Hawken Reborn, le prime impressioni del reboot PVE della saga – Anteprima PC
Ancora pochi contenuti, già parecchie decisioni discutibili. La strada è lunga per una vera “rinascita”
Con la chiusura dei server a inizio 2018, ci lasciava per sempre la versione PC di Hawken (su PS4 e One è ancora disponibile), l’FPS free-to-play a base di robottoni di Adhesive Games. Il publisher 505 Games ha però promesso un revival della saga, sviluppato internamente, uscito giusto qualche giorno fa in early access su Steam.
Stiamo parlando di Hawken Reborn, un modo tutto nuovo di intendere Hawken, che abbandona qualunque dinamica PVP per proporre un’avventura cooperativa PVE semi-open world, con una struttura a missioni collegate da una trama di fondo, che vedrà il giocatore interagire con i rappresentanti delle numerose fazioni in campo.
Il titolo mantiene il modello free-to-play con microtransazioni del predecessore, e rimarrà in early access almeno per i prossimi 18 mesi, ma possiamo già affrontare le 6 missioni introduttive della storia ed esplorare la prima area di gioco. Le premesse sono buone? L’eredità del franchise è al sicuro? Scopriamolo.
Neanche il tempo di avviare il gioco che Hawken Reborn ci butta a capofitto nell’azione. Fino a nuovo ordine il titolo rimarrà singleplayer, ciononostante adotta già la fastidiosa filosofia del “sempre online"; navigare i menù sarà quindi un’operazione da eseguire in tempo reale, e solo con le frecce direzionali, visto che il cursore del mouse non viene rilevato in-game (cosa che non avviene nell’hangar, stranamente).
Poco male, non fosse che la sensibilità della camera è tarata ai livelli di un FPS arena agonistico, e anche riducendo i valori al minimo la situazione non migliora (per darvi un’idea, ho dovuto dimezzare i DPI che uso di solito per poter mirare decentemente NdR). Non viene menzionato, ma se vi aggrada potete utilizzare un pad, sebbene il gioco non sembri notare la differenza e continui a mostrare a schermo i prompt per mouse e tastiera.
Il tutorial è un po' verboso, ma sono le basi, ci può stare. Il mech si comporta in modo non troppo dissimile dal vecchio Hawken, solo un pelo più impacciato, dovuto probabilmente al pessimo equipaggiamento iniziale, che potremo aggiornare e potenziare in seguito. Non si può fare a meno di notare che manchi qualche modulo all’appello, poiché le uniche componenti che potremo personalizzare sono chassis, propulsore e armi, una per braccio, ma il gioco è a malapena in alpha, sorvoliamo.
Il filmato con illustrazioni stile fumetto palesemente generate da un’IA che ci accoglie in base però fa storcere il naso, e ci auguriamo sia solo un placeholder in vista di futuri sviluppi (è brutto forte, e dura un’eternità). Già che ci siamo, la premessa narrativa con protagonista muto (pardon, incapace di comunicare) e l’intera vicenda che ruota intorno a lui non ci ha convinto granché, ma la possibilità di intrattenere rapporti con le varie fazioni in stile Armored Core potrebbe divenire molto interessante con i dovuti accorgimenti, magari proponendo eventi ed equipaggiamento esclusivi a seconda delle scelte compiute, sempre ammesso che ci saranno delle scelte da compiere.
La formula di gioco ricorda vagamente Borderlands, con una filosofia da looter shooter che vede orde di nemici saltarci addosso da ogni angolo, per poi rilasciare alla morte munizioni, crediti, materiali e schematiche per nuovi pezzi del mech. Le mappe (o almeno, l’unica disponibile) sono piuttosto estese, e sono suddivise in settori, ognuno caratterizzato da un “livello di pericolosità”, determinato dalla qualità dell’equipaggiamento avversario che incontreremo.
Mettersi ai comandi di un robot da combattimento è sempre uno spasso, anche se in Hawken Reborn le opzioni sono limitate al momento; non appena si ha campo libero però è un attimo prendere confidenza con i comandi e iniziare a danzare in volo mentre si crivellano i bersagli di piombo, laser ed esplosivi. Peccato che ciò avvenga di rado.
La produzione 505 Games fa giusto “annusare” la matrice open world dell’esperienza, obbligando il giocatore a sottostare ai ritmi pachidermici di NPC e carrelli minerari da scortare, che si bloccano pure sul posto se si ha l’ardire di allontanarsi a più di 50 metri da loro. Le forze nemiche poi arrivano solo in palesi aree adibite ad arena, lasciando le traversate nel mezzo tristemente silenziose, se si escludono i discutibili dialoghi a fare da sottofondo.
E a tal proposito, affrontare l’IA non è molto divertente. Passino gli occasionali mech rivali, dotati di diverse configurazioni che ne determinano strategia e comportamento in battaglia, ma la fanteria e i droni sono solo una seccatura, zanzare fastidiose che spesso si fa persino fatica a notare, anche con l’ausilio del radar. Preferiremmo di gran lunga ritrovarci contro 4-5 mech in ingaggi più brevi e intensi, che perdere tempo ora come ora con gli sciami di carne e metallo da cannone; ne risulta un ritmo azzoppato, che fa venire il gioco in noia già dopo un paio d’ore.
Completata la missione e intascate le ricompense, si fa ritorno all’hangar, e qui si fa conoscenza con quella che a nostro avviso sarà la principale meccanica a distruggere l’interesse dei giocatori, se non bilanciata come si deve. Hawken Reborn è un free-to-play, una qualche forma di monetizzazione esterna è “necessaria” per mantenere un flusso costante di introiti, ma qui sono piuttosto aggressive.
Al titolo mancano ancora opzioni fondamentali, e i contenuti bastano per una manciata scarsa di ore, ma già ci sono ben 3 pacchetti per l’acquisto di Scrip, la valuta “premium”, e un negozio in-game abbastanza esoso, con alcuni pezzi che non mi pare di poter raccattare altrove. Certo, è possibile forgiare l’equipaggiamento con i materiali e le schematiche recuperate in giro, ma la quantità di risorse pretese è abnorme e costringe a sessioni intensive di grinding nella modalità libera “Patrol”, peccato che essendo limitati al singleplayer la noia monti in fretta.
Gli Scrip si usano anche per “ammortizzare” la carenza di materie prime nel crafting, e per “resuscitare” in caso di sconfitta durante le missioni (nessun'altra opzione di respawn, se non ricominciare daccapo, e questo è stupido). E ora il grande dubbio: sarà possibile accumulare crediti partecipando ad eventi occasionali o completando particolari richieste, come avviene in altri free-to-play come MTG Arena o Mechwarrior Online, in modo da consentire a tutti i giocatori di accedere all’intero arsenale, sebbene con tempistiche diverse, oppure i requisiti saranno così gravosi da scoraggiare coloro che non hanno intenzione di mettere mano al portafogli?
Altra personale remora nei confronti del titolo, e in generale una delle più grosse vaccate che abbia mai visto da quando impugno un pad: oltre a creare componenti per il mech, si è in grado potenziare quelli in proprio possesso, operando su diversi parametri. Ottima trovata, incrementa la longevità di pezzi magari obsoleti e consente di specializzarsi in determinate aree con le (poche) risorse a disposizione; per quale assurdo motivo allora i valori di incremento sono decisi da un tiro di dado?
Perché dovrei rischiare di buttare ore di grind (già tedioso di suo) per poi ritrovarmi senza soldi e con un’arma azzoppata dal caso (il numero di volte che si può migliorare un elemento è limitato, e niente rimborsi, ovviamente)? È per obbligarmi a “gacharne” un’altra, magari usando gli Scrip, poiché sicuramente non avrò i materiali per forgiarne una ex novo, figuriamoci tornare a scommettere sugli aggiornamenti? È il dettaglio che meno mi fa sperare sul futuro del gioco, e ha guastato quel poco divertimento che al momento la demo offre. Monster Hunter ha il vizio di offrire ai giocatori perk aggiuntivi tentando la sorte, ma lì riprovare in caso di fallimento è facile, economico, reversibile (importante) e stimola il giocatore a proseguire nell’opera, cosa che non avviene in Hawken Reborn. Ignorare la meccanica non è una soluzione, per la cronaca.
Di positivo, il motore grafico è stabile, pur essendo limitato a 60 fotogrammi al secondo; tuttavia, c’è un po' di stuttering quando si ruota rapidamente la camera, ergo di frequente. Visivamente discreto, diciamo ai livelli dell’Hawken originale, con atmosfere buone e un’effettistica scoppiettante al punto giusto; sound design altalenante, con alcuni feedback di movimenti, armi e sensori “robusti” quanto basta per percepire adeguatamente il peso del mech, altri meno. Una cura maggiore aiuterebbe sia la dose giornaliera di serotonina, sia ad avere sensazioni migliori per quanto concerne l’analisi dell’ambiente circostante, dei colpi inflitti e quelli subiti; la base di partenza non è affatto male, ma ci si può lavorare. Qualche bug, uno in particolare che provoca caricamenti perenni, obbligando al riavvio, ma per il resto l'esperienza scorre senza intoppi.
Versione Testata: PC
Hawken Reborn
Più che una rinascita, un parto prematuro, e pure concepito male. Hawken Reborn ha nel DNA quello che rese il capospitite un titolo di successo: il sistemo di controllo funziona, il gunplay c’è, e l’idea di fondo della produzione 505 è di quelle che creano forte dipendenza se approcciata nel modo giusto, ma i primi passi mossi non convincono e risuonano più come la solita operazione commerciale per sfruttare l’affetto della community nei confronti del franchise, che non un progetto accorato dai fan per i fan. Libero di essere smentito, tuttavia ora come ora Hawken Reborn è un ammasso di microtransazioni con il volto di Hawken, avvolto in un involucro tessuto secondo le solite metodiche di game design moderno, poco in linea con i desideri dei giocatori, e destinato a fallire prima ancora di raggiungere pieno compimento. 18 mesi sono tanti, e francamente inizierei a mettere subito qualche toppa; dove vi pare, tranne che ai fondamenti del gameplay, l'unico elemento che funziona davvero.