La realtà è programmata male

Per noi del settore parlare di videogiochi é diventato argomento di tutti i giorni, così come per tutti gli appassionati come voi che ci seguono. Ci informiamo, ci confrontiamo, (troppo) spesso litighiamo, conserviamo e spendiamo i nostri soldi, a volte con consapevolezza, altre volte col brivido del rischio, collezioniamo, vendiamo e barattiamo. E naturalmente, giochiamo.


Ma chi é il videogiocatore “visto da fuori”? Se lo chiede Jane McGonical nel suo libro “Reality is Broken” (La Realtà é Rotta) esaminando con occhio attento e onesto il popolo dei videogiocatori, composto da membri di età molto varia, circa dai nove ai cinquant’anni. Per prima cosa, la McGonical stabilisce con chiarezza che non sono degli emarginati, contrariamente a quanto la maggior parte dei media cercano di inculcare nella mente dei benpensanti: il videogiocatore classico va a scuola, all’università, al lavoro, ha una famiglia, degli amici e dei figli, paga le tasse, rispetta la legge ed é un membro attivo della società. Il Videogiocatore é una persona normale che cerca nel videogioco qualcosa di diverso dalla normalità: emozioni che non potrà mai vivere, soddisfazioni personali o semplicemente un po’ di relax.


Inoltre, il videogioco offre un mondo ottimizzato, specificato, circoscritto e perfetto. Nel videogioco non avviene mai niente che i programmatori non abbiano previsto (ovviamente, se i programmatori hanno svolto bene il loro lavoro, ma per criticarli bastiamo noi del settore). Il giocatore prova diversi titoli e sceglie di proseguire l’esperienza in quello che più lo aggrada, nella realtà in cui meglio si ritrova, nella quale riesce ad esprimere sé stesso e nella quale é stimolato a migliorarsi.


La realtà, rispetto ai videogiochi, secondo la McGonical é programmata male, da cui il titolo del libro: é “rotta”. La realtà non consente alle persone di esprimersi come vorrebbero, non permette di mettere in gioco tutte le nostre capacità e non ci spinge a migliorare e a proseguire. La realtà, dice l’autrice, non é fatta per renderci felici.


Questa discrepanza tra realtà “reale” e realtà “virtuale” é spesso ragione di contrasti. Da un lato ci sono le grandi industrie informatiche che fanno a gara per creare mondi sempre più vasti e vari tramite cui “evadere” dalla realtà, dall’altra movimenti di pensiero che osteggiano la realtà dei videogiochi, chiedendo un maggior livello di controllo, di “separazione”, e quindi un minore realismo, per evitare di “influenzare le masse”. Addirittura, abbiamo assistito a proposte di legge, negli Stati Uniti, che prevedono l’aumento smisurato delle tasse sui videogiochi, in modo da considerarli beni di lusso e levarli così dalle mani dei più giovani.


L’autrice propone di risolvere la diatriba facendo il lavoro inverso: anziché “allontanare i videogiochi dal mondo”, propone di portare nel mondo, reale e imperfetto, la filosofia e le possibilità dei videogiochi, virtuali e perfetti. In sostanza, il pensiero della McGonical é quello di vivere la vita come se fosse un videogioco: affrontare i problemi con lo spirito del videogiocatore, programmare le nostre comunità e i nostri affari come se fossimo dei game-designers, cercare di risolvere i problemi dell’umanità come farebbe un teorico del gioco.


Utopia? L’autrice stessa definisce il proprio pensiero “una crociata”, ma porta sul piatto la sua esperienza decennale a contatto con gli sviluppatori di giochi, e esalta il loro modo di vivere, di organizzare il lavoro e di rispettare gli obiettivi prefissati. Secondo lei dovremmo imparare (ed insegnare) a vedere qualsiasi cosa come un gioco, ad avere il gusto del gioco e dell’obiettivo, quindi della vittoria, quindi della soddisfazione, o perlomeno della sfida e del divertimento – ovviamente con la sportività in caso di sconfitta.


La McGonical sogna un mondo in cui tutti quanti progettino con l’idea del gioco e del piacere che da questo ne deriva: scuole, famiglie, industrie, compagnie, politici, nazioni e il mondo intero che collabora per realizzare un bellissimo gioco e si diverte nel farlo e nel giocarlo.


La sua idea per ora trova posto solo nel suo libro, acquistabile – purtroppo a quanto ne sappiamo solo in Inglese – tramite la catena Amazon. Ma chissà che un domani questa filosofia non prenda piede...


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