Master Gardener, la recensione: Sigourney Weaver è irresistibile nel nuovo thriller di Paul Schrader
Schrader gira l’ennesima versione del thriller da cui è ossessionato da anni in cui un uomo tenta di redimersi dai segreti del suo passato scomodo. La vera novità però è il ritorno smagliante di una Sigourney Weaver irresistibile.
Il regista Paul Schrader ormai si muove col pilota automatico ed è difficile fargliene una colpa, conoscendo le ossessioni che animano il suo cinema e le precarie condizioni di salute in cui versava mentre girava e ultimava Master Gardener, la sua ultima pellicola presentata fuori concorso a Venezia. Meno precisa e “risolta” del solito, questa storia rimane comunque una novità thriller di livello, che conferma la creatività di un maestro del cinema che non arrende all’età che avanza e continua la sua ricerca cinematografica e spirituale.
Schrader “aggiorna” il suo film: dal poker al giardinaggio
Se avete visto il collezionista di carte, il suo precedente film presentato alla scorsa Mostra del cinema di Venezia con protagonista Oscar Isaac, sapete già tutto quello che c’è da sapere più dello stretto necessario per affrontare quest’ultima pellicola. Il canovaccio e la struttura di The Card Counter and Master Gardener sono infatti gli stessi: come avviene nei lavori di grafica, lo sceneggiatore di Taxi Driver parte da un template fisso e da lì adatta di volta in volta la sua storia.
In questo caso, basta sostituire l’attore di Dune Oscar Isaac con il collega Joel Edgerton, immaginare il protagonista della pellicola che da pokerista di professione si tramuta in un giardiniere di alto livello, infine sostituire Tiffany Haddish con Quintessa Swindell nel ruolo della pulzella afroamericana da salvare che poi salverà l’anima del protagonista ed eccovi servito il nuovo film.
La vera novità qui è il ruolo di Sigourney Weaver, uno dei quattro in film di livello in cui la vedremo nei prossimi mesi, che si preannunciano come un ritorno in grande stile e molto ambizioso dell’attrice. In Master Gardener interpreta la signora Haverhill, proprietaria di una signorile villa al centro di una tenuta con uno splendido giardino di cui si prende cura il fidato Narvel Roth, il protagonista del film. Inizialmente Haverhill sembra la classica signora borghese abbiente con la mania dei premi e dei concorsi di giardinaggio, anche se fin da subito il suo personaggio si caratterizza per alcuni tratti un po’ dispotici e un’ironia davvero tagliente, appena trattenuta dalle maniere eleganti con cui si pone.
Pur essendo marginale rispetto all’economia della trama - di fatto il suo ruolo è un mero pretesto narrativo per dare il via alla storia di redenzione del protagonista - la signora Haverhill è quell’aggiunta irresistibile di novità che dà un’inaspettata svolta a un film che Schrader negli ultimi anni continua a proporci, tentando di perfezionarlo ogni volta. L’indolente cane chiamato “Cane da portico” a cui la padrona rimprovera la pigrizia mentre è seduta al suo stesso divano, la pistola demodé appartenuta al nonno con cui minaccia Narvel nelle fasi avanzate del film, la carta da parati blu scuro con un disegno di meduse che dà un tocco glamour e iper-contemporaneo a una dimora in stile coloniale rigorosa e ombrosa: tutti i piccoli dettagli relativi al personaggio lo rendono iconico, non da ultimo il suggerimento sottile che la donna lascerebbe volentieri a Narvel il compito di prendersi cura di ben più del suo giardino.
La presenza della signora Haverhill accorre in aiuto del film soprattutto nelle fasi finali, quando la risoluzione del conflitto vero e proprio del film e quello interiore all’animo del protagonista vengono espletate in fretta e furia, forse per la difficoltà di un Schrader ancora convalescente a gestire al meglio e continuativamente la lavorazione. Nel momento in cui si dovrebbe scatenare la violenza contro gli spacciatori di droga suggerita e preannunciata per tutto il film, Schrader dà una brusca accelerata, riducendo al minimo essenziale quella che si preannunciava essere una catarsi in un bagno di sangue dei peccati del protagonista. Per fortuna la signora Haverhill è lì per risollevare il film, unitamente a una singola, potentissima scena in cui Schrader sintetizza il suo punto di vista sulla debolezza e la viltà che spesso posizioni razziste e xenofobe nascondono.
Sigourney Weaver è un’intuizione di casting stellare di Schrader, che così rimedia al passaggio non proprio esaltante da un intenso e potente Oscar Isaac in Il collezionista di carte a un appena discreto Joel Edgerton, che fa il suo senza emozionare.
Rating: Tutti
Durata: 111'
Nazione: USA
Voto
Redazione