Unity sta già tornando sui suoi passi

Vacillano i folli balzelli che Unity vorrebbe imporre agli sviluppatori

di Davide Tognon

La decisione di Unity, monetizzare sulle installazioni dei videogame che fanno uso del motore grafico della casa, ci ha lasciato perplessi per una valanga di buone ragioni. A quanto pare, la compagnia informatica americana si sta rendendo conto con colpevole ritardo di quanto assurde siano le sue pretese e a poche ore dall'annuncio ufficiale sta già correggendo il tiro. Un portavoce della compagnia ha accennato ad Axios alcuni cambiamenti rispetto al piano originale.

In primis, il nodo delle installazioni multiple. La nuova tariffa, per come era stata concepita, prevedeva che lo sviluppatore dovesse pagare una quota per ogni installazione del gioco. Specifichiamo, per ogni singola installazione: quindi, se un solo utente avesse installato/disinstallato un videogame 100 volte, Unity avrebbe preteso 100 quote. Questo punto è stato riveduto: adesso verrà monetizzata solo la prima installazione. Tuttavia, ogni installazione su un dispositivo diverso verrà conteggiata, anche se fatta sempre dallo stesso utente.

Un'altra questione delicata è quella di demo, versioni beta, early access ecc... Sembra assurdo, ma Unity era intenzionata a monetizzare su tutte le versioni del gioco, anche quelle gratuite dimostrative. A quanto pare, anche su questo punto c'è stato un dietrofront e il pericolo che venga preteso un balzello per le demo dovrebbe essere scongiurato. Resta da capire cosa succederà per le versioni alpha, beta e affini...

Passiamo ai servizi in abbonamento, perché se fino ad ora il discorso è stato assurdo, qui ci spingiamo oltre l'assurdo. C'è chi pubblica il proprio videogame su Game Pass e giustamente si è preoccupato, perché se i 25 milioni e passa di utenti del servizio scaricano tutti il gioco e Unity pretende una quota per ogni download, la situazione diventa nerissima. A quanto pare, però, in questo caso Unity non chiederebbe i soldi allo sviluppatore, ma a chi lo distribuisce: nel caso di Game Pass, parliamo dunque di Microsoft!

Anche con queste correzioni, le pretese di Unity ci sembrano semplicemente surreali, un pesce d'aprile venuto male. Dubitiamo che Unity possa imporre unilateralmente delle condizioni economiche simili a soggetti con i quali ha già in essere degli accordi di licenza preesistenti, o addirittura a soggetti terzi. La compagnia sta ridiscutendo la questione internamente e presumiamo che, volente o nolente, sarà costretta a rivedere questa incomprensibile politica di monetizzazione.