Dishonored e la violenza nei videogames

di Luca Gambino

"Alla luce dei recenti fatti di violenza che hanno investito gli Stati Uniti e i successivi discorsi anti-game, penso sia doveroso non fermarsi alla semplice reazione che ci spinge a pensare che i giochi non siano parte del problema. Anche se personalmente non penso sia effettivamente così, penso sia il caso di fermarsi un attimo e fare il punto della situazione."

Questa volta a parlare é proprio uno sviluppatore: Joe Houston, uno che con il suo Dishonored non si é certo risparmiato dal rappresentare situazioni di estrema violenza. Redenzione? Forse.

"Troppo spesso pensiamo a quanto potremmo perdere in termini di utenza se affrontassimo questo tipo di discorso, restando accecati dalla paura della censura. Il risultato é l'appiattimento della creatività, per cercare di trovare altre soluzioni allo stesso tipo di situazione."

"Non penso che la violenza nei videogames generi violenza nel mondo reale, però penso anche che si faccia davvero poco per impedirlo. Ci sono giochi di cattivo gusto che potrebbe davvero fare molto di più per costringere il giocatore a pensare a quello che stanno facendo sullo schermo."

Houston pone l'accento sull'atteggiamento dello stato tedesco, che ha consentito il rilascio sul mercato di una versione non censurata di Dishonored perché Arkane e Bethesda hanno dimostrato che la scelta di uccidere o non uccidere é in mano al giocatore.

"La scelta di usare o meno la violenza dipende dal giocatore, ma questo non cambia niente nei contenuti all'interno del gioco. Semplicemente si mette di fronte il giocatore alle proprie responsabilità, mettendo la violenza sotto una luce che lo spinge a riflettere sulle proprie azioni."