Gran Turismo 4: Prologue
di
Gran Turismo 4, lavori in corso.
E' questo il messaggio che Polyphony sembra volerci trasmettere attraverso questa nuova produzione, che anticipa quello che la softco ha in programma di regalarci, si fa per dire, nel nuovo capitolo della sua saga motoristica, previsto per la prossima primavera.
Nonostante l' apparenza, la qualità dei contenuti di questo "Prologue" trascende quella di un semplice dimostrativo. Quello a cui ci troviamo di fronte è un vero e proprio spaccato di tutto il lavoro compiuto dal team di sviluppo, in questi due anni trascorsi lontano dalle scene. Polyphony mette a disposizione del giocatore cinque circuiti, una sessantina di automobili, un articolatissimo tutorial, il motore grafico più performante che una PS2 abbia mai portato a video, ed un gameplay sensibilmente evoluto, per dargli modo di farsi un'idea di dove, realmente, la software house nipponica voglia arrivare.
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Una lucidata alla carrozzeria
Impossibile cercare di affrontare l' esperienza offerta da quest' ultimo Gran Turismo senza prima averne attentamente vagliate le potenzialità rappresentative.
Inevitabile rimanerne stupefatti.
Gran parte dell'efficacia di un titolo dalle caratteristiche di GT4 P è subordinata alla capacità del motore grafico di ricreare una adeguata sensazione di velocità, in assenza di altri stimoli che possano agire sugli organi deputati alla percezione e alla trasduzione dell'accelerazione lineare dell'individuo nello spazio (i quali, tanto per capirci, non sono granchè stimolati mentre siete stravaccati sulla vostra poltrona, aggrappati a un joypad di plastica), di modo che questi trasmettano al sistema nervoso centrale un'accettabile coinvolgimento sensoriale. La percezione della velocità, elemento cardine dell' esperienza in corso di simulazione, non può che dipendere dalla validità del motore grafico. A fare la differenza tra la noia e l' esaltazione mentre siete alla guida del vostro bolide (che non esiste) fra i rettilinei poligonali del vostro tracciato preferito (che non esiste), è la contrazione dello sfintere l'inclinazione del joypad la midriasi ottica. Quindi se il frame rate sarà sufficientemente elevato da darvi l'impressione di colare a picco dalla bassa stratosfera, e i poligoni sparati a video abbastanza da permettere ai programmatori di ricreare tutto un set di dettagliatissimi e solidissimi elementi del fondale (da far sfrecciare a una manciata di millimetri dalla visuale del giocatore), allora si avrà qualche possibilità che le aree cognitive dedicate all' elaborazione degli stimoli visivi ve la facciano ancora una volta, dandovi l'impressione di guidare a 230 Km/h.
Aggiungerei poi che se il tutto non gira in wireframe, dal momento che non state giocando a Vib Ribbon, ma ad un titolo che si prefigge lo scopo di ricreare una esperienza reale, attraverso un approccio simulativo, la sospensione dell'incredulità non potrà che beneficiarne.
In questo, GT4 P si rivela alquanto affidabile.
La sensazione di velocità e' notevolmente aumentata rispetto al predecessore, ed è considerevole anche nelle situazioni in cui la lancetta del tachimetro ha ancora molta strada da percorrere.
Il risultato finale giova due volte al titolo, esaltandone le prestazioni delle auto, er, più performanti, e incentivando il giocatore a vivere l'ebbrezza di un gran premio a bordo della più comune delle utilitarie, presenti anche in questo capitolo, come da tradizione.
Ma non è tutto.
Polyphony intraprende una nuova via, per certi versi inedita, allo scopo di soddisfare il desiderio di upgrading grafico del giocatore, che per ovvi motivi non ha potuto far leva sul passaggio al nuovo sistema che contraddistinse il precedente capitolo (inevitabilmente più semplice dal punto di vista dell'approccio tecnico, nonostante il team di sviluppo avesse dovuto ricoprire la parte del pioniere alla scoperta dei limiti computazionali di un sistema, allora, ancora inesplorato),
accompagnando il consueto incremento del dettaglio dei modelli poligonali che rappresentano le vetture, ad una una technicolorica magnificazione dell'ambiente in cui questi e' chiamato a muoversi.
Dopo aver trascorso cinque minuti fra gli abusati grattacieli di New York, la visione del prequel vi indurrà ad una sola constatazione possibile: scarno.
Nonostante il motore grafico del gioco debba scendere a qualche compromesso per gettare a video una tale complessità grafico-strutturale, l'impatto visivo offerto dal titolo Sony ammalia, avvolge il giocatore e lusinga i suoi centri nervosi deputati agli input visivi, come nemmeno il miglior Fantavision.
E lo fa prima ancora di convincerlo della positività del rapporto bellezza delle vetture * credibilità dei fondali/ difetti del frame rate, da leggersi riproduzione delle auto per caleidoscopicità dei tracciati diviso bad clipping, che nel caso di questo Prologue è quasi costantemente sopra lo zero e che comunque non scende mai al di sotto dello spettacolo quasifotorealistico/scarsoradiotelevisivo.
Se con questo titolo la softco giapponese non e' arrivata ad abbattere la barriera ideale del fotorendering, come minimo gli ha assestato una bella spallata.
L'approccio utilizzato da Polyphony si prefigge lo scopo di accrescere la sensazione di coinvolgimento del giocatore, immergendolo all'interno di un ambiente perfettamente credibile, e assottigliando il gap in termini di resa grafica fra tracciati e vetture, che contraddistingueva il più recente passato. Riuscendoci.
La complessità strutturale degli scenari cittadini strizza l'occhio ad un track design sega-namchiano che ha fatto la fortuna di tanti coin op durante la seconda meta' degli anni 90.