Midnight Club: Los Angeles

di Luca Gambino
Niente camice, niente guanti. Questo é un hands-on, asettico neologismo per tradurre il nostro più colorito “mettere le mani su”. Via la recensione col microscopio che analizza freddamente ogni campione di gioco. Siccome le mani erano le mie, questo sarà un racconto delle mie impressioni e non il rapporto di un esattore delle tasse.

Carne o pesce? Non ho mai risolto l'ambiguità alla radice della serie di Midnight Club (MC). All'inizio ha l'aspetto di uno dei tanti giochi di corse automobilistiche che imperversano nella ludosfera (tié, ecco il mio neologismo in perfetto “italian style”). Poi senza cambiare abito o sesso (non so in quale ordine) il multiplayer rivoluziona i connotati del gioco, inserendo elementi, come i vari tipi di power-up, che trascinano MC in un'altra dimensione di gioco, più spericolata, meno formale, decisamente rocambolesca e quasi irreale. Puntini di sospensione verso un finale che non c'é (ancora).



MC:Los Angeles abbraccia quest'ambiguità e inietta dosi massicce di steroidi grafici e altri potenziamenti per gonfiare il gioco. Il risultato non é un pallone d'aria che scoppia alla vista di un ago. E' un fisico scolpito nella polpa della carne fresca e soda. Le visuali fanno spalancare la mandibola e gocciolare palate di piacere. Facile, c'é il motore grafico di GTA4, direbbe il solito detrattore. Più difficile sarebbe evitare l'effetto fotocopia. Ma il pericolo é scampato. Prima ancora di far lavorare le falangi nel gioco vero e proprio c'é questo universo grafico che ipnotizza lo sguardo. E' il chiaro sintomo di un grande lavoro tecnico che non ha trascorso centinaia di ore con la schiena curva su tastiera e monitor per derattizzare bachi e ogni immondizia visiva. Ha anche alzato gli occhi, sfogliato buoni album fotografici e corteggiato la fantasia per produrre alla fine uno scenario di gioco che incanta. La città degli angeli si é trasformata in una sconfinata pista dove elementi naturali, urbani e meteorologici mandano un chiaro messaggio: sarà la città degli angeli ma é anche una città terrena, concreta, dinamica, reale.

Ma il ruggito dei bolidi non tollera queste smancerie effeminate. Basta col sessismo. Infatti single o multi qui non fa differenza. Con un tasto sono singolo, con lo stesso tasto divento multi. Loro lo chiamano “quick cruise”. Per me vuol dire che non c'é più un muro di Berlino tra la metà single e la metà multi. Rimossi i calcinacci, non resta altro che scegliere il tipo di partita. La scelta dipende dalla posizione dei checkpoint - se prestabilita oppure impostata dal giocatore - oppure dalla struttura del circuito - giro unico oppure giri multipli. Già questo é un buon aperitivo. Il vero boccone sono le modalità di gioco. Il perno é la bandiera, the flag. Cosa ci posso fare con una bandiera, a Los Angeles, e a bordo di un bolide? Tante cose.



Ma soprattutto catturarla, in tanti modi. Il più tradizionale é il free-for-all, con variante splitbase (ogni team ha una base), base war (la bandiera va portata nella propria base) e stock pile (idem con tante bandiere). C'é anche lo stockpile a se stante e il keep-away, versione single del capture the flag. Fine del dovere di cronaca e delle lezione di ingegneria videoludica applicata a modelli di multiplayer. Capitolo finale sui potenziamenti, quei simpatici strumenti di piacere che servono nel rapporto di coppia tra videogioco e videogiocatore. Disruptor, ice, nitro, pulse, reverse steering, shield, stealth, stop, mirror, agro, random. Nomi curiosi che non necessitano di traduzione. Basta usarli senza limiti. Ecco perché congelare un avversario é una situazione paradossale in un ambiente grafico ricostruito con realismo. Quest'ambiguità é il segreto del successo per MC, dentro e fuori LA.

Però le mie mani non si sono posate sui menu. Questa é una prova e contano le impressioni, non i comunicati stampa. Quindi largo alle emozioni. Purtroppo la prova del gioco é stata guidata con rigore dal pastore di Lipsia e noi giornalisti-gregge abbiamo seguito docilmente. Ma anche questa prova col preservativo infilato nel controller non ha impedito al gioco di il inseminare la mia fantasia. In quei minuti di gioco, che si sono condensati essenzialmente in una corsa tradizionale, la mia attenzione é stata afferrata dalla velocità. Pura, intensa, vibrante velocità. Le visuali di gioco rafforzano questa sensazione, aumentando il coinvolgimento e la coscienza di trovarmi veramente incollato sul cofano di un auto sparata nelle vie di una città. Velocità, velocità e ancora velocità.

Ma non é veloce l'apprendimento della guida. E' facile schiacciare il pedale. Lo é meno tenere il volante senza stamparsi. Da una parte MCLA cattura tutti; dall'altra tutti hanno voglia di prolungare l'esperienza di gioco (che espressione pornografica!). E' troppo affascinante guidare in questo scenario per tentare uno stile di guida più cauto. E così, proprio all'inizio di questo gusto veloce e intenso, finiscono le mie impressioni.