non andranno a influire sui consumi. Ricaricare la barra sarà possibile infliggendo colpi agli avversari e attaccando, così da combattere l’eventuale passività.

Final Fantasy VII Rebirth, provata un’ora di gioco del sequel del remake

Le abilità sinergiche di Final Fantasy VII Rebirth

La grande novità dal punto di vista del battle system è rappresentata, sia in questa fase che in quella successiva, dalle abilità sinergiche. Si tratta di mosse decisamente più potenti delle abilità base e che si avvicinano molto alle Limit Break – ancora presenti e confermate, ovviamente – in grado di dare profondità a quella che è la presenza di determinati membri del party sul campo di battaglia. Nella seconda metà dell’hands on, dinanzi a un party molto più corposo e arrivati alle porte di Junon, proprio lo scegliere i 3 combattenti principali per le battaglie vi trasmetterà il senso di questa profondità.

Arriviamo, quindi, a parlare in maniera più approfondita proprio della seconda metà di gioco, che ci ha permesso di andare a esplorare e toccare con mano l’open world. All’interno di aree molto vaste e arricchite da numerosi oggetti da recuperare, lo spostamento con il Chocobo ci ha fatto capire quanto lavoro sia stato fatto per velocizzare tutte le procedure che in Final Fantasy XVI erano molto prolisse. Il nostro Chocobo può nuotare e superare zone altrimenti invalicabili a piedi, così da raggiungere anche isolotti con oggetti che saranno utili non solo per il crafting istantaneo, grazie all’Item Transmuter accessibile tramite il menù di gioco, ma anche per rintracciare la segnaletica utile per ottenere piume dorate. Queste faranno parte di una missione secondaria che ci permetterà di ottenere oggetti al ranch, ma forse anche di sbloccare nuove funzioni che potremo andare a scoprire soltanto col gioco completo.

Final Fantasy VII Rebirth, provata un’ora di gioco del sequel del remake

L’open world a nostra disposizione

L’esplorazione è arricchita anche dalla presenza di zone di combattimento all’interno delle quali ogni sfida verrà accompagnata da alcuni obiettivi da portare a termine: una IA di supporto vi aiuterà a capire quale richieste dovrete soddisfare per far sì di ottenere le ricompense maggiori e al termine di ogni combattimento potrete anche decidere di riavviare il tutto, per riprovarci e ottenere un risultato migliore. Una soluzione molto apprezzata, soprattutto perché ci ha permesso di rendere molto più dinamico il grinding e immaginiamo sarà in grado di darci più soddisfazione nelle ore più avanzate di gioco.

Arrivati, quindi, all’interno di Junon abbiamo avuto modo di confrontarci con una battaglia contro un mid-boss scatenato dagli esperimenti ShinRa, nel tentativo di salvare Yuffie, con la quale facciamo finalmente il primo incontro ufficiale. Qui le abilità sinergiche ci sono venute molto in soccorso, dal momento in cui siamo intervenuti con Barret e RED, in un assetto tattico molto offensivo, per contrastare il mostro di turno. Le combinazioni si sono rivelati mortifere, soprattutto per mandare in fase di crisi l’avversario e approfittare della finestra a disposizione per suonargliele di santa ragione. Va da sé che tutte le abilità e le materie erano impostate in un certo modo, senza avere una grande possibilità di modifica della build, quindi nell’ordine della customizzazione non possiamo ancora esprimerci al meglio.

Possiamo senz’altro affermare, però, che le nuove proposte per Final Fantasy VII Rebirth sono tutte apprezzabili e che la qualità sembra aver compiuto un passo in avanti rispetto a Remake. Permangono i dubbi figli dell’approccio narrativo, ma è palese che dinanzi a noi non resta che il senso di scoperta, per capire in che direzione Nomura, Kitase e Nojima stanno conducendo Cloud e soci. Appuntamento a tra 5 mesi.

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