Resident Evil 5
di
La familiarità dell'azione passa per il ritorno di quel pacchetto di idee apprezzate circa quattro anni fa su Gamecube: le mosse di mischia attivabili accorciando le distanze dopo spari ben mirati, le interazioni contestuali, gli armadi con cui barricare porte e finestre, le casse fracassabili contenenti item e munizioni, i tentacoli sprigionati dai corpi decapitati, il folle incappucciato che brandisce la motosega e ammazza in un sol colpo, gli enormi boss di fine livello traditi da punti deboli ingenuamente esposti, la compravendita o potenziamento delle armi (stavolta niente enigmatico venditore, apparentemente sostituito da normali schermate) e così via, insieme a tutta una nutrita serie di “situazioni tipo” rimaste invariate. Invariata appare la stessa alternanza dei ritmi, con il livello Assembly a fungere da zona d'assedio, alla maniera del celebre villaggio dei ganados, per poi lasciare spazio ad un andamento più lineare e progressivo; tradendo una lieve flessione verso gli shooter più puri in voga oggigiorno, lo sporadico abuso di bidoni eplosivi ed il cliché della “postazione in torretta” non sono indice di grossa inventiva, ma svolgono il loro compito rituale.
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Il nodo cruciale per cui potrebbe passare l'identità individuale di Resident Evil 5 diventa così riconducibile al multiplayer, dal potenziale tale che l'esperienza portata avanti in singolo può più propriamente descriversi come una cooperativa “di ripiego” al fianco di un bot guidato dalla CPU. Come risultato del bilanciamento tra l'autosufficienza e la necessità di non costituire un intralcio né rubare la scena, Sheva Alomar segue routine comportamentali lineari e sintetiche, tendendo a rimanere di fianco o subito alle spalle di Chris, a spendere proiettili con certa parsimonia e a prestare soccorso puntuale non appena si ricevono danni significativi; la percezione é che non siamo poi così distanti da quanto visto in un Resident Evil 0. Se i margini di manovra non si fanno troppo angusti, l'IA può dirsi tutto sommato funzionale, in virtù del suo essere conservativa; la sua scarsa intraprendenza si fa però sentire quando si scoprirà il grattacapo di affidarle anche solo l'attivazione di una leva, o quando un colpo d'ascia schivato per un pelo con un rapido dietro front finirà per impattare sul cranio della compagna rimasta solerte a traino.
Siamo lontani dalle performance di squadra messe in campo da un secondo giocatore, il cui contributo in termini di sfruttamento degli spazi, copertura e volume di fuoco apre nuove e più gratificanti soluzioni di gioco, al prezzo di qualche chance di sopravvivenza in meno quando ci si allontana troppo l'uno dall'altro; il divertimento che si trae dal doppio, anche in split-screen locale, é più notevole di quel che si potrebbe pensare senza provare di persona e non compromette la tensione dei momenti più spinosi.
Dulcis in fundo, la questione dei controlli e dell'interfaccia; metabolizzati i ritocchi alla configurazione originale, tutt'altro che snellenti poiché vedono i medesimi comandi di un tempo distribuiti tra due analogici e qualche pulsante in più, ci si dovrebbe accorgere che questo, per scelta discutibile ma ponderata, é ancora una volta Resident Evil; l'implementazione del famigerato "run&gun", a fronte di una formula per il resto intoccata, avrebbe potuto incrinare equilibri conservatori ma consolidati. L'uso sistematico del quick turn e della selezione rapida delle armi, insieme alla velocità di puntamento settata al massimo dalle opzioni, portano con un minimo d'abitudine a non soffrire più di tanto le limitazioni motorie; lo stesso menu in real-time, così rischioso e poco pratico da richiamare in medias res, se ben organizzato preventivamente, durante la quiete che precede le battaglie, cessa di rappresentare un grattacapo: vale la pena assecondare l'esperienza nella sua natura per trarne le maggiori soddisfazioni.
Il nodo cruciale per cui potrebbe passare l'identità individuale di Resident Evil 5 diventa così riconducibile al multiplayer, dal potenziale tale che l'esperienza portata avanti in singolo può più propriamente descriversi come una cooperativa “di ripiego” al fianco di un bot guidato dalla CPU. Come risultato del bilanciamento tra l'autosufficienza e la necessità di non costituire un intralcio né rubare la scena, Sheva Alomar segue routine comportamentali lineari e sintetiche, tendendo a rimanere di fianco o subito alle spalle di Chris, a spendere proiettili con certa parsimonia e a prestare soccorso puntuale non appena si ricevono danni significativi; la percezione é che non siamo poi così distanti da quanto visto in un Resident Evil 0. Se i margini di manovra non si fanno troppo angusti, l'IA può dirsi tutto sommato funzionale, in virtù del suo essere conservativa; la sua scarsa intraprendenza si fa però sentire quando si scoprirà il grattacapo di affidarle anche solo l'attivazione di una leva, o quando un colpo d'ascia schivato per un pelo con un rapido dietro front finirà per impattare sul cranio della compagna rimasta solerte a traino.
Siamo lontani dalle performance di squadra messe in campo da un secondo giocatore, il cui contributo in termini di sfruttamento degli spazi, copertura e volume di fuoco apre nuove e più gratificanti soluzioni di gioco, al prezzo di qualche chance di sopravvivenza in meno quando ci si allontana troppo l'uno dall'altro; il divertimento che si trae dal doppio, anche in split-screen locale, é più notevole di quel che si potrebbe pensare senza provare di persona e non compromette la tensione dei momenti più spinosi.
Dulcis in fundo, la questione dei controlli e dell'interfaccia; metabolizzati i ritocchi alla configurazione originale, tutt'altro che snellenti poiché vedono i medesimi comandi di un tempo distribuiti tra due analogici e qualche pulsante in più, ci si dovrebbe accorgere che questo, per scelta discutibile ma ponderata, é ancora una volta Resident Evil; l'implementazione del famigerato "run&gun", a fronte di una formula per il resto intoccata, avrebbe potuto incrinare equilibri conservatori ma consolidati. L'uso sistematico del quick turn e della selezione rapida delle armi, insieme alla velocità di puntamento settata al massimo dalle opzioni, portano con un minimo d'abitudine a non soffrire più di tanto le limitazioni motorie; lo stesso menu in real-time, così rischioso e poco pratico da richiamare in medias res, se ben organizzato preventivamente, durante la quiete che precede le battaglie, cessa di rappresentare un grattacapo: vale la pena assecondare l'esperienza nella sua natura per trarne le maggiori soddisfazioni.