Musashi Samurai Legend
di
Catapultato in un mondo che non gli appartiene, Musashi è chiamato a salvare un popolo in affanno: i Mistici. Arroccati in una fortezza che vive e viaggia quest'ultimi solcano i cieli e si dedicano alla magia, delicate mansioni che un tempo conducevano in armoniosa pace e tranquillità. Già: un tempo; perché ora una crudele organizzazione ha posato sui poteri esoterici di cui sopra tutti gli occhi umani e robotici dei quali essa dispone. Ce n'è insomma abbastanza affinché una principessa evochi a sé l'eroe di un altro pianeta, un eroe che a ben vedere ha poco a che spartire con il leggendario teorico e padrone del bushido con il quale condivide giustappunto il nome nipponico. Ma poco importa, la narrazione in questo titolo Square-Enix non è che un pretesto, una cornice (piuttosto debole e talvolta più che discutibile) il cui contenuto inanella per prima cosa una sequela di consumati cliché. Salvare i salvabili, evolversi gradualmente, impossessarsi di qualcosa (nel nostro caso spade) che abbia a che fare con i canonici elementi di madre natura e giungere infine ad un glorioso epilogo. Siccome è di gran lunga più rilevante l'uso che ne fa, queste sono caratteristiche a priori non criticabili (in quanto componenti di un dato linguaggio formulare). Quello che ci si aspetta è che siano supportate nella pratica da una buona esplorazione, un appropriato level design, un soddisfacente sistema di combattimento, una sicura gestione delle inquadrature e, in ultima istanza, da genio od ingegno in sede di sviluppo. Se non a tutti riesce l'impresa di scalare l'Olimpo dei videogiochi, con le dovute scelte ed attenzioni è possibile raggiungere l'efficienza ed un discreto numero di sostenitori.
Traguardi che, è bene dirlo, nel titolo analizzato non trovano, a differenza del suo prequel, la più totale concretezza.
Sebbene il primissimo impatto audiovisivo con il nuovo Musashi-personaggio comporti la formulazione di qualche serio punto interrogativo da parte dei fruitori (dall'abbigliamento alla capigliatura, dall'anime iniziale alla voce anglosassone affidatagli: il rimpianto per il comprimario del 1998 non tarderà a manifestarsi), l'atmosfera cartoonesca affascina quanto basta.
Il problema sta nell'incostanza con cui quest'ultima è chiamata in causa: ad aree ben definite susseguono infatti altre più povere (di idee e cromie), così come a personaggi ben tratteggiati si contrappongono altri per lo più detestabili. La vera problematica risiede nel fatto che ad essere sottotono sia tanto il luogo deputato ad essere quartier generale (Antheum), quanto, come sopra affermato, Musashi stesso, l'alter-ego di chi, joypad alla mano, è pronto a virtua-sfoderare katana e lame più massicce. La compresenza di due diversi mezzi d'offesa dà vita ad un attacco rapido ed uno più pesante, concedendo anche delle combinazioni e soprattutto delle particolari abilità da apprendere sfruttando taluni nemici.
Non tutto si svolge con giustezza, laddove apprendere tali mosse d'attacco comporta il più delle volte un fastidio ed un insicurezza di fondo. Questo perché sono richiesti numerosi tentativi, tanti colpi subiti e tanto tempo sprecato (nonché poco ripagato). Un approccio più intuitivo avrebbe favorito tutto, dal divertimento all'interesse, dal ritmo alla varietà. Fattori che non di meno avrebbero giovato di valevoli compagni quali sono lo spirito esplorativo ed una decente risoluzione d'enigmi. Il primo termine citato è notevolmente lacunoso, per via di una linearità dominante e di una dose spiacevole di back tracking (basti vedere quanto all'inizio, per un motivo o per un altro, si fa più volte ritorno al Bosco della Sorgente); al secondo invece è stata chiaramente preferita un'inclinazione action, con un'assidua e tediosa apparizione di nemici. Concettualmente interessante (al pari della personalizzazione susseguente la crescita di livello) è invece la cerca degli abitanti di Antheum, imprigionati in particolari sfere bluastre, dispersi per il globo terracqueo e che, una volta sciolti dai ceppi, ottempereranno a preziosi beni e servizi commerciali.
In definitiva rimandiamo come è giusto che sia approfondimenti e giudizi finali, numerici e non, alla futura recensione; ma che Samurai Legend non eguagli per qualità globale il suo diretto predecessore (Brave Fencer Musashi, apparso sulla prima Playstation) lo si può affermare (alla luce di quanto esposto) fin da ora.
Un peccato, viste le speranze riposte a partire dal suo annuncio e considerate le indubbie potenzialità del colosso nipponico responsabile dello sviluppo.
Traguardi che, è bene dirlo, nel titolo analizzato non trovano, a differenza del suo prequel, la più totale concretezza.
Sebbene il primissimo impatto audiovisivo con il nuovo Musashi-personaggio comporti la formulazione di qualche serio punto interrogativo da parte dei fruitori (dall'abbigliamento alla capigliatura, dall'anime iniziale alla voce anglosassone affidatagli: il rimpianto per il comprimario del 1998 non tarderà a manifestarsi), l'atmosfera cartoonesca affascina quanto basta.
Il problema sta nell'incostanza con cui quest'ultima è chiamata in causa: ad aree ben definite susseguono infatti altre più povere (di idee e cromie), così come a personaggi ben tratteggiati si contrappongono altri per lo più detestabili. La vera problematica risiede nel fatto che ad essere sottotono sia tanto il luogo deputato ad essere quartier generale (Antheum), quanto, come sopra affermato, Musashi stesso, l'alter-ego di chi, joypad alla mano, è pronto a virtua-sfoderare katana e lame più massicce. La compresenza di due diversi mezzi d'offesa dà vita ad un attacco rapido ed uno più pesante, concedendo anche delle combinazioni e soprattutto delle particolari abilità da apprendere sfruttando taluni nemici.
Non tutto si svolge con giustezza, laddove apprendere tali mosse d'attacco comporta il più delle volte un fastidio ed un insicurezza di fondo. Questo perché sono richiesti numerosi tentativi, tanti colpi subiti e tanto tempo sprecato (nonché poco ripagato). Un approccio più intuitivo avrebbe favorito tutto, dal divertimento all'interesse, dal ritmo alla varietà. Fattori che non di meno avrebbero giovato di valevoli compagni quali sono lo spirito esplorativo ed una decente risoluzione d'enigmi. Il primo termine citato è notevolmente lacunoso, per via di una linearità dominante e di una dose spiacevole di back tracking (basti vedere quanto all'inizio, per un motivo o per un altro, si fa più volte ritorno al Bosco della Sorgente); al secondo invece è stata chiaramente preferita un'inclinazione action, con un'assidua e tediosa apparizione di nemici. Concettualmente interessante (al pari della personalizzazione susseguente la crescita di livello) è invece la cerca degli abitanti di Antheum, imprigionati in particolari sfere bluastre, dispersi per il globo terracqueo e che, una volta sciolti dai ceppi, ottempereranno a preziosi beni e servizi commerciali.
In definitiva rimandiamo come è giusto che sia approfondimenti e giudizi finali, numerici e non, alla futura recensione; ma che Samurai Legend non eguagli per qualità globale il suo diretto predecessore (Brave Fencer Musashi, apparso sulla prima Playstation) lo si può affermare (alla luce di quanto esposto) fin da ora.
Un peccato, viste le speranze riposte a partire dal suo annuncio e considerate le indubbie potenzialità del colosso nipponico responsabile dello sviluppo.