Medal of Honor 2010

di Davide Ottagono
Dopo la parziale dipartita di Infinity Ward, sta ad Electronic Arts prendere in mano lo scettro degli FPS. E questo non lo diciamo noi, ma la software house stessa, che già con Battlefield sta cercando di risicare terreno verso la concorrenza, Call of Duty in primis. Medal of Honor, atteso per questo autunno, é solo una delle tante frecce che EA sta aggiungendo al proprio arco, ma le promesse sono comunque di un certo livello: rivitalizzare una saga che ha vissuto sempre nell'ombra dei nomi più in voga, modernizzarla per farla andare incontro ai gusti odierni ed elevarla all'ennesima potenza grazie agli sforzi uniti di diversi team. Qualcosa di grosso sembra bollire in pentola.



L'impressione generale, fin dal primo annuncio, non era tanto quella che EA volesse distinguersi dagli altri con un prodotto unico, siamo sinceri. Il passaggio dalla Seconda Guerra Mondiale ad un conflitto contemporaneo (quello d'Afghanistan, ad essere precisi) richiama palesemente l'inversione di Modern Warfare, così come lo stile ed il gameplay generale. Dopotutto, Modern Warfare é il leader indiscusso di vendite nel settore, é anche legittimo che il mercato si muova verso quella direzione, non tanto per superarlo, ma quanto per raggiungerlo. E, per quanti ci provino, le Infinity Ward non hai mai abdicato: Medal of Honor é “solo” l'ennesimo contendente.

Ancora nulla possiamo dire sulla componente in singolo, ma gli sviluppatori ci hanno graziato con un codice della beta per chiarirci quelle che invece saranno le meccaniche multigiocatore. Da sottolineare come EA abbia affidato la sola modalità online ai ragazzi di DICE, menti dietro Bad Company (tanto per citarne uno), e quindi già sinonimo di certezza. Tralasciando la sensazione che rendere intrattenimento una guerra tutt'ora in corso sia di dubbio gusto, partire prevenuti che DICE abbia sfornato un clone di Bad Company é già sbagliato. I ritmi sono completamente differenti, così come la coordinazione con la squadra e l'utilità dei veicoli pilotabili. Tutto porta alla carneficina più ignorante, ad un additivo circolo di uccisione-morte-respawn neanche così impuntato al realismo. Proprio come Modern Warfare, appunto.

Le mappe a disposizione in questa versione di prova sono due: Rovine di Kabul e la Valle Helmand. La prima, sia stilisticamente che come struttura, é l'esempio più palese di come i lavori siano stati portati avanti con il chiodo fisso della concorrenza. Stretti vicoli ed interni di edifici si alternano a piazze di più ampio respiro in cui si ergono molte casupole multipiano, postazioni di vantaggio per il tiratore medio. La differenza tra la vita e la morte risiede in un paio di proiettili in corpo, e questo rende il tutto più forsennato che mai.

Sopravvivere in campo aperto per più di qualche dozzina di secondi é spesso fuori discussione, costringendo il giocatore ad usufruire dei numerosi ripari artificiali per non essere bersagliati dall'incessante fuoco nemico. Le partite supportano fino a 24 giocatori in contemporanea, ma le mappe non sembrano sempre progettate per match confortevoli con un numero così elevato di persone. Il fattore fortuna, così come anche in Modern Warfare, ha un ruolo spesso predominante per la lotta alla sopravvivenza: basta semplicemente essere presi alla spalle per non avere scampo e gli infiniti spigoli in cui nascondersi e appostarsi (leggere “camperare”) non aiutano di certo.

Kabul ci ha dato un assaggio dell'immancabile deathmatch a squadre, mentre é nella Valle Helmand che il gioco si fa più duro. Non cambia solo il territorio, ora montuoso, ma anche le priorità agli alleati: per vincere non c'é più bisogno di sforacchiare quanti più avversari possibile, ma di conquistare varie zone in successione come suggerito dal radar nella parte alta dello schermo. Anche qui niente di innovativo, visto che stiamo parlando della modalità principale che ha fatto la fortuna di Bad Company. Restare in vita per più di venti secondi é un'impresa, quindi il nostro consiglio é di trovare una buona postazione “coperta” ai fianchi e sperare di passare inosservati quando il nemico vi camminerà di fianco.



Le grandi distese di terra sono sicuramente più in stile DICE rispetto a Kabul, così lo staff ne ha approfittato per regalare al team d'attacco un cingolato con cui farsi strada nelle zone più calde. Nonostante la presenza di un carro armato in campo, comunque, Medal of Honor non si trasformerà in un gemello di Bad Company: veicolo o no, la concentrazione generale rimarrà lo stesso ancorata ai veloci scontri appiedati. Da non sottovalutare anche la costanza con la quale si combatte: macinare uccisioni di fila, così come in Modern Warfare, ci darà accesso a nuovi, straordinari “poteri”. Ci riferiamo alle famose killstreak, tanto utili per chi le utilizza quanto odiate da chi le deve subire, che spaziano da semplici casse di rifornimenti a veri e propri attacchi aerei.

I ruoli disponibili sono i classici tre: Assaltatore, Operazioni Speciali e Cecchino. I primi sono quei soldati ben bilanciati in potenza e velocità, armati di un fucile d'assalto non esageratamente potente ma che riesce a fare il suo sporco lavoro in quasi ogni situazione. I secondi, invece, sono una classe un po' più coriacea, equipaggiata di tutto punto ed ottima se si vuole fare della forza bruta il proprio cavallo di battaglia. Non c'é bisogno di presentazioni per il cecchino, il solito, infido serpente appostato nei pertugi più assurdi, capace di rimanere immobile anche per minuti interi e di aspettare che qualche testolina gli passi davanti per siglare un soddisfacente headshot.

Come ogni gioco online, anche a Medal of Honor tocca tenere incollati alla console con premi e “regali” vari. Tornano quindi le immancabili medagliette e mostrine, con un sistema di punti esperienza che offre componentistica varia a chi ne accumula un certo numero. L'esperienza ottenuta in battaglia, infatti, permetterà di potenziare il nostro armamentario occupando gli slot a disposizione con abilità e upgrade di diverso tipo, da caricatori più capienti a mirini red dot. Inoltre, con il passare del tempo si sbloccheranno sputafuoco completamente nuove con cui sollazzarsi. In poche parole, la carne al fuoco sembra essere abbastanza da occuparci per mesi e mesi.

Lo stadio acerbo della beta si fa sentire in primis sul comparto tecnico, più che sul gameplay. Sorvolando sui numerosi bug che sicuramente verranno messi apposto col tempo, tra rallentamenti, esplosioni che non danneggiano e glitch grafici, anche la resa visiva generale non é delle migliori. Rendiamo atto che una versione incompleta di un qualsiasi gioco, soprattutto se provata in multiplayer, ha sempre un aspetto meno appetitoso di quello che verrà imbastito per l'uscita nei negozi, quindi niente di cui preoccuparsi.

Di positivo possiamo citare la mole poligonale degli ambienti, ricchi di dettagli e di elementi di sfondo, oltre agli effetti particellari, bravi nel rendere ancora più disperata ogni battaglia, tra detriti volanti e soffocanti coltri di fumo alzate dai proiettili non andati a segno. L'aliasing é ancora piuttosto marcato ma, anche qui, niente di così grave da non poter essere ritoccato nei mesi che ci separano da Ottobre. Per di più, c'é da dire come il motore sia avvantaggiato dal fatto che, a differenza di Bad Company, lo scenario non sia distruttibile. Certo, qualche muricciolo a alberello può sempre essere tolto dalle scatole, ma niente più. Anche le animazioni, soprattutto quelle di morte, vanno riviste.