Project Zero 2: Crimson Butterfly
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La notte, il momento dove meglio si assapora la paura, dove più agevolmente prende forma. Fatal Frame 2 si svolge solo in notturna. Il buio è onnipresente, inframmezzato sporadicamente da flebili fasci di luce che rendono lievemente visibili gli antri dove proseguire, agguantati e avvolti nelle tenebre crepuscolari. Pochissima luce. La paura è tangibile, FF2 ne è la prova lampante. I momenti in cui stare tranquilli equivalgono alle scene diurne in cui l'opera Tecmo si articola: l'inizio. Pochi secondi, poche immagini in una giornata tranquilla e poi il buio più totale. Che il terrore abbia inizio. Ciak, si gira. La parte proemiale, l'intro, è ambigua, difficilmente decifrabile e inquietante. Una serie di flashback rubano la scena alla protagonista Mio, in riva al ruscello con la gemella Mayu. La scena retrospettiva mostra quest'ultima che cadendo si storce una gamba. La regia poi si sofferma su una statua di due sorelle, di cui una decapitata. Uno strano alone di mistero avvolge Mayu, che inspiegabilmente si addentra nel boschetto seguita da una farfalla luccicante di rosso. Il primo pensiero riporta alla mente sensazioni già provate in successi affermati quali "the sixth sense" o "the others", ma la regia gioca bene le sue carte. La telecamera, ottima nel giostrare la situazione e "confondere" il giocatore con alcune inquadrature ad effetto, infittisce il mistero. Le due sorelle, dopo essersi avventurate nel bosco giungono all'interno di un tetro villaggio, all'apparenza disabitato. Tenebre, foschia e silenzio avvolgono le logore abitazioni e quasi le congelano in una dimensione irreale, fuori dal tempo. Ma le due sorelle presto percepiscono di non essere sole, il silenzio viene rotto da rumori spettrali, cigolii di catene, pavimenti scricchiolanti e voci che sembrano provenire dall'oltretomba. Le loro paure più primigenie stanno per materializzarsi...
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Così comincia il film horror interattivo prodotto da Tecmo, portavoce della nuova tendenza videoludica che antepone la forma alla sostanza, e dove l'assistere viene prima del giocare. Le potenzialità espressive del videogioco sono sfruttate al massimo. La regia, complice anche l'ottimo lavoro di sceneggiatura e ambientazione, ha modo di farci provare alcune delle scene più spaventose della storia dei survival horror ed è abile nell'evidenziare tutti i passaggi di gioco e le novità in modo inquietante, attanagliando lo spettatore alla sedia. L'azione, scandita con musiche evocative e passaggi da cardiopalma, ricrea perfettamente l'atmosfera da incubo in cui sono immerse le due protagoniste, complici anche i vari filmati che spezzettano l'azione di gioco. Ne scaturisce un immenso film horror interattivo, che gioca le sue carte su una storia di fantasmi che non risparmia morti truculente o immagini spaventose, con le solite trovate da far balzare dalla sedia e la suspense in continuo crescendo.
Il terrore che FF2 incute allo spettatore, derivante dalle trovate tipiche del filone horror, è accresciuto anche da altri fattori. Lo stile pienamente giapponese aiuta. Lo spettatore occidentale non è abituato a questa tipologia di horror, espressa su video seguendo gli elementi tipici del filone, ma poggiando le basi su una storyboard dagli occhi a mandorla che potrebbe far tornare alla mente pellicole quali Ringu o The eye. In questo senso giocano un ruolo fondamentale i veloci filmati di intermezzo, sapientemente realizzati in bianco e nero in simil pellicola da 8mm e tutt'altro che avari di sequenze da far accapponare la pelle. Gli stereotipi della categoria sono qua tutti riproposti: magione infestata di spettri, oscure presenze, mancanza dell'eroe dei due mondi, assenza di armi con cui sfidare i nemici e una protagonista in cui riporre poca fiducia. Tutti i canoni sono seguiti alla lettera, ma quel che colpisce è l'insieme, il senso di paura, angoscia e terrore che diventa palpabile. Non è poco, e questa è la carta vincente di Fatal Frame 2: immedesimazione. "Totale" aggiungerei. Proseguire nel gioco nei panni della povera protagonista, vedere gli antri bui del villaggio filtrati attraverso i suoi occhi, donano un senso di paura che non regala sconti a nessuno, nemmeno allo spettatore agnostico.
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