I videogiochi nello studio del cervello
Pensavamo che giocare coi videogiochi su console HD collegate ad un TV 14" seduti sul bordo di un letto disfatto fosse una condizione estrema... cosa deve dire allora Matt Richtel, giornalista de The New York Times, il quale ha dovuto sottoporsi a una sessione di gioco con il corpo infilato in un apprecchio per la Risonanza Magnetica da 3 milioni di Dollari? Semplice: era un esperimento.
Il cervello, come spesso si recita, é l'organo più studiato e contemporaneamente meno conosciuto del corpo umano. L'Università della California, nella fattispecie, sta studiando il comportamente della mente quando sottoposta a più sollecitazioni contemporaneamente, quello che in termine termine tecnico viene definito "Multitasking" - termine usato anche in Informatica, d'altronde.
Studi passati hanno infatti contribuito a stabilire con un'accettabile approssimazione quali zone del cervello siano preposte alla vista, al movimento degli arti, all'udito, alla parola e così via, ma cosa succede quando queste aree vengono utilizzate in simultanea? Come si comporta il nostro cervello quando guidiamo un'automobile e nel contempo parliamo al cellulare e ascoltiamo le indicazioni del GPS? In generale, qual é il comportamento del cervello quando si presentano delle distrazioni?
L'esperimento, ormai l'avrete capito, mirava a monitorare tramite l'apparecchio M.R.I. il comportamento del cervello di Matt Richtel mentre questo era impegnato in una simulazione di guida (quindi in un videogioco). Mentre Matt pilotava il suo veicolo su un percorso, alcuni ostacoli si materializzavano sulla sua strada: a seconda della fase dell'esperimento, i ricercatori chiedevano a Matt di ignorare gli ostacoli e concentrarsi solo sulla guida, oppure di tenerne conto e tentare di evitarli.
La ricerca, condotta dal Dr. Adam Gazzaley, é comunque, manco a dirlo, ad uno stato estremamente sperimentale. Il fatto di "scomporre" semplicemente il cervello in aree distinte ciascuna preposta ad una singola attività sembra non essere sufficiente come in passato si credeva, ed é un dato di fatto che l'organo debba in qualche modo frazionare il suo tempo e le sue risorse (sangue e neuroni) in modo da soddisfare nella maniera più efficiente le sollecitazioni subite. Torniamo così al concetto di Multitasking esattamente come é in Informatica, quando il processore di un computer deve spartire i suoi cicli di clock tra le varie istruzioni da computare.
Le domande che si pongono adesso gli scienziati riguardano la possibilità di allenare e migliorare la capacità di multitasking del cervello, in un certo senso aumentando il concetto astratto di "attenzione". A questo proposito é interessante la ricerca gemella dell'università dell'Utah che ha studiato le risposte neuronali dei piloti di caccia supersonici, definiti "supertasker" per la loro straordinaria abilità, evidentemente figlia dell'esperienza e dell'addestramento, di reagire a sollecitazioni differenti.
I risultati sono comunque ancora molto embrionali: le uniche cose certe sono che la capacità di multitasking del cervello comincia a calare intorno ai trent'anni, il calo accelera intorno ai quaranta e poi via via con l'età; già intorno ai vent'anni, inoltre, questa é molto faticosa e richiede all'organo uno sforzo notevole se protratta nel tempo.
Forse non ci voleva lo studio universitario per dirci che é bene non guidare col cellulare in mano o che é meno faticoso studiare con lo stereo spento, ma d'altronde anche Newton non ha detto niente di nuovo al mondo quando ha dichiarato che le mele cadevano dagli alberi: ora si tratta di capire "perché" succede...