Halo Reach

di Luca Luperini
l'inizio della fine
Quando all'E3 2009 Bungie annuncio Halo: Reach, presentandolo come l'ultima incarnazione del famigerato franchise Xbox, in molti sorrisero sornioni. Oggi, dopo il recente accordo tra Activision e la software house statunitense, quei sorrisi si sono trasformati in un'unica, triste, consapevolezza: Halo Reach sarà l'ultimo Halo sviluppato da Bungie. Un presupposto che, se ce ne fosse stato il bisogno, ha reso ancor più febbrile l'attesa per la beta pubblica apertasi giusto lo scorso 3 maggio, alla quale hanno avuto accesso tutti i possessori del precedente Halo: ODST, oltre ad un relativamente ristretto numero di privilegiati che sono riusciti ad accaparrarsi gli ultimi codici disponibili. Noi di GameSurf, beneficiando in un press key che ci ha permesso di sbarcare su Reach con qualche giorno di anticipo, abbiamo spolpato per voi la beta, e siamo pronti a spiegarvi passo passo il perché dovreste iniziare a contare i giorni che ci separano dalla release autunnale del gioco completo.



la partita perfetta
Potremo scrivere interi paragrafi su come Bungie, da dietro l'elmetto del taciturno Master Chief, abbia rivoluzionato il mondo dei fps su console. In realtà, per comprendere la “bungiesofia” (permetteteci il cacofonico neologismo), é sufficiente descrivere il menu che ci siamo trovati davanti al primo avvio della beta di Reach.
Dietro ad un aspetto minimalista e mirato alla funzionalità estrema, troviamo infatti un'interminabile cura per il dettaglio e per l'ottimizzazione dell'esperienza di gioco.
Ciò si traduce in due semplici voci: “matchmaking” e “cinema”. Selezionando una delle due la struttura del menu esploderà in una complessa, ma per niente complicata, serie di opzioni con le quali potrete facilmente buttarvi nella mischia, oppure darvi al file sharing più affinato tramite la forte -ed imitatissima- integrazione con il portale Bungie.net, ora arricchito grazie alla presenza di tre channel distinti (funny, owned ed awesome).

Ed é proprio dall'interfaccia di matchmaking che trapelano le prime importanti novità in termini di filtri di gioco. Stiamo parlando della possibilità di scegliere se impostare la ricerca in modo da preferire le connessioni più stabili, i giocatori di una data lingua o, infine, l'abilità dei compagni di squadra.
Le dinamiche di party vengono ancor meglio delineate da un'apposita sezione all'interno della quale potremo indicare se preferiamo giocatori più o meno loquaci, chiassosi o educati, e perfino se cerchiamo compagni d'armi indirizzati al puro divertimento o mossi da una vera e propria foga agonistica.

Se invece avete la fortuna di avere all'interno della vostra lista amici una nutrita schiera di Halo players, potrete unirvi a chi sta già giocando, oppure creare un nuovo gruppo, direttamente dal menu principale. Quest'area, denominata active roster, ci consentirà di monitorare continuamente lo status della friend list senza dover necessariamente passare dal pulsante dashboard.
Nel complesso, siamo rimasti molto felici nel constatare come questo arricchimento di elementi sembra non aver inficiato la reattività del matchmaking, il quale, dopo le palesi, ed in parte comprensibili, difficoltà del 3 maggio, pare essersi stabilizzato risultando in linea con le altissime aspettative.




Rimanendo qualche istante in più nel menu principale, é interessante constatare quanto la personalizzazione del proprio profilo sia stata influenzata dalla filosofia di ranking propria di altre produzioni. Se infatti, a primo acchito, ritroviamo tutte le variabili già presenti in Halo 3 come la tag di servizio, l'emblema e la customizzazione dell'armatura, proprio scorrendo quest'ultima ci si rende conto di come ora per acquisire nuove parti del vestiario, dovremo spendere crediti acquisiti durante le sessioni di gioco.
In questo modo il comparto online si scinde completamente da quelle meccaniche single player che in Halo 3 ci costringevano a cercare teschi in giro per la campagna, allo scopo di sbloccare varianti estetiche per rivestire il nostro spartan. Ora, invece, al termine di ogni partita, apparirà una schermata riassuntiva in cui la nostra prestazione viene tradotta in un punteggio utile ad accrescere il proprio livello gerarchico, oltre che a comprare elmetti e spalliere con cui farsi belli per la battaglia.
Infine, é da segnalare come questo sistema di punteggi riprenda, in maniera quasi pedissequa, le medaglie/obiettivo già presenti nel Battlefield Bad Company 2 di DICE.

a prima ed a seconda vista
Parlando di Halo: Reach é indubbio che il fattore prettamente estetico sia tra quelli maggiormente discussi alla vigilia. Fiumi di di video e vagonate di immagini non hanno saziato la curiosità dei fan rispetto al tanto pubblicizzato salto di engine grafico. Ecco, proprio dal punto di vista meramente tecnico, la beta alterna piacevoli sorprese a realistiche prese di coscienza. Si, perché visivamente Halo: Reach non sembra altro che una diretta evoluzione del predecessore. Il lavoro fatto da Bungie parrebbe indirizzato più alla cura formale che all'arricchimento sostanziale. I muscoli del motore grafico paiono dunque sempre gli stessi, solo molto più oliati.

Il look di Halo: Reach, decisamente più cinematografico e aggressivo rispetto a quello di Halo 3 -del quale mantiene però l'inconfondibile impronta stilistica degli ambienti e l'ormai classica scala cromatica-, si contraddistingue per un inconsueto uso del motion blur, in contrasto con l'esasperata ricerca della pulizia caratteristica dell'intera saga. Proprio l'utilizzo di questo espediente tecnico -mirato più a valorizzare che a coprire-, unito all'innegabile miglioramento complessivo della qualità delle textures, mira a rinfrescare il colpo d'occhio di chi ha sacrificato gran parte della propria vita sociale sui server del terzo Halo. Al contrario, chi non ha mai apprezzato l'approccio quantitativo, più che qualitativo, stante alla base della filosofia estetica di Halo, difficilmente si ricrederà buttando un occhio alla beta di Reach.