Mercenari: Pagati per Distruggere
di
Giuseppe Schirru
Fulminea presentazione e inizio del gioco. Qualche minuto, spari, lanci di granate, nemici a terra, il protagonista ripreso dal cameraman alle spalle. Sparatutto in terza persona, è la soluzione più logica. Poi il terremoto. Un terremoto del quinto grado della scala Mercalli che rompe anche le più preventivate e ovvie previsioni sul concept di gioco. Non un action 3D, ma il GTA degli sparatutto in terza persona, ovvero la formula accumula soldi applicata a un genere che non è il suo. Che è ben diverso. Ovvero, non sarà rigorosamente meglio, ma indubbiamente difforme. Dopo l'ottimo Full Spectrum Warrior e il discreto Star Wars Battlefront, Pandemic torna a far parlare di sé. Lo fa ancora una volta con un titolo battagliero, dimostrando di aver appreso con diligenza i dettami dell'arte della guerra e di averli saputi sfruttare in un prodotto multisfaccettato.
Se una software house non punta a reinventare un genere, il saggio dice di sedersi e pensare. Pandemic si è seduta, ha passato in rassegna i titoli più gettonati, li ha scartati ad uno ad uno, e ha pensato: GTA vende un botto, copiamolo spudoratamente. Al che una mano si è alzata, e una sinistra vocina ha sussurrato: cambiamo l'ambientazione, e nessuno ci accuserà di plagio. Saggia idea potrebbe avventatamente asserire qualcuno. Ma Gamesurf ha capito tutto. Pandemic non si è ispirata a GTA, o almeno non si è limitata a questo. Perché Mercenaries, improvvisandosi gelido combattente di Mortal Kombat, Sub Zero, arreca una dolorosa fatalities al pluricelebrato titolo Rockstar strappandogli la spina dorsale. A conti fatti, l'innesto di questa formula, è vitamina pura. Anzi, creatina. Un'arma impropria che crivella con pallottole di divertimento un videogiocatore privo di giubbotto antiproiettile. Ma dietro all'arguzia dell'idea, sia chiaro, si celano i virtuosismi di programmatori d'indubbio spessore. Pandemic è Pandemic, una delle nuove realtà di questa generazione, realtà con cui ben presto altre software house si scontreranno.
Senza paura, spavaldamente, il loro prodotto affronta diverse tematiche ludiche, a volte in modo sbarazzino, altre volte con diligenza. Di GTA riprende l'enorme estensione dell'ambiente di gioco, priva di caricamenti, e la possibilità di pilotare qualsiasi mezzo, snobbando gli evidenti cali di frame rate e le approssimazioni grafiche che da secoli hanno deturpato gli schermi di buona parte dell'utenza videoludica mondiale. Disprezzando simili brutture grafiche, Mercenaries si presenta in forma smagliante, forte di un impatto grafico altisonante e una formula collaudata, vincente al botteghino quanto nell'extra dosaggio del divertimento. E se qualcuno se lo fosse dimenticato, il titolo che rilancia la Lucas a grandi livelli dopo gli ultimi anni di oblio, è prima di tutto un titolo militaresco. Una volta scesi dal mezzo di turno (carro armato, jeep o camion che sia), il giocatore è accolto da sezioni sparattutto finalmente all'altezza, non più buttate nella mischia per fare presenza, ma centro focale dell'intera esperienza ludica.
La scusante di una guerra, è ragione valida per mettere in scena un paese disastrato, dove ogni angolo cela scontri a ogni piè sospinto e la grandezza dello scenario di gioco ha da spaventare il giocatore occasionale. Solita mappa, in alto a destra dello schermo, e soliti piccoli raduni per ricevere incarichi e svolgere quindi missioni, quali l'uccisione di uno scomodo esponente politico, azioni di sabotaggio o infiltrazioni in basi nemiche. La libertà d'azione, subquest, possibilità di interventi aerei, rapporti con le varie fazioni, rendono il prodotto Lucasarts una giungla di divertimento, dove il novello Tarzan riuscirà di lì a poco a districarsi. Alcune esplosioni dettate da colpi di mitra risultano poco credibili, ma il motore fisico Havok è la ciliegina sulla torta. In attesa della versione PAL, ci viene da pensare: di GTA ce n'è un solo, ma forse è meglio così.
Se una software house non punta a reinventare un genere, il saggio dice di sedersi e pensare. Pandemic si è seduta, ha passato in rassegna i titoli più gettonati, li ha scartati ad uno ad uno, e ha pensato: GTA vende un botto, copiamolo spudoratamente. Al che una mano si è alzata, e una sinistra vocina ha sussurrato: cambiamo l'ambientazione, e nessuno ci accuserà di plagio. Saggia idea potrebbe avventatamente asserire qualcuno. Ma Gamesurf ha capito tutto. Pandemic non si è ispirata a GTA, o almeno non si è limitata a questo. Perché Mercenaries, improvvisandosi gelido combattente di Mortal Kombat, Sub Zero, arreca una dolorosa fatalities al pluricelebrato titolo Rockstar strappandogli la spina dorsale. A conti fatti, l'innesto di questa formula, è vitamina pura. Anzi, creatina. Un'arma impropria che crivella con pallottole di divertimento un videogiocatore privo di giubbotto antiproiettile. Ma dietro all'arguzia dell'idea, sia chiaro, si celano i virtuosismi di programmatori d'indubbio spessore. Pandemic è Pandemic, una delle nuove realtà di questa generazione, realtà con cui ben presto altre software house si scontreranno.
Senza paura, spavaldamente, il loro prodotto affronta diverse tematiche ludiche, a volte in modo sbarazzino, altre volte con diligenza. Di GTA riprende l'enorme estensione dell'ambiente di gioco, priva di caricamenti, e la possibilità di pilotare qualsiasi mezzo, snobbando gli evidenti cali di frame rate e le approssimazioni grafiche che da secoli hanno deturpato gli schermi di buona parte dell'utenza videoludica mondiale. Disprezzando simili brutture grafiche, Mercenaries si presenta in forma smagliante, forte di un impatto grafico altisonante e una formula collaudata, vincente al botteghino quanto nell'extra dosaggio del divertimento. E se qualcuno se lo fosse dimenticato, il titolo che rilancia la Lucas a grandi livelli dopo gli ultimi anni di oblio, è prima di tutto un titolo militaresco. Una volta scesi dal mezzo di turno (carro armato, jeep o camion che sia), il giocatore è accolto da sezioni sparattutto finalmente all'altezza, non più buttate nella mischia per fare presenza, ma centro focale dell'intera esperienza ludica.
La scusante di una guerra, è ragione valida per mettere in scena un paese disastrato, dove ogni angolo cela scontri a ogni piè sospinto e la grandezza dello scenario di gioco ha da spaventare il giocatore occasionale. Solita mappa, in alto a destra dello schermo, e soliti piccoli raduni per ricevere incarichi e svolgere quindi missioni, quali l'uccisione di uno scomodo esponente politico, azioni di sabotaggio o infiltrazioni in basi nemiche. La libertà d'azione, subquest, possibilità di interventi aerei, rapporti con le varie fazioni, rendono il prodotto Lucasarts una giungla di divertimento, dove il novello Tarzan riuscirà di lì a poco a districarsi. Alcune esplosioni dettate da colpi di mitra risultano poco credibili, ma il motore fisico Havok è la ciliegina sulla torta. In attesa della versione PAL, ci viene da pensare: di GTA ce n'è un solo, ma forse è meglio così.
Mercenari: Pagati per Distruggere
Mercenari: Pagati per Distruggere
La formula vincente di GTA, inserita in un concept di gioco da sparattutto in terza persona, è vitamina pura. Garante di libertà d'azione, deambulazione infinita a bordo di mezzi in uno scenario mastodontico e numerose subquest atte a farne lievitare esponenzialmente la longevità, Mercenaries si appresta a entrare trionfalmente nel suolo europeo, e Gamesurf starà alla porta ad attenderlo.