Il sequel di Oceania non sembra all’altezza dei grandi piani che Disney ha per il franchise

Oceania 2 è un film che gira spesso a vuota e, da come racconta la sua storia, commette l’errore di credere che il pubblico sia genuinamente affezionato e partecipe della sua storia.

di Elisa Giudici

Viste da fuori le scelte di un gigante come Disney - la cui branca dedicata all’intrattenimento cinematografico e televisivo è solo una delle tante e nemmeno la più profittevole - sembrano bizzarre, quando non incoerenti. Per esempio ci ritroviamo come uscita pre-natalizia il sequel di Oceania, un film che nel 2016 piazzò un incasso ragguardevole ma non eccezionale (oltre 650 milioni nel mondo), ma il cui impatto culturale è lontanissimo a hit come Frozen o Coco. Sulla piattaforma di streaming Disney+ si è rivelato però un titolo molto visto (almeno stando ai dati ufficiali della Casa del Topo), per cui forse non è così inusuale che venga piazzato in un momento cruciale per il botteghino statunitense, ovvero nel periodo del Thanksgiving.

Scavando nella storia di questo sequel ci si imbatte in segnali discordanti. Le prevendite dei biglietti negli Stati Uniti sono andate molto bene, per cui il botteghino potrebbe infiammarsi. Con l’incognita dei social e del tam tam di TikTok, non si può nemmeno escludere una fiammata in stile Inside Out 2. Tuttavia è il film che sembra mancare della statura necessaria a diventare quel fenomeno che il suo posizionamento sembra suggerire. Disney si gioca molto: uno slot importante in uno dei periodi più redditizi dell’anno e un mattone che dovrebbe cementare la via di un vero e proprio franchise. Il live action di Oceania infatti è già in lavorazione ed è atteso per il 2026.

Vedendo Oceania 2 però è davvero difficile immaginare che si ripongano tante aspettative in questo film, tenuto insieme da un paio di picchi narrativi brillanti, ma che spessissimo gira a vuoto, perso in una marea narrativa che risulta molto, molto ripetitiva. S’intuisce fin dall’inizio che la pellicola un finale vero e proprio non ce l’ha: il suo scopo non è mettere un punto, ma aprire una porta a un ulteriore capitolo. Lo fa in una maniera che è invecchiata brutalmente negli ultimi 24 mesi: con una scena mid credit che ci svela cosa aspettarsi dal futuro, stracciando quel lievissimo senso di chiusura e conclusione che il film era riuscito a mettere insieme.

Oceania 2 è vittima di un brusco cambio di rotta

Oceania 2 non è vittima della troppa ambizione, quanto piuttosto di un brusco cambio di rotta in corso d’opera, che l’ha portato a navigare oltre le profondità per cui la sua barca era stata costruita. Originariamente infatti la pellicola era stata pensata per lo streaming, senza il passaggio in sala. Lo si capisce subito dai nomi che ci sono dietro. Uno sceneggiatore espertissimo come Jared Bush che scrive con una novizia come Dana Ledoux Miller, che è anche una regista assoluta esordiente, fiancheggiata da altri due colleghi, anche loro al primo film. Tre registi al primo film dietro la cinepresa. 

Vedendo Oceania 2 si ha la netta impressione di poter dividere il lavoro di uno come Bush, che sapientemente pone le basi per una storia di più ampio respiro che possa creare una squadra in grado di muoversi per i mari dell’Oceania daìl tentantivo di Dana Ledoux Miller di dare uno sviluppo alla protagonista del film.

Vaiana però ha le mani legate perché, di fatto, il film continua a caricarla per un confronto e una sfida che durano una manciata di minuti, con un cattivo che non si vede mai, un nome buttato lì ma del tutto assente fino alla parola fine. Un omino di cartapesta, uno spauracchio necessario per introdurre un paio di nuovi personaggi e riportare sulla scena il semidio Maui. Delle otto canzoni che il film propone - di cui solo “Perditi” interpretata da Giorgia è in qualche modo memorabile - ben tre sono brani motivazionali per una battaglia che, di fatto, non c’è.

Il film fa una fatica enorme a entrare nel vivo della sua stessa storia, a uscire da un approccio quasi documentaristico sulla cultura e le tradizioni dei popoli dell’Oceania. È il ritorno in scena dei misteriosi Kakamora a dare un po’ di slancio a una storia che è priva di tutto: conflitti, sentimenti, azione, interesse. Si punta sul galletto sciocco e sul maialino adorabile del primo film, ma non si dà a loro né ai comprimari che si ritagliano un piccolo tratto di storia qualcosa d’interessante da fare.

Oceania sembra traghettato da un'era Disney conclusa

Oceania 2 è vittima della sua indecisione, figlio di un’era Disney che sembra ormai più che superata. Il suo sviluppo e il tentativo di rileggerlo come franchise sanno tanto di canovaccio Marvel, l’indecisione con cui ora suggerisce ora nega che uno dei protagonisti del film sia queer è quanto di più irritante di possa immaginare. Imbarazza persino un po’ vederlo mettersi in posa da film anni ‘20, con Vaiana che si rivolge a quella nicchia di pubblico che su Reddit e sui forum Disney discute animatamente se lei sia o meno una principessa.

Non funziona perché è un film a cui a metà strada è stata cambiata la rotta, senza mettere un navigatore esperto al timone, a cui si è chiesto di raggiungere un traguardo importante (il lancio di un franchise) senza fornire un equipaggio all’altezza, una narrativa coerente, anzi, limitando di moltissimo il suo raggio d’azione. Come dice uno dei suoi personaggi: "si sbaglia e si sbaglia e poi si muore": è improbabile che Oceania vada così male da uccidere il suo stesso franchise, ma manca del tutto il traguardo di creare un minimo d'interesse in questo senso nel pubblico. Pubblico che probabilmente si presenterà in sala spinto dal riflesso condizionato del film delle feste Disney. Onore al merito ai tre registi che, seppur inesperti, in qualche modo salvano il tutto, che è però lontano dall’essere entusiasmante.

Oceania 2 sa tanto di quel tipo di film Disney vittima dei continui cambi di potere e di corrente ai vertici aziendali. Lo studios è così grande che sacrifica almeno un paio di film in questo modo ogni biennio. Pellicole nate sotto il regno di questo o quel produttore poi silurato o passato a un altro dipartimento, pianificati quando la rotta della major era un’altra e che vengono messi in acqua con la distaccata curiosità di vedere se staranno a galla o affonderanno.