Kingdom Come: Deliverance
Mentre si gioca a Kingdom Come Deliverance, è impossibile non pensare al fatto che questo progetto stava per naufragare nel vasto mare dei titoli cancellati. D’altronde, sebbene ora sia possibile aspettare in trepidante attesa l’uscita del gioco, fissata per il 13 febbraio 2018, il progetto ha avuto una gestazione lunghissima che parte dal lontano 2009. In quell’anno Daniel Vávra abbandona 2K Czech per dedicarsi ad un nuovo “”role-playing game” che sarebbe, solo successivamente, diventato quello che abbiamo provato durante il nostro hands on.
La difficoltà a trovare investitori, il rischio di far saltare il progetto, l’arrivo di un grande investitore privato e infine una milionaria campagna crowdfounding, hanno definitivamente consacrato quello che a tutti gli effetti è un gioco di ruolo open world diverso dal solito, incentrato e focalizzato su una veritiera riproduzione del medievo.
Spade, cavalli e cavalieri
Per coloro che non lo conoscono, il titolo è un open world RPG con tantissimi elementi story driven, ma allo stesso tempo un ecosistema in grado di proporre una realtà medievale credibile e di impatto. Le vicende sono ambientate nel 1403 nel regno di Boemia. Il fatto che Warhorse (team di sviluppo ceco che sta lavorando al gioco) sia esattamente del posto dove sono ambientate le vicende è stata una casualità, come sottolinea Tobias Stolz-Zwilling, PR Manager di Warehorse. Il nostro personaggio è figlio di un fabbro che, dopo aver visto la sua famiglia trucidata, decide di intraprendere un percorso di vendetta.
Sebbene la parte narrativa sia preponderante all'interno della storia, il plot servirà per introdurci a tutta una serie di dinamiche e situazioni che ci faranno respirare a pieni polmoni il periodo medievale. Un assaggio che abbiamo pienamente percepito durante il nostro hands on, con ben tre differenti situazioni situate tutte più o meno all’inizio del gioco. La prima chiamata “risveglio” ci portava a fare conoscenza del nostro Signore, e all’introduzione all’arte della spada e del tiro.
Un sistema di combattimento che non punta sulla forza bruta, ma piuttosto sull’ingaggio ragionato con il nemico, specialmente negli scontro 1 vs 1. Una volta in combattimento avremo tre elementi da tenere sotto controllo: movimenti, stoccate e fendenti; a questi tre si aggiungono poi parate e contro attacchi, il tutto con la variabile di ben 8 direzioni da cui attaccare o difendersi. Una serie di situazioni che rendono piuttosto ripida la curva di apprendimento, ma fortemente gratificante nel momento in cui si realizza.
Imparate le basi di combattimento nel primo salvataggio, siamo passati al secondo dove ci veniva richiesto di assaltare un campo nemico. In battaglia non è possibile cambiare la propria armatura, e questo implica una buona preparazione prima di scendere sul campo di battaglia. Potremo scegliere tra armature che coprono il viso (ma riducono la visuale), oppure meno protetti ma con la visuale libera. Sono diverse le opzioni a nostra disposizione, e starà solamente a noi plasmarle in base ai nostri interessi e preferenze.
Tuttavia è proprio che in questo frangente abbiamo riscontrato le perplessità più grandi; se negli scontro 1 vs 1 il sistema di combattimento è affascinante, in quelli di gruppo risulta confusionario e, per ora, poco attraente; si tratta sicuramente uno degli elementi su cui il team di sviluppo dovrà lavorare prima della release del prodotto.
Ora et Labora
Nonostante questa piccola sbavatura emersa durante l’hands on, quello che ci ha davvero stregato di Kingdom Come Deliverance è l'ambienta realizzato dagli sviluppatori. Gli NPC hanno una loro precisa routine tra botteghe, lavori nei campi e così via; la presenza di svariate attività secondarie e una grande varietà in quello che verrà proposto al giocatore.
Un esempio? Nel terzo salvataggio che ci è stato proposto ci veniva chiesto di infiltrarci all’interno di un monastero sotto copertura per trovare e giustificare un assassino. Qui abbiamo potuto testare il sistema di indagine, che ci chiedeva di trovare indizi attraverso una serie di domande, rispettando però gli orari del monastero per non passare come una figura sospetta. Una missione che possiamo dirvi essersi rivelata davvero intrigante.
Chiudiamo parlandovi del comparto tecnico che alterna scorci, paesaggi e costruzioni architettoniche estremamente fedeli alle controparti reali dell’epoca, a personaggi e animazioni che a volte convinto, altre meno. Niente di tragico, visto il tempo ancora a disposizione degli sviluppatori, ma giusto farlo notare. Per chi se lo stesse chiedendo, il gioco è sottotitolato in lingua italiana.