Gran Turismo 4: Prologue

di Simone 'C.D.' Bianchini

Quando si e' in curva perdere l'allineamento con la traiettoria ideale favorevole, in qualsiasi momento, equivale a farsi scagliare senza troppi convenevoli sui guard rails dalla forza centripeta.
Se a questo aggiungete che toccare l'erba a velocità sostenute con un angolo di incidenza troppo elevato causa la perdita istantanea del controllo della vettura, e nel migliore dei casi porta comunque a una notevole perdita di velocità, capirete come il grado di complessità del modello di guida abbia subito una considerevole impennata verso l'alto.
A beneficiarne sono il livello di sfida generale del titolo, e l'approccio simulativo intrapreso da Polyphony, che compie un ulterire passo in avanti verso la perfezione formale, a dispetto di quella stilistica.
Discorso diverso per quanto riguarda la sezione rallystica (da sempre controversa in ambito GT), che pur beneficiando di una impostazione generale dei tracciati, questa volta più stretti, (anche se tutti rigorosamente ad anello) che ne favorirebbe l'analogismo simulativo, viene inficiata da una certa generalizzazione del comportamento della superficie guidabile, che tende ad opporsi strenuamente a qualsiasi tentativo di controllo della vettura da parte del giocatore, sia esso misurato e minuziosamente gestito o assolutamente violento e repentino.
Sia dal punto di vista della direzionalità che da quello della trazione tutto appare decisamente ovattato, forse troppo.
Con l'avantreno in continua fase di anarchia direzionale e un retrotreno drammaticamente incapace di scaricare a terra i cavalli di cui si dispone, il giocatore non può fare altro che sentirsi in balia degli eventi. E andare a sbattere a destra e a manca senza soluzione di continuità.
Con buona pace del divertimento e della ricerca della traiettoria ottimale.
Anche questo "Prologue" rispetta il copione seguito dai precedenti capitoli in materia di danni alle vetture, e, purtroppo, la condotta di gara viene snaturata a causa della tolleranza del gameplay nei confronti degli urti con altre vetture in gara o con elementi del fondale, una imperfezione che appare drammaticamente evidente nei tracciati cittadini.
Il risultato e' che quando pesantemente staccati dal resto del gruppo ci si (ri)trova sul tratto di rettilineo che precede una staccata, più che dell'impostazione della curva, ci si preoccupa di come frapporre il maggior numero di avversari fra la propria auto e la facciata del palazzo che delimita la pista. In questo, davvero, C.D non riesce a scorgere nulla di così reale.

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E' vero che Polyphony ha tentato di correre ai ripari implementando una sorta di penalità, per chi adotta questa condotta di gara (dieci secondi a regime ridotto, a partire dal momento dell'impatto), ma questa scatta solo in caso di urto a velocità assolutamente folle, e può quindi essere aggirata facilmente con un minimo di pratica, da qualsiasi giocatore, e non solo da quello più avezzo alla prassi polyphonyana in tema di simulazioni.
Ad ogni modo si tratta inequivocabilmente di un anacronismo tecnoludico, che assieme alla strutturazione delle competizioni che vedono gareggiare solo sei vetture, ha smesso di essere accettabile nel momento in cui la serie è approdata su hardware più performanti.
Queste lacune vanno a compromettere pesantemente la valenza ludica della modalità in single player, che dovrebbe costituire il fulcro dell'esperienza intrattenitiva, e parzialmente l'attività laterale del time trial. Con buona pace (anymore) della sospensione dell'incredulità.
Sorvolando volontariamente, visto il carattere embrionale dell'opera, sull'approssimativa IA esibita dagli avversari controllati dalla CPU, durante le (poche) occasioni in cui si e' chiamati a misurarcisi contro. Questa si rivela completamente insufficiente ad offrire una sfida adeguata al giocatore, perennemente superiore a piloti incapaci di stargli dietro nemmeno a parità di prestazioni della vettura. Nessun passo avanti, quindi, rispetto a GT3 A-Spec.

Veloce, forse troppo
La profondità dell'esperienza videoludica è, nel caso di questo episodio intermedio, a discrezione del giocatore, cui viene data la facoltà di giocare, senza che alcuno sforzo (o quasi) sia stato compiuto per incentivare nel tempo questa eventualità. Aspettatevi dunque che nulla al di fuori del desiderio di ripetere l'esperienza di guida principale, vi induca a perpetuarla nel tempo.
La longevità del dimostrativone Sony, è bene sottolinearlo, per l'utente medio non supererà la soglia delle due ore di gioco.
Per tutti coloro che avrebbero inteso trarre cospicue porzioni del proprio divertimento, oltre che dall'esperienza principale, anche dalla attività laterale di collezione delle centinaia di modelli che (solitamente) costituiscono il parco vetture allestito dagli sviluppatori, come in passato, e' forse il caso di precisare che GT4 P non offre nulla del genere ed e' doveroso consigliare l'attesa della release definitiva, prevista per la prossima primavera.
La struttura di gioco trova il suo fondamento nello school mode, un articolato tutorial che assolve la duplice funzione di trasmettere al giocatore i primi rudimenti di guida sportiva (digitale) e mostrare passo passo tutte le peculiarità del (futuro) titolo Sony.
Il superamento di ogni singola prova permetterà di sbloccare la relativa auto nell'arcade mode, il conseguimento delle patenti d'oro (tutt'altro che agevole) regalerà al giocatore eventualissime auto bonus (tra le quali il bizzarro Mazda Triathlon Race Car, e la nuova concept targata Honda, l'HSC).

Tutto qui. Niente competizioni, fatta eccezione per le gare singole, niente concessionari, niente piste aggiuntive, niente multiplayer, niente set up della vettura, niente contenuti online, niente di tutto questo.
Si tratta innegabilmente un ottimo prodotto. Il problema e' che sembra essere stato assemblato ad arte per castrare qualsiasi possibilita' di soddisfazione ludica.
E' una raffinata opera di marketing. Uno straordinario commercial poligonale.
La sua eccezionalità non consiste in cosa reclamizza, ma nelle modalità in cui e' capace di proporlo.
GT4 "Prologue" svela, ma non consente l'approfondimento dell'esperienza.
Ammanetta il giocatore alla guida di bolidi sensazionali, all'interno di tre piste da go kart.
Non elargisce al time trialist la consueta dose di statistiche ed informazioni indispensabili ad alimentare la sua sete di prestazioni.
Non propone una sfida, ma una contemplazione interattiva.
In tutto questo e' ancora più straordinario del gioco in sè.
Chi lo acquista, sfruttando anche la sua natura di budget game, convinto di avere fra le mani GT4 con qualche macchina e qualche tracciato in meno, si rassegni a ritrovarsi tra le mani un bel demo, con qualcosa in più.

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