Assassinio sul Nilo: una sorpresa, soprattutto per chi la storia già la conosce
Kenneth Branagh torna a interpretare Poirot come non te lo aspetti: il suo Assassinio sul Nilo - da attore e regista - mette al centro proprio il detective, raccontandoci il suo passato.
Non si può dire che Kenneth Branagh - regista e attore inglese noto sia per i suo titoli d’autore sia per le sue incursioni nel cinema commerciale - manchi di coraggio. C’è un particolare un passaggio di Assassinio sul Nilo (in streaming dal 30 Marzo su Disney+) che sembra scritto apposta per cogliere di sorpresa quanti conoscono bene la storia di questo caso di Hercule Poirot, vuoi per aver letto il libro, vuoi per aver visto la famosa pellicola del 1978.
Un Poirot così personale e intimo non l’abbiamo mai visto, ma nemmeno uno così tanto lontano dal personaggio letterario. Dalla motivazione dietro i nuovi baffoni del detective all’amore per una donna chiamata Christine, Assassinio sul Nilo mette al centro il suo detective ancor più del caso su cui va a investigare, andando sul personale. Il film racconta un uomo le cui piccole manie di un tempo diventano patologici disturbi ossessivo-compulsivi, la cui ossequiosa corazza di galateo e acume cela una cronica paura ad esporsi, ad amare di nuovo e a rimanere ferito.
La trama di Assassinio sul Nilo
Le divergenze anche importanti non si fermano qui nel raccontare il tumultuoso viaggio di nozze egiziano tra la ricca ereditiera Linnet (Gal Gadot)e il suo sposo appassionato ma squattrinato Simon (Armie Hammer). L’unione è minacciata sia dai nemici che procura il godere di un’ingente fortuna finanziaria, sia da Jaqueline (Emma Mackley), ex amica di Linnet ed ex promessa sposa di Simon, che si diverte a perseguire la coppia seguendola ovunque.
Dopo aver incontrato il giovane amico Bouc (Tom Bateman) e la di lui madre Euphemia (Annette Bening), Poirot viene invitato al matrimonio e alla crociera sul Nilo, destinata ad essere macchiata dal furto e dall’omicidio, fino al consueto disvelamento dell’assassino e del suo modus operandi da un Poirot più turbato e coinvolto del solito.
Assassinio sul Nilo: meglio del suo predecessore
Personalmente ero rimasta molto infastidita da Assassinio sull’Orient Express, il primo capitolo di questo revival di Poirot destinato ad essere franchise e film rivelatosi un clamoroso successo al botteghino italiano.
Non posso dire che questo secondo titolo mi abbia esaltata, ma l’ho trovato migliore: non ne condivido molte scelte d’adattamento (la centralità di Poirot, il racconto dettagliato del suo passato), ma apprezzo l’audacia con cui Branagh non esita ad apportare cambiamenti, tentando di modernizzare una scrittura quasi secolare con espliciti riferimenti al tema del razzismo e dell’omofobia. Non tutte le sue scelte finiscono per dare un esito felice, vedi la spiegazione un po’ azzardata sui baffi del detective, ma in un’epoca di ortodossia filologica in fase di adattamento da libro a film (o d’infantilizzazione di contenuti adulti per attrarre un pubblico trasversale), Branagh si prende un bel rischio.
È prevedibile che molti fan del personaggio storceranno il naso di fronte a questa manipolazione, ma nonostante l’avvio piuttosto lento del film, l’operazione “Poirot 2020” è qui più coerente, efficace che nel suo avvio. Nella prima metà il film ha un piglio adulto, sensuale, nella seconda passaggi di sorprendente brutalità.
Quello che manca davvero, oltre a un ritmo più sostenuto in avvio di vicenda, è un certo grado di spontaneità. Dal massiccio impiego della CGI alla recitazione affettata e poco convincente della maggior parte del cast, c’è un senso molto forte di finzione, artifizio.