Io sono Zlatan, recensione: chi era Zlatan prima di diventare Ibra

L'approccio del film dello svedese Jens Sjögren è spiazzante: dimenticare le sparate egocentriche di Ibrahimovic per scoprire gli inizi umili e difficili.

di Elisa Giudici

Quando si entra in sala per vedere un film biografico su un calciatore carismatico e più che consapevole del suo mito come Zlatan Ibrahimovic, le aspettative sono solitamente differenti da quelle che Io sono Zlatan è puntualmente pronto a disattendere. Non è la prima volta che viene girato un film sul calciatore svedese figlio di immigrati balcani, cresciuto nei palazzoni di Rosengard a Malmö negli anni '90, tra amicizie poco raccomandabili e un atteggiamento di sfida e frustrazione continui.

Già nel 2016 il documentario di Fredrik Gertten e  Magnus Gertten metteva insieme interviste e materiale video degli anni cruciali della formazione di Zlatan, tentando di spiegare il passaggio da giocatore contestato e non particolarmente amato dai tifosi dell'Ajax a leggenda del calcio europeo e mondiale. È curioso come anche Io sono Zlatan sia poco interessato all'Ibra di oggi, alla sua incredibile longevità o al suo peculiare e distintivo approccio alla fama (di cui ha dato prova anche sul palco di Sanremo), concentrandosi ancora una volta sull'adolescente per certi versi insondabile, sempre a un passo dal rovinare il suo futuro.

La trama di Io sono Zlatan

Il film di Jens Sjögren è un'opera di fiction in cui vengono ricostruiti gli anni giovanili di Ibra, concentrandosi sulle crisi professionali e umane del campione fino alla partita con il NAC Buda e il relativo goal che cambiò per sempre la sua storia.

Sin da bambino Zlatan è scostante, incapace di concentrarsi, persino lento nel rispondere agli stimoli, finendo per irritare allenatori e compagni di squadra: i podromi di un disagio psicologico sono evidenti, ma rigettati con forza dai genitori del ragazzo. Il film segue quasi in contemporanea tre fasi della vita del giovane Zlatan: gli anni da bambini in cui giocava sui campetti di quartiere e rubava le figurine Panini, quelli adolescenziali in cui entra nelle giovanili del Malmö e la turbolenta relazione con l'Ajax, prima squadra di livello ad ingaggiarlo nel contesto europeo.

Il film si concentra sia sul carattere difficile del ragazzo, sia sui sali e scendi dei rapporti con la madre e il padre, così distratto dalla guerra nei Balcani da prestare raramente attenzione al ragazzo, dandogli ogni tanto lezioni di vita molto peculiari, salvo poi dimenticarsi di riempire il frigo di casa.

I pro e i contro di Zlatan

Anche se non del tutto esente da svolta assolutorie e molti cliché tipici delle infanzie difficili di grandi personaggi che "ce l'hanno fatta", Io sono Zlatan è abbastanza sorprendente per come ritrae gli inizi del protagonista. Il film risulta quasi un lungo elenco di momenti cruciali in cui per poco Zlatan non ha imboccato la porta sbagliata, esagerando quel tanto necessario a compromettere per sempre ogni possibilità di successo.

Il piccolo Zlatan è tra l'altro inquadrato in un'ottica tutt'altro che benevola: si allude a disturbi trascurati dell'attenzione, non si glissa sulla sua inclinazione allo scatto nervoso, al gesto violento, l'irresistibile attrazione a infrangere le regole e portare ogni situazione critica verso un punto di rottura.

Come giovane promessa del calcio Zlatan poi viene inquadrato come rancoroso e persino pigro, tanto che sarà Guardiola a rimetterlo in forma e in riga per tentare di convincere la Juventus ad acquistarlo. Le sparate di Ibra e la sua incredibile attitudine al goal sono ancora di là da venire: nel presente del film seguiamo un ragazzo che sfodera il suo incredibile talento solo quando sobillato dagli ottimi risultati ottenuti da un conoscente, capace di farsi odiare tanto dai compagni di squadra da indurli a firmare una petizione per cacciarlo via.

Certo la risoluzione dei problemi del giovane Zlatan - culminata in un goal che gli cambia la vita - è abbastanza frettolosa e superficiale, ma rimane la fascinazione verso un film che mostra i baratri oscuri in cui un ragazzo con il vizietto del furto e frequentazioni non sempre limpide sarebbe potuto cadere, glissando completamente sulla stella inossidabile e sulla persona "risolta" che Ibra è oggi.

Peccato solo che un film così armato di buone intenzioni e spunti potenzialmente interessanti sia affossato da una produzione così povera da farlo sembrare a malapena un prodotto per la TV, con una fotografia, un montaggio e una regia abbastanza scadenti.