Soulbringer
di
Redazione
La trama non può definirsi originale (i demoni che s'impossessano dei corpi dei reggenti é un archetipo della letteratura fantastica, a partire dall'antica mitologia: nel recente gioco The nomad soul, la trama é molto simile); tuttavia la carta vincente di Soulbringer (il nome esplica la missione da compiere) sono le ambientazioni, ovvero come viene vissuta dal giocatore la trama. In ogni passaggio é palpabile l'oscura presenza dei demoni, lo stato di crisi sociale; la situazione é inquietante e invasiva anche per la discreta libertà che viene concessa al giocatore, pari quasi a quella di Fallout. Prima di tutto il personaggio non inizia come un eroe la cui missione é già data in partenza: é solo un giovane il cui padre é morto e che deve raggiungere lo zio. In meno di un'ora di gioco potrà essere raggiunto e da lui si apprenderanno i rudimenti della magia. Solo gradualmente verremo chiamati a missioni più ardue e di maggiore importanza per il mondo: questo permette l'immedesimazione e un senso iniziale di libertà, in quanto si parte come persone normali e si diventa eroi, man mano che accettiamo missioni sempre più complesse e saliamo di livello, tramite i punti esperienza accumulati con i combattimenti e le risoluzioni di sotto-quest. Queste pure accrescono la sensazione di libertà: esse non sono mere deviazioni dalla storia principale, ma storie a tutti gli effetti, a volte complesse e integrate con l'ambientazione. Per fare un esempio, appena sbarcati dal ferry boat per cercare nostro zio, all'inizio del gioco, potremo uccidere il brigante fuori casa del traghettatore per ottenere da lui una runa che ci servirà più avanti; cammineremo per vie infestate da briganti e, uccidendo alcuni di loro, troveremo strani messaggi nei loro bagagli, da parte di un capo che invita a cercare più lavoratori. Uccidere briganti all'inizio é davvero difficile e ci troveremo spesso a fuggire, come un comune viandante: sarà maggiore la soddisfazione quando potremo eliminarli. Ben presto, troveremo lo zio che ci obbligherà a lavorare per continuare a vivere da lui: andando in città potremo svolgere vari lavori-quest, tra cui uccidere il capo dei briganti e scoprire il motivo della scomparsa di tanti contadini. Allora, collegheremo le cose e ci ricorderemo dei messaggi trovati prima sui corpi dei briganti: questi catturano contadini per usarli nelle loro miniere a mo' di schiavi. Ecco quindi come le sottoquest sono integrate con il mondo e vi permettono di cambiare la realtà che vi circonda: liberando le strade dai briganti che prima infastidivano pure il vostro personaggio, la situazione cambierà in modo evidente. E così via: la sensazione di libertà, dopo poche ore di gioco, é sempre più avvertibile, insieme a quella di poter "cambiare" il mondo intorno. Credo che il gioco più confrontabile a SB sia Fallout, per la libertà di movimento e la crudezza dei temi e delle scene, mai idealizzate o stemperate. Comunque, non ci é sembrato fosse possibile, a differenza di Fallout, prendere posizioni moralmente diverse nelle sottoquest (come per esempio allearsi con i briganti); non si é vincolati da uno scorrere lineare degli eventi, ma comunque per andare avanti sembra che si debba necessariamente "fare i buoni". Inoltre, i giocatori potrebbero sentire la mancanza di un sistema elaborato di skill (come appunto quello di Fallout), che nella versione da noi provata era ancora molto scarno