The Evil Within 2
Basterà la presenza di Shinji Mikami come producer per rendere The Evil Within II un titolo degno del precedessore?
Questo era il dubbio che attanagliava la nostra testa man mano che il nostro hands on con il titolo si avvicinava, durante una breve ma intensa trasferta londinese. Come sicuramente ricorderete (qui la recensione del primo capitolo a cura del nostro boss Luca Gambino) The Evil Within era un survival horror tutt’altro che perfetto, ma in grado di trasmettere carattere e personalità, senza dimenticare che la presenza di un personaggio carismatico e di una storia intrigante arricchivano tutto il contesto ludico.
La bravura di Tango Gameworks è stata quella di mantenere una struttura credibile e che fosse in grado di offrire un senso di continuata al titolo, ma senza lesinare nell’approccio a nuovi elementi ludici che, prova alla mano, ci hanno decisamente incuriosito e convinto.
Un survival semi aperto
Proprio nell’apertura dell’area di gioco sta la grande novità della serie. Facciamo però un passo indietro.
Il gioco è ambientato, più o meno, poco dopo la fine del primo The Evil Within. Il protagonista è ancora una volta Sebastian Castellanos, e la Stem è ancora ben inserita all'interno della storia. Cambierà però la missione del nostro protagonista, questa volta impegnato a salvare sua figlia Lily.
Questo è almeno quello che siamo riusciti a captare dalla prova del capitolo due e tre del gioco. La prima sezione giocata fungeva sostanzialmente da tutorial. Un'area molto chiusa e lineare, che ci ha rivelato una struttura ludica praticamente uguale a quella del capitolo precedente. Molto diverso è stato invece l’impatto con il capitolo tre, che ci ha messo davanti agli occhi la grande novità di questo capitolo: grandi ambienti di gioco completamente esplorabili.
The Evil Within II offre infatti una serie di location piuttosto massicce, liberamente esplorabili in lungo ed in largo. Questo, ovviamente, non vuol dire che non vedremo zone più contenute e lineari, ma al contrario possiamo esultare per una varietà che farà sicuramente piacere ai fan del primo gioco.
Diciamo questo perché l'area di Union (cittadina/location che abbiamo esplorato nella demo) ci ha regalato davvero piacevoli sensazioni; questo perché gli sviluppatori, nonostante una zona piuttosto vasta da coprire, e quindi potenzialmente meno incline a trasmettere un senso di minaccia e paura, sono comunque riusciti a mantenere piuttosto alta la tensione farcendo con un sacco di roba la cittadina.
Merito di una distribuzione di elementi chiave (e non) all'interno di tantissimi edifici e luoghi facilmente esplorabili. Ecco quindi che entrare in una villetta apparentemente abbandonata farà partire una side quest con tanto di jump scare, oppure, mentre cercherete oggetto sotto il relitto di una macchina arriverà uno zombie dal nulla a farvi compagnia. Due esempi di un sistema che spinge il giocatore non solo ad esplorare, ma a restare sempre sul “chi va là”.
E qui si collega il secondo elemento del gioco che più mi ha convinto: i nemici. Rispetto al primo capitolo gli zombie sono più veloci, reattivi, in grado di nascondersi e tendere agguati in gruppo. Proprio per questo motivo l’elemento stealth è ancora più importante in termini di sopravvivenza, a cui si associa la crescita del personaggio che avverrà attraverso le abilità che potranno essere sbloccate spendendo l’ormai famosa gelatina verde presente anche nel primo capitolo.
Non è tutto ovviamente. Le aree aperte hanno permesso agli sviluppatori di lavorare anche sui contenuti, offrendo al nostro eroe la possibilità di racimolare oggetti, collezionabili e molto altro ancora. Il tutto potrà essere comodamente gestito all’interno delle safe house, location indisturbate dove potremo recuperare energia, potenziare le armi sul tavolo da lavoro e altro ancora.
Per coloro che avevano apprezzato le zone più lineari del primo capitolo, è bene sottolineare ancora una volta che anche in questo capitolo non mancheranno situazioni di questo genere. In particolare momenti che ci portano all’approccio di un boss, piuttosto che nell’esplorazione di interni.
Nella demo da noi provata mancavano all’appello alcuni elementi chiave, come ad esempio la risoluzione di enigmi; questi però non dovrebbero essere assenti nella versione finale del gioco che vedrà la luce ad ottobre.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Siamo stati in compagnia di The Evil Within II per un’oretta abbondante, un tempo sufficiente per capire quello che vi abbiamo raccontato poche righe sopra, e per notare un passo avanti sotto l’aspetto puramente tecnico.
Illuminazione e dettaglio dell’ambiente sono già molto convincenti, mentre bisogna lavorare ancora un pochino sulle animazioni facciali e sui movimenti di alcuni modelli poligonali. Niente che non può essere sistemato - o limitato - in tempo per l’uscita nei negozi. Chiave di volta dell’esperienza è infine il comparto sonoro: ficcante e determinate nel creare quella sensazione di tensione perenne.
Nel complesso l’ambiente risulta ancora una volta fitto di misteri, disturbato e disturbante, con guizzi di genialità intriganti e una direzione verso il gore e il macabro che non mancherà di saziare i fan dell’horror più spinto.
Trattandosi di un surival, la scelta della difficoltà andrà infine a determinare in modo massiccio la qualità dell’esperienza. Nella build da noi provata erano presenti tre livelli: facile, normale e nightmare. Quest’ultimo è ovviamente rivolto a coloro che cercano l’esperienza più estrema, quasi punitiva. Scegliendo questa opzione il gioco subisce una forte impennata e la mancanza di munizioni, unite alla vita che cala in maniera drastica ad ogni colpo subito, sono elementi che porteranno sicuramente il giocatore a studiare ogni singola mossa, centellinando le armi da fuoco solamente per le situazione più concitate. Momenti davvero estremi, ma anche i più appaganti e ricchi di tensione.