Journey
Per alcuni la parte più importante di un viaggio é il traguardo, per altri il ritorno a casa, ma per altri ancora la cosa più bella é il viaggio in sé e per sé, il muoversi, il progredire. A questa terza categoria sembrano appartenere i membri del team thatgamecompany, che in collaborazione con lo studio Santa Monica di Sony sono ormai a buon punto nello sviluppo di un gioco che ha l'essenza del viaggio persino nel titolo: Journey. Recentemente Sony ha rilasciato una Beta/Demo comprendente i primi tre livelli del gioco: abbiamo quindi potuto muovere i primi timidi passi nel nuovo mondo partorito dai creatori di flOw e Flower.
Parlare di “passi” é in effetti corretto entro certi termini, visto che il protagonista - o la protagonista, se l'idea vi piace di più: il sesso (ammesso che ne abbia uno) non sembra ricoprire assolutamente nessuna rilevanza - possiede un'anatomia molto particolare, composta da un corpo stilizzato e sorretto da due gambe affusolate e senza piedi, coperto da un ampio mantello che, con il suo movimento sinuoso, sembra avere più vita di chi lo indossa. Il suo viaggio inizia in un deserto, tra dune di sabbia sottile che si sposta in maniera molto fluida, simile alle onde del mare: in lontananza svetta un altissimo monte, forse un vulcano, che emette una forte luce e che sembra costituire la meta del pellegrinaggio.
Chi é il protagonista? Non ci é dato saperlo, così come ignoto é il motivo della sua cerca. Esplorando il controller scopriamo di aver inizialmente a disposizione solo l'analogico sinistro per il movimento, il sixaxis (non l'analogico destro) per l'inquadratura e un tasto per emettere una forte nota, dal timbro simile a un corno tribale. Dopo aver superato una valle con delle lastre erette, forse lapidi, troviamo una sciarpa luminosa il cui contatto crea una sorta di coda sul nostro vestito. A quel punto scopriamo di poter saltare, ma solo quando la suddetta coda, entrando a contatto con i pezzi di tessuto svolazzanti, si illumina con gli ideogrammi: più avanti troveremo altri pezzi di sciarpa, che prolungheranno la nostra coda permettendoci salti più lunghi.
Per quanto avere la coda “carica” permetta di superare più agevolmente e rapidamente alcuni dislivelli, il salto standard non sarà l'unico disponibile: gli stessi pezzi di tessuto svolazzanti potranno infatti essere “convocati” con il grido, in modo che ci sospingano vero l'alto una-tantum. Sfruttando le due tipologie di salto ci troviamo ben presto su una specie di torre, dove dei lunghi drappi incolore sventolano inerti: al nostro contatto, o “toccati” dal nostro grido, i drappi assumono colore e lucentezza, per poi dissolversi e liberare uno stormo di scampoli.
Giungiamo così presso una sorta di monolita: il nostro contatto attiva le lastre circostanti e ci appare una figura enorme e gloriosa, simile al protagonista ma interamente bianca. Il suo grido ci rivela immagini di individui simili a noi e anch'essi diretti da qualche parte: é una profezia sul nostro futuro o un retaggio del passato? Ancora una volta non si sa, ma prima di dissolversi la figura ci benedice con una decorazione per la nostra tunica; dopodiché, le porte di fronte a noi si aprono e possiamo accedere all'area successiva.
Qui ci ritroviamo a ridosso di una valle continuamente riempita da cascate di sabbia, ma svuotata dai venti del deserto; la sommità opposta sarebbe raggiungibile tramite un lungo ponte che però é in rovina. Ancora una volta la chiave per proseguire é celata nei drappi incolori sparsi in giro sulle strutture diroccate: alcuni di essi, infatti, una volta attivati libereranno stormi di scampoli che andranno poi a tappare le varie sezioni crollate del ponte. Lo spazio intorno é esplorabile, ma fatta eccezione per un paio di sciarpe luminose da raccogliere non c'é modo di allontanarsi più di tanto senza essere respinti dal vento del deserto.
Saltando e scivolando tra le dune incontriamo un nostro simile: é un altro giocatore di Journey, situato chissà dove nel mondo reale. Non abbiamo modo di sapere alcunché di lui: non esiste una chat e cercando tra i “giocatori incontrati” nel menù di PS3 non compare nessuno. L'unico modo per comunicare é il grido, ed é possibile proseguire insieme o ignorarsi. Raggiungiamo così la vetta del ponte, e una nuova figura ammantata di bianco ci presenta altre visioni e una nuova decorazione per le vesti: quando si dissolve, le cascate di sabbia di fronte a noi si aprono per farci accedere alla terza area.
Terza area che in realtà nella Beta non é neppure completa: dopo aver superato svariate dune, stavolta con una scelta cromatica tendente al rosa, seguendo dei drappi dalla forma di frecce giungiamo in una zona battuta da forti venti, dove una struttura si erge minacciosa nella penombra generata dalla sabbia sollevata. É a questo punto che lo schermo si oscura e l'avventura termina, perlomeno per ora.
Rimane palese che per poter effettivamente valutare Journey sarà necessario mettere le mani sull'esperienza completa, e forse addirittura esplorarla da cima a fondo più di una volta, ma la cosa certa é che gli sviluppatori di thatgamecompany sembrano intenzionati a dimostrare ancora una volta che il linguaggio delle immagini vale più di quello delle parole. Journey é linguaggio universale: non servono vocaboli, per esempio, per capire se il giocatore che si incontra é socievole o schivo, cooperativo o indipendente. E non servono vocaboli per intuire, o immaginare, o forse fantasticare sull'origine e la meta del protagonista.
E non servono vocaboli per assaporare il viaggio, che poi é e rimane il concetto del gioco...
Parlare di “passi” é in effetti corretto entro certi termini, visto che il protagonista - o la protagonista, se l'idea vi piace di più: il sesso (ammesso che ne abbia uno) non sembra ricoprire assolutamente nessuna rilevanza - possiede un'anatomia molto particolare, composta da un corpo stilizzato e sorretto da due gambe affusolate e senza piedi, coperto da un ampio mantello che, con il suo movimento sinuoso, sembra avere più vita di chi lo indossa. Il suo viaggio inizia in un deserto, tra dune di sabbia sottile che si sposta in maniera molto fluida, simile alle onde del mare: in lontananza svetta un altissimo monte, forse un vulcano, che emette una forte luce e che sembra costituire la meta del pellegrinaggio.
Chi é il protagonista? Non ci é dato saperlo, così come ignoto é il motivo della sua cerca. Esplorando il controller scopriamo di aver inizialmente a disposizione solo l'analogico sinistro per il movimento, il sixaxis (non l'analogico destro) per l'inquadratura e un tasto per emettere una forte nota, dal timbro simile a un corno tribale. Dopo aver superato una valle con delle lastre erette, forse lapidi, troviamo una sciarpa luminosa il cui contatto crea una sorta di coda sul nostro vestito. A quel punto scopriamo di poter saltare, ma solo quando la suddetta coda, entrando a contatto con i pezzi di tessuto svolazzanti, si illumina con gli ideogrammi: più avanti troveremo altri pezzi di sciarpa, che prolungheranno la nostra coda permettendoci salti più lunghi.
Per quanto avere la coda “carica” permetta di superare più agevolmente e rapidamente alcuni dislivelli, il salto standard non sarà l'unico disponibile: gli stessi pezzi di tessuto svolazzanti potranno infatti essere “convocati” con il grido, in modo che ci sospingano vero l'alto una-tantum. Sfruttando le due tipologie di salto ci troviamo ben presto su una specie di torre, dove dei lunghi drappi incolore sventolano inerti: al nostro contatto, o “toccati” dal nostro grido, i drappi assumono colore e lucentezza, per poi dissolversi e liberare uno stormo di scampoli.
Giungiamo così presso una sorta di monolita: il nostro contatto attiva le lastre circostanti e ci appare una figura enorme e gloriosa, simile al protagonista ma interamente bianca. Il suo grido ci rivela immagini di individui simili a noi e anch'essi diretti da qualche parte: é una profezia sul nostro futuro o un retaggio del passato? Ancora una volta non si sa, ma prima di dissolversi la figura ci benedice con una decorazione per la nostra tunica; dopodiché, le porte di fronte a noi si aprono e possiamo accedere all'area successiva.
Qui ci ritroviamo a ridosso di una valle continuamente riempita da cascate di sabbia, ma svuotata dai venti del deserto; la sommità opposta sarebbe raggiungibile tramite un lungo ponte che però é in rovina. Ancora una volta la chiave per proseguire é celata nei drappi incolori sparsi in giro sulle strutture diroccate: alcuni di essi, infatti, una volta attivati libereranno stormi di scampoli che andranno poi a tappare le varie sezioni crollate del ponte. Lo spazio intorno é esplorabile, ma fatta eccezione per un paio di sciarpe luminose da raccogliere non c'é modo di allontanarsi più di tanto senza essere respinti dal vento del deserto.
Saltando e scivolando tra le dune incontriamo un nostro simile: é un altro giocatore di Journey, situato chissà dove nel mondo reale. Non abbiamo modo di sapere alcunché di lui: non esiste una chat e cercando tra i “giocatori incontrati” nel menù di PS3 non compare nessuno. L'unico modo per comunicare é il grido, ed é possibile proseguire insieme o ignorarsi. Raggiungiamo così la vetta del ponte, e una nuova figura ammantata di bianco ci presenta altre visioni e una nuova decorazione per le vesti: quando si dissolve, le cascate di sabbia di fronte a noi si aprono per farci accedere alla terza area.
Terza area che in realtà nella Beta non é neppure completa: dopo aver superato svariate dune, stavolta con una scelta cromatica tendente al rosa, seguendo dei drappi dalla forma di frecce giungiamo in una zona battuta da forti venti, dove una struttura si erge minacciosa nella penombra generata dalla sabbia sollevata. É a questo punto che lo schermo si oscura e l'avventura termina, perlomeno per ora.
Rimane palese che per poter effettivamente valutare Journey sarà necessario mettere le mani sull'esperienza completa, e forse addirittura esplorarla da cima a fondo più di una volta, ma la cosa certa é che gli sviluppatori di thatgamecompany sembrano intenzionati a dimostrare ancora una volta che il linguaggio delle immagini vale più di quello delle parole. Journey é linguaggio universale: non servono vocaboli, per esempio, per capire se il giocatore che si incontra é socievole o schivo, cooperativo o indipendente. E non servono vocaboli per intuire, o immaginare, o forse fantasticare sull'origine e la meta del protagonista.
E non servono vocaboli per assaporare il viaggio, che poi é e rimane il concetto del gioco...
Journey
Journey
Sin dalle prime immagini di Journey, legate poi al nome di thatgamecompany, ci si aspettava un'esperienza atipica, in cui il gioco vero e proprio lasciasse spazio ad emozioni e meditazioni a più vasto spettro. Così é stato già nella Beta/Demo, nonostante la sua brevità e nonostante alcuni elementi che sicuramente saranno limati da qui al prossimo autunno. Può il viaggio stesso essere più importante della meta? Per stabilirlo dovremo attendere la versione finale, perché qualsiasi viaggio inizia da una partenza...