Gears of War
di
Gabriele Cazzulini
Questa preview vorrebbe sbattere davanti allo schermo il cuore caldo di Gears of War, ma non basterebbe. Troppo sangue colerebbe fuori, perdendo la materia prima di questo gioco.
Tiri un sospiro di sollievo quando scopri, leggendo riga dopo riga con la papille gustative in erezione di piacere, che uno dei titoli più cercati su google non è solo l'ennesima, nauseante, macchina per racimolare grana pompata da una micidiale campagna pubblicitaria. No, questa volta i pubblicitari non sono i trasformatori di cattiva mediocrità in buona mediocrità. Adesso c'è molto di più sotto alla patinata carta da regalo; c'è un'idea che si esprime in linguaggio audiovideo e il messaggio è destinato ad imprimersi sugli occhi.
IN TEMPO DI GUERRA
I videogiochi preferiscono spostare in avanti le lancette dell'orologio. Il tempo è sempre declinato al futuro, possibilmente remoto. Non è fuga dalla realtà; è invece il bisogno di ricreare una realtà credibile e accogliente come un morbido divano. Nel futuro remoto c'è l'altro chiodo fisso dei videogiochi, la guerra, qui ingigantita su scala planetaria per non risparmiare nessun angolo e nessun uomo. Il futuro è remoto e la guerra preme per loscenario apocalittico col conto alla rovescia già partito. Ma il realismo non finisce espulso. La scintilla è la solita la scoperta di una nuova risorsa energetica che consentirebbe al suo possessore di elevarsi ad imperatore globale. Invece il trono è presto occupato dalla morte che stermina intere popolazioni. La guerra si combatte per far morire e per non morire. Ma è anche combattuta. Marcus Fenix sulla Terra sarebbe un pacifista o un disertore, a seconda dei punti di vista. Lui sceglie di lasciare le armi per salvare il padre; adesso è la guerra che sceglie lui. Nel gioco come nella realtà, alla sfiga non c'è fine e quella che sembrava catastrofe si rivela solo una scaramuccia. Sta infatti per piombare una rivoluzione, che spazza via ogni pedina sulla scacchiera per far largo ad un nuovo, inaspettato avversario. Dal sottosuolo emerge un'orda di locuste che in un giorno soltanto sbriciola ogni forma di civiltà umana. Dalla guerra di tutti contro tutti si passa alla guerra di tutti contro il nuovo nemico comune. Per Marcus diventa giusto imbracciare le armi. Inizia ora Gears of War. Applausi a scena aperta per la penna narrativa di Eric Nylund, lo stesso romanziere di Halo.
PLAY!
Non solo azione ma molta tattica per affrontare impegnativi scontri basati soprattutto su fronti improvvisati. Essenziale diventa l'uso strategico di ogni struttura di difesa, naturale o artificiale. Occhio all'ambiente! Se la tecnologia è la risorsa umana, le locuste sfogano una forza d'urto biologica, arroccata sulle loro dimensioni e la loro brutalità. GOW è imperniato su una guerra di posizione che privilegia la copertura rispetto allo scontro diretto in campo aperto. Quindi stealth, ma anche uso di veicoli e un'invitante campagna cooperativa che non è soltanto una protesi secondaria del gioco mainstream, ma costituisce una modalità autonoma con nuove armi, veicoli e sfide concepite appositamente per il gioco di coppia. L'azione è intensa ma GOW si scopre saggio Ganimede che fa centellinare ai giocatori il suo nettare divino. Le corse folli con le armi che spracchiano a destra e manca attirano frotte di sciacalli del joypad, ma fanno troppo old-gen. Qui le armi sono ancora più sofisticate e massacranti, ma il loro uso diviene molto più sofisticato, talvolta chirurgico perché in gioco c'è la sopravvivenza del giocatore. Improvvisi e impegnativi scontri faranno grondare di sudore la front e le mani di ogni giocatore, che poi sarà velocemente circondato dalle atmosfere cupe di un pianeta in rovina.
Non solo guerra però. Una strutturazione dei combattimenti a ritmo più lento ma dall'effetto più pericoloso innesca quelle emozioni che invadono l'inconscio del giocatore per sconquassarlo solo pochi, interminabili, istanti e poi scomparire lasciando una sottile scia di angoscia già pronta ad riavvolgersi. Horror, proprio quello sia per le ambientazioni dark che per il design mostruoso delle locuste e della loro raccapricciante biologia.
EYES WIDE SHUT
Se Cicerone fosse qui, forse sarebbe l'unico capace di trovare le immagini iperboliche con gli accenti megalomaniaci per riversare nei piccoli ghirigori d'inchiostro che sono le parole tutto l'effluvio di immagini di GOW. Il creatore è la terza generazione di Unreal Engine. Sfogliando Wikipedia, scopri che UE 3.0 è l'anima grafica di ogni titolo di Epic, un'anima così che trasmigra in altri corpi videoludici. Se GOW esibisce una grafica strabiliante è anche perché UE 3.0 in realtà non è un programma in senso stretto ma il codice sorgente di un gioco già strutturato sullo schema di un fps. Ogni titolo dotato di licenza potrà configurare UE 3.0 in base alle proprie esigenze (mediante UnrealScript, il linguaggio script per modificare il codice senza infognarsi nelle interiora del C++). Le atmosfere oscillano tra il cupo e il desolato, scorrendo tra scenari da fine del mondo in cui brillano fioche luci. E' l'oscurità la tonalità preferita, la tavolozza stilistica con i cui colori GOW pennella un mondo ridotto in macerie, maestose e barocche.
La visuale in terza persona scala le vette dell'apoteosi per raggiungere l'Everest della grandiosità permettendo di sdoppiarsi in una visuale più ravvicinata o in una panoramica.
FERMI LI'
Tutti travolti dalla valanga di pixel overcloccati? L'effetto next-gen potrebbe diventare un colossale abbaglio dopo che molti titoli xbox360 sono già finiti sugli scaffali della seconda mano. Devi sforzarti un poco, esattamente come sto facendo io, per trovare robusti attributi a questo GOW senza lasciarmi incantare dalla sua virile grafica. Ma non sarà una ricerca vana come quella del santo graal. L'offerta di GOW è succulenta: Live articolato (con sovrapposizione PC-Xbox360) e modalità cooperativa interamente autonoma. Se l'accoppiata horror-fps funzionerà, allora il giocatore disporrà di un'ottima tavoletta da snowboard con cui scivolare su un fresco manto nevoso. Stand-by.
Tiri un sospiro di sollievo quando scopri, leggendo riga dopo riga con la papille gustative in erezione di piacere, che uno dei titoli più cercati su google non è solo l'ennesima, nauseante, macchina per racimolare grana pompata da una micidiale campagna pubblicitaria. No, questa volta i pubblicitari non sono i trasformatori di cattiva mediocrità in buona mediocrità. Adesso c'è molto di più sotto alla patinata carta da regalo; c'è un'idea che si esprime in linguaggio audiovideo e il messaggio è destinato ad imprimersi sugli occhi.
IN TEMPO DI GUERRA
I videogiochi preferiscono spostare in avanti le lancette dell'orologio. Il tempo è sempre declinato al futuro, possibilmente remoto. Non è fuga dalla realtà; è invece il bisogno di ricreare una realtà credibile e accogliente come un morbido divano. Nel futuro remoto c'è l'altro chiodo fisso dei videogiochi, la guerra, qui ingigantita su scala planetaria per non risparmiare nessun angolo e nessun uomo. Il futuro è remoto e la guerra preme per loscenario apocalittico col conto alla rovescia già partito. Ma il realismo non finisce espulso. La scintilla è la solita la scoperta di una nuova risorsa energetica che consentirebbe al suo possessore di elevarsi ad imperatore globale. Invece il trono è presto occupato dalla morte che stermina intere popolazioni. La guerra si combatte per far morire e per non morire. Ma è anche combattuta. Marcus Fenix sulla Terra sarebbe un pacifista o un disertore, a seconda dei punti di vista. Lui sceglie di lasciare le armi per salvare il padre; adesso è la guerra che sceglie lui. Nel gioco come nella realtà, alla sfiga non c'è fine e quella che sembrava catastrofe si rivela solo una scaramuccia. Sta infatti per piombare una rivoluzione, che spazza via ogni pedina sulla scacchiera per far largo ad un nuovo, inaspettato avversario. Dal sottosuolo emerge un'orda di locuste che in un giorno soltanto sbriciola ogni forma di civiltà umana. Dalla guerra di tutti contro tutti si passa alla guerra di tutti contro il nuovo nemico comune. Per Marcus diventa giusto imbracciare le armi. Inizia ora Gears of War. Applausi a scena aperta per la penna narrativa di Eric Nylund, lo stesso romanziere di Halo.
PLAY!
Non solo azione ma molta tattica per affrontare impegnativi scontri basati soprattutto su fronti improvvisati. Essenziale diventa l'uso strategico di ogni struttura di difesa, naturale o artificiale. Occhio all'ambiente! Se la tecnologia è la risorsa umana, le locuste sfogano una forza d'urto biologica, arroccata sulle loro dimensioni e la loro brutalità. GOW è imperniato su una guerra di posizione che privilegia la copertura rispetto allo scontro diretto in campo aperto. Quindi stealth, ma anche uso di veicoli e un'invitante campagna cooperativa che non è soltanto una protesi secondaria del gioco mainstream, ma costituisce una modalità autonoma con nuove armi, veicoli e sfide concepite appositamente per il gioco di coppia. L'azione è intensa ma GOW si scopre saggio Ganimede che fa centellinare ai giocatori il suo nettare divino. Le corse folli con le armi che spracchiano a destra e manca attirano frotte di sciacalli del joypad, ma fanno troppo old-gen. Qui le armi sono ancora più sofisticate e massacranti, ma il loro uso diviene molto più sofisticato, talvolta chirurgico perché in gioco c'è la sopravvivenza del giocatore. Improvvisi e impegnativi scontri faranno grondare di sudore la front e le mani di ogni giocatore, che poi sarà velocemente circondato dalle atmosfere cupe di un pianeta in rovina.
Non solo guerra però. Una strutturazione dei combattimenti a ritmo più lento ma dall'effetto più pericoloso innesca quelle emozioni che invadono l'inconscio del giocatore per sconquassarlo solo pochi, interminabili, istanti e poi scomparire lasciando una sottile scia di angoscia già pronta ad riavvolgersi. Horror, proprio quello sia per le ambientazioni dark che per il design mostruoso delle locuste e della loro raccapricciante biologia.
EYES WIDE SHUT
Se Cicerone fosse qui, forse sarebbe l'unico capace di trovare le immagini iperboliche con gli accenti megalomaniaci per riversare nei piccoli ghirigori d'inchiostro che sono le parole tutto l'effluvio di immagini di GOW. Il creatore è la terza generazione di Unreal Engine. Sfogliando Wikipedia, scopri che UE 3.0 è l'anima grafica di ogni titolo di Epic, un'anima così che trasmigra in altri corpi videoludici. Se GOW esibisce una grafica strabiliante è anche perché UE 3.0 in realtà non è un programma in senso stretto ma il codice sorgente di un gioco già strutturato sullo schema di un fps. Ogni titolo dotato di licenza potrà configurare UE 3.0 in base alle proprie esigenze (mediante UnrealScript, il linguaggio script per modificare il codice senza infognarsi nelle interiora del C++). Le atmosfere oscillano tra il cupo e il desolato, scorrendo tra scenari da fine del mondo in cui brillano fioche luci. E' l'oscurità la tonalità preferita, la tavolozza stilistica con i cui colori GOW pennella un mondo ridotto in macerie, maestose e barocche.
La visuale in terza persona scala le vette dell'apoteosi per raggiungere l'Everest della grandiosità permettendo di sdoppiarsi in una visuale più ravvicinata o in una panoramica.
FERMI LI'
Tutti travolti dalla valanga di pixel overcloccati? L'effetto next-gen potrebbe diventare un colossale abbaglio dopo che molti titoli xbox360 sono già finiti sugli scaffali della seconda mano. Devi sforzarti un poco, esattamente come sto facendo io, per trovare robusti attributi a questo GOW senza lasciarmi incantare dalla sua virile grafica. Ma non sarà una ricerca vana come quella del santo graal. L'offerta di GOW è succulenta: Live articolato (con sovrapposizione PC-Xbox360) e modalità cooperativa interamente autonoma. Se l'accoppiata horror-fps funzionerà, allora il giocatore disporrà di un'ottima tavoletta da snowboard con cui scivolare su un fresco manto nevoso. Stand-by.