Recensione Io sono nessuno: fate largo al nuovo John Wick, ma amante dei gatti
Girare un epigono credibile di John Wick: facile a dirsi, difficile a farsi. Possibile però se al timone dell'operazione c'è il papà del personaggio che ha rilanciato la carriera di Keanu Reeves.
La vera notizia non è che Nobody tenti di essere un nuovo John Wick: non è certo il primo film a guardare all'action con protagonista Keanu Reeves (vedi Atomica Bionda, Old Guard...) e non sarà l'ultimo, a testamento dell'inaspettato impatto che ha avuto la saga action sul cinema contemporaneo.
La vera notizia è che Nobody ha la caratura necessaria per non sfigurare nel confronto, essendo un ottimo film d'azione, fatto con poche idee ma precise, realizzate con cura e ingegno. Idee che rimandano appunto a John Wick; a distinguerli davvero c'è la preferenza tra cani e gatti e poco più. Universal è andata sul sicuro e per avere un suo epigono credibile ha interpellato direttamente Derek Kolstad, che della saga di John Wick è il principale ideatore e sceneggiatore.
La sua specialità sembrano proprio essere uomini versati nella violenza alla ricerca di una modalità alternativa di vita: la normalità li anestetizza, l'amore familiare li riscalda, ma la minima traccia del loro passato risveglia la loro natura più oscura.
Hutch Mansell (Bob Odenkirk) è proprio questo: un marito, padre di famiglia e impiegato incolore, trascurato e vagamente disprezzato anche dai propri cari. Un uomo amorfo, che non riesce ad avere la meglio nemmeno sul camioncino che raccoglie i rifiuti. L'irruzione di due ladri maldestri nella sua casa risveglia qualcosa di sinistro che stava tenendo a bada da anni, fino a far incrociare la sua strada con il mafioso russo Yulian (Aleksey Serebryakov) e con quello che sembra proprio essere il suo ineludibile destino.
Fate attenzione alla scena iniziale di Nobody
Tutto quello che bisogna dire su Nobody è contenuto nella sua mirabile scena iniziale: Bob Odenkirk coperto di sangue ed ecchimosi armeggia con un apriscatole per aprire una lattina di tonno e dare da mangiare a un gattino nascosto sotto la sua giacca. Il tutto con le manette ai polsi e un quadro insanguinato di fianco a sé, perché è sotto la custodia della polizia.
Segue un montaggio alla Edgar Wright che intrappola lo spettatore nella routine alienante della sua vita. Un inizio curato ma non così inaspettato, salvo poi accorgersi che il film ha già piazzato sul terreno tutti gli elementi necessari per far scattare i principali colpi di scena relativi alla trama. Kolstad è inoltre molto abile a lasciare delle zone d'ombra nel personaggio, creando un protagonista sulla base di tanti vuoti e pochissimi attributi certi. Trova anche il tempo per diversificare il proprio cast e fare dell'ironia a riguardo ("You're the first Black Russian I see" "I get it a lot").
Con una sceneggiatura di così rara coerenza e solidità, al regista Ilya Naishuller non resta che occuparsi delle scazzottate e delle esplosioni, condendole con stunt memorabili e composizioni ricercate (sottolineate con un certo grado di orgoglio anche nella scena a metà dei titoli di coda che vi costringerà a non lasciare la sala subito dopo il finale).
Odenkirk è un perfetto signor Nessuno
Un altro merito di Nobody è di affidarsi volutamente a volti poco familiari per creare un proprio universo. Un conto è avere un Keanu Reeves per protagonista, un altro è puntare su un Bob Odenkirk che abbiamo visto ovunque negli anni, senza mai riconoscerlo davvero. È una mossa rischiosa ma che paga, perché il suo Hutch non ha un'identità visiva da spartire con altri ruoli antecedenti.
Complimenti a chi lo ha scelto: la fisicità e il carisma ci sono, intuiamo sin da subito la zona d'ombra nascosta dalla sua apparente normalità. Talvolta a dare profondità al ruolo bastano dettagli come le micro-espressioni degli occhi solcati da un reticolo di linee d'espressione. Odenkirk sembra davvero consunto da una vita senza stimoli e incarna questa stanchezza in modo quasi istintivo. Il ruolo di un uomo consumato dalla sua invisibilità e costretto a fingere irrilevanza sarebbe stato meno realistico nelle mani di una super star immediatamente riconoscibile.