Shadow of the Colossus

di Antonio Norfo
Per alcuni Ico altro non è che il miglior titolo presente sulle oltremodo vaste ludoteche Playstation 2 e, estendendo il concetto, esso rappresenta per gli stessi una delle più alte opere del medium (generazionali e di sempre). In quegli alcuni, Gamesurf si riconosce. Inutile pertanto dire quanto sia atteso, dalla redazione come ovunque, Shadow of the Colossus. Non un seguito, ma il proseguimento del cammino interattivo tracciato dall'ottimo Ueda Fuito; non un'avventura qualunque, ma un gioco costellato di trovate innovative e vantante un contorno estetico fra i più encomiabili degli ultimi lustri. Architetture sviluppate in altezza, immense terre proiettate da menti che sanno quanto possa stimolare l'esplorazione. Nelle prime si articoleranno i puzzle basati sull'interazione con l'ambiente, per mezzo di scalate ed arrampicate, ma probabilmente anche tramite lo spostamento di casse che in Ico riusciva a raggirare abilmente quella monotonia con cui altre softco propongono le medesime. Nelle seconde, a cavallo d'uno scuro destriero basterà dare libertà ai propri desideri ed esplorare anche solo per contemplare quegli stralci di natura simulata degni delle migliori ambientazioni fantastiche. In secondo luogo, servendosi della spada e seguendo la luce da essa riflessa, si potrà trovare la via, e con essa l'obbiettivo, per la quale il codice ci indirizzerà di volta in volta.


Punti d'incontro fra una ed altra ambientazione (non mancano ovviamente eventuali commistioni fra luoghi aperti ed altri chiusi) saranno invero tanto il Tempio, specie per questioni narrative, quanto i colossi da fronteggiare. Secondo Kyle Shubel (producer della sezione americana di SCE) i "giganti, in tutto sedici, sono il gioco" ed infatti rappresentano, vette artistiche eccettuate, l'autentica unicità del progetto Sony: dove apprendere i pattern e risolvere gli enigmi si fondono in un tutt'uno.
Costantemente in movimento, composti a metà strada fra materia eterea e terrena, essi sembrano non curarsi dell'esile figura che tenta di scalarli talvolta scalciando, talaltra equilibrandosi e trovando sicurezza nella sua lama (usata occasionalmente anche come picchetto). Quella figura che poi è il personaggio principale e che brama null'altro che la salvezza della sua cara la quale giace -inerme, come morta e non senza mistero- sull'abside del Tempio, punto d'avvio e chissà d'approdo delle vicissitudini narrate dal titolo ora in analisi. Considerata l'importanza e la finezza della trama del predecessore, non desta scalpore che i componenti del team ad essa dedicata abbiano finora adottato una strategia del silenzio. Supposizioni e vagheggiamenti ci accompagneranno così fino all'agognata uscita (prevista in quel degli Stati Uniti per il mese di settembre).
Ed il silenzio contraddistingue "Shadow of the Colossus" al pari di quanto appena descritto, confermando quanto questa sia la trasposizione del sublime al mondo dei videogiochi.


Non fu del resto Pseudo-Longino, l'anonimo del III secolo avanti Cristo, a dire che le pause, il silenzio sono espressioni di sublimità?
Oggigiorno rinunciare ai dialoghi è una scelta che gli utenti dei forum reputano anacronistica, ma guarda caso alcune delle personalità più radicate del medium sono proprio taciturne (Serge di Chrono Cross e Link di The legend of Zelda, per tacere di tanti altri). Che poi la vena musicale, la perizia tecnica e la riproduzione di fonti sonore ambientali invasi i compositori è un dato di fatto, sia del passato (Ico ne era ed è maestro), sia dell'imminente futuro. Le tracce che accompagnano il materiale rilasciato all'E3 sono del resto fuori d'ogni dubbio coinvolgenti, con arpe, cori ed archi ad interpretare calzanti pentagrammi, con nitriti del cavallo e con il soffio del vento a ritmare azione e la riflessione. Speriamo allora di poter porgere al più presto mani, occhi ed orecchi sull'ombra del gigante; un ombra che se confermerà quanto promette, oscurerà (se non in vendite quantomeno per gloria) gran parte dei suoi antagonisti sul mercato.