Old, recensione: siamo tutti sulla stessa spiaggia

Shyamalan torna con un horror estivo dal concept stuzzicante e con un cast di volti alternativi al solito star system: diverte il giusto, ma si lascia prendere la mano sul finale.

Old recensione siamo tutti sulla stessa spiaggia

Benvenuti nella nostra versione del paradiso, dice il titolare di un resort da sogno ai coniugi Capa, decisi a sfruttare tre giorni di vacanza per creare un bellissimo ricordo familiare nelle menti dei loro figli, prima di affrontare un paio di circostanze che potrebbero mettere a rischio la loro vita insieme. La quiete vacanziera prima della tempesta? Sembrerebbe così, ma è incredibile quel che oggigiorno "puoi trovare su Internet" in fatto di vacanze alternative.

I Capa al completo, insieme ad altri due nuclei familiari e a un misterioso rapper, si ritrovano in una baia esclusiva, circondata da altissime scogliere. Dovrebbe essere una coccola "segreta" del resort, ma è una trappola tanto crudele quanto inesorabile. Come il titolo del e il trailer del film suggeriscono, su questa spiaggia il tempo scorre molto più velocemente del normale (all'incirca sette anni ogni tre ore: una carezza a un familiare di qualche secondo equivale a tre giorni di vita), per cui se non si trova velocemente una via per lasciare la baia, in poche ore tutti sono destinati a morte certa.

La morte accelerata per Shyamalan

Liberamente adattato dal fumetto Castelli di sabbia di Pierre Oscar Levy e Frederik Peeters (edita in Italia da Coconino Press), quello di Old è un punto di partenza perfetto per le inclinazioni registiche e la sensibilità horror di Shyamalan: il regista di Il sesto senso si ritrova per le mani un "e se" d'immediata comprensione e d'infinite e diaboliche possibilità horror, che vengono sfruttate a dovere, soprattutto in chiave visiva. M. Night Shyamalan tiene lo spettatore sulle spine dilatando il tempo necessario al disvelamento dei corpi cambiati dalla crescita accelerata sulla spiaggia, consapevole delle aspettative rispetto ai personaggi più stereotipati (la biondissima moglie trofeo, i bambini) ma anche delle domande e le obiezioni che il pubblico si porrà immediatamente. Via via che i personaggi comprendono la situazione e le conseguenze dell'invecchiamento sopraggiungono sempre più velocemente, anche i movimenti di macchina acquistano dinamismo e repentinità, accentuando la sensazione di una continua accelerazione nelle dinamiche del film.

Date le premesse, il risultato è abbastanza coerente se non proprio verosimile, anche se la "spiegazione scientifica" che a un certo punto viene data attraverso un paio di MacGuffin cartacei davvero ha un sapore troppo simile a una scappatoia. Tutto sommato però Old punta a divertire e a tenere alto il ritmo (d'invecchiamento e d'intrattenimento) e ci riesce agevolmente, rivelandosi una gradevole visione estiva. La sua unica pecca è di voler spiegare sin troppo nel dettaglio i retroscena sul finale del film, laddove forse qualche punto misterioso avrebbe giovato al mantenimento dell'atmosfera maledetta della spiaggia. La scelta esplicatrice di Shyamalan però non avviene in un vuoto pneumatico, bensì in un mondo dove è stato spesso bersaglio di critiche feroci a fronte d'imperfezioni minime delle sue trame. Insomma, chi è causa del suo male non si lamenti per gli eccessivi spiegoni finali.

Old, recensione: siamo tutti sulla stessa spiaggia

Siamo tutti sulla stessa spiaggia

Non aspettatevi però un Shyamalan oltremodo ambizioso, anzi. Dato lo spunto, si sarebbe potuto fare o suggerire qualcosa di ben più terrificante. Se le svolte che i protagonisti di Old affrontano risultano grottesche e impressionanti è per la velocità con cui il tempo scorre, certo, ma rimane il fatto che noi viviamo in una versione molto più rallentata di quella stessa spiaggia, da cui ancora nessuno in migliaia di anni sembra aver trovato una via d'uscita. Questo genere di riflessioni sono a portata di mano, come un frutto ben maturo che piega il ramo su cui cresce verso la mano di chi è pronto a coglierlo, alzandosi appena sulle punte dei piedi.

Forse scottato da esperienze passate, Shyamalan punta a rami più bassi, a frutti più modesti: Old sa un po' di retorica per come utilizza l'invecchiamento grottesco dei suoi protagonisti per ribadire come l'importante siano i legami familiare, l'amore e il supporto che ci possiamo dare, in poche ore di vita o in un'esistenza intera. Il tempo fa vedere le cose in prospettiva, certo, ma quella dei protagonisti di Old è sin troppo prevedibile. Shyamalan qui dà gran sfoggio di sapersi contenere e controllare, ma le potenzialità di questo progetto avrebbero meritato un po' di ambizione in più.

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Old, recensione: siamo tutti sulla stessa spiaggia
3

Voto

Redazione

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Old, recensione: siamo tutti sulla stessa spiaggia

Shyamalan si astiene dal strafare e porta a casa un buon horror estivo, misurato e calibrato, in cui l'equilibrio prende il posto dell'ambizione. Forse è solo una mia impressione, ma Old sembra il frutto della ferocia con cui alcuni precedenti tentativi del regista siano stati attaccati per la loro notevole, anche se un po' sbilanciata, audacia. O forse rispetto alla recente doppietta Split/Glass, questo è un progetto meno sentito dal regista, un lavoro su commissione portato a casa bene, ma senza rischiare troppo di personale. Per una serata estiva con qualche brivido, basta e avanza.

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