Slave Zero X, reinventare una saga dimenticata – Anteprima PC

L’anteprima di Slave Zero X, prequel dello Slave Zero uscito nel ‘99 su PC e Dreamcast, un hack and slash 2D che abbandona la frenetica formula TPS dell’originale

di Jacopo Retrosi

Sono entrato in contatto con Slave Zero X per puro caso, mentre scandagliavo il web in cerca di novità da condividere, neanche sapevo dell’esistenza di Slave Zero, il prequel targato 1999, e potete immaginare la mia sorpresa dopo aver scoperto che dietro le origini del franchise c’erano nientemeno che gli autori di Bubsy 3D (Accolade all’epoca era stata acquistata e rinominata in Infogrames North America). 

Detto questo, i rabbiosi artwork che capeggiano sulla pagina di Steam sono veramente fighi, l’azione 2D in primo piano unita ai fondali 3D in stile fine anni ‘90 non sembrano affatto male, e parliamo di un frenetico action a scorrimento radicato in un setting cyberpunk (o biopunk, nello specifico) concepito per ospitare uno sparatutto in chiave mecha... Non vedo un singolo motivo per cui non dare una chance alla demo, realizzata da Poppy Works e Ziggurat.

Slave Zero X viene presentato come il connubio tra un beat’em up e un picchiaduro, indirizzato ai fan di Devil May Cry, Strider e Guilty Gear, una descrizione che devo dire calza a pennello: le movenze del giocatore sono rapide ma misurate, ogni mossa a sua disposizione vanta una nicchia ben precisa, tra fendenti, calci e fruste tentacolari dal terreno, con movenze, animazioni di apertura e chiusura che possono lasciare vulnerabili se usate a sproposito, ma al tempo stesso aprono il sipario ad una serie di scenografiche combo a cui abbinare salti e scatti per lasciare i nemici in panne, almeno finché non gli viene dato respiro oppure non toccano terra, come nel più tradizionale dei picchiaduro. 

Eccezion fatta per i boss di fine livello però raramente ci troveremo contro un singolo avversario, anzi saremo regolarmente assaltati da ambo i lati dello schermo da più sgherri, e qui emerge l’abilità del giocatore nel riuscire a “palleggiarne” il più possibile senza esporre il fianco ai nuovi arrivati. I controlli per fortuna sono puntuali e reattivi, consentendo di apprendere in fretta i rudimenti (padroneggiarli è tutto un altro paio di maniche) e divertirsi sin dalle prime schermate.

Le opzioni possono sembrare limitate ad un primo sguardo e il titolo non si prende la briga di introdurre le varie meccaniche (possiamo solo “dedurle” dalla mappa dei comandi o nella "Training Room”), ma non appena si prende confidenza con indicatori e tempistiche si scopre un sistema di combattimento ricco di sfaccettature, e data la presenza di negozi durante gli intermezzi (l’unico presente nella demo purtroppo era disabilitato) ipotizziamo inoltre la possibilità di sbloccare ulteriori mosse o potenziamenti, magari utilizzando i punti ottenuti dalle valutazioni dopo ogni scontro. 

Affettare orde di nemici è uno spasso e il feedback dei colpi è eccellente; ho solo qualche perplessità sulle “svolte” nei livelli, che pur valorizzando la tridimensionalità degli ambienti senza snaturare la formula a scorrimento tendono a falsare le distanze dai bersagli se non si presta attenzione. Ho poi notato una certa difficoltà nel tirarsi fuori d’impaccio quando due o più nemici riescono a spingerci nell’angolo; vero, è possibile stordire gli aggressori con un Force Break alla Guilty Gear, ma il tempo di recupero dell’abilità è piuttosto lungo, e senza non pare esserci verso di svicolare via (parco mosse ancora incompleto? Skill issue? Non saprei NdR).


Lasciarci le penne e riprovare con le conoscenze acquisite non è affatto una cattiva idea, peccato che in Slave Zero X si possa ripartire solamente dall’ultimo checkpoint e la loro frequenza sia un po' scostante; molto gentile da parte del gioco salvare subito prima del boss del secondo livello, in modo da agevolare la memorizzazione dei pattern e rendere l’esperienza avvincente al punto giusto (avrei però parcheggiato una barra vita in giro o lanciato dei segnali per lasciar intendere la salute residua), meno non prevedere alcuna pausa durante la maratona sull’ascensore del terzo livello; soluzione voluta per aggiungere pepe alla conclusione della demo?

Ad ogni modo, i tre livelli proposti si possono portare a termine in una mezz’oretta, anche meno se siete avvezzi al genere. Verso la fine si è cominciata a sentire una certa mancanza di varietà, essendo bloccati in chissà quali lugubri bassifondi della Megacittà, ma dai trailer e dalle clip su Steam si possono scorgere colori e compagnia extra.

E a tal proposito, non possiamo che elogiare la realizzazione tecnica del titolo Poppy Works: generosi sprite pieni di dettagli si stagliano su fondali low-poly volutamente grezzi ma di grande atmosfera e con un’illuminazione niente male; l’azione è sempre leggibile e i modelli facilmente riconoscibili grazie ad animazioni imponenti ed effetti visivi sgargianti. 

Il tutto cucito intorno a un’incalzante colonna sonora industrial dal piglio elettronico e design che strizzano l’occhio ai bozzetti originali di Slave Zero, rafforzando le tematiche “biopunk", dalla mostruosa armatura cremisi del protagonista alle unità nemiche, a cavallo tra un mobile suit e i soldati di Jin-Roh, con ossa e viscere che schizzano in ogni dove. Notevole, davvero notevole.