Recensione Tenet: Tornano le sottili innovazioni del soldato Nolan
Europa orientale, esterno giorno (con foschia). Non si capisce il dove, non si capisce il quando (poi il “quando” in questo film è fondamentale). Un'inquadratura sulla scritta “Teatro dell'Opera” con il simbolo della Repubblica Ucraina, ci fa capire che verosimilmente siamo a Kiev, altrimenti potremo essere ovunque, in un magma indistinto e crepuscolare ad uso e consumo del pubblico anglosassone in cui tutti parlano russo e tutte le vacche sono nere.
Parte una sparatoria, nel bel mezzo di una sala concerti piena di gente (verosimilmente la stagione operistica è terminata, spazio alla sinfonica dunque). Esplosioni, gente che sviene in sala (a proposito di precedenti storici e del terrorismo ceceno del 2002), sparatorie.
Benvenuti nel nuovo film di Christopher Nolan.
Si dalle prime inquadrature infatti il cineasta inglese con il suo nuovo film Tenet, non si smentisce. Non aspettatevi un'opera originale, diversa dal suo solito marchio di fabbrica. Preparatevi a due ore e mezzo di furiose sparatorie, di musica di sottofondo insistente, al limite dell'emicrania, e a tanti assalti all'arma bianca (sulla neve, sui carri armati, all'indietro nel tempo).
Perché nonostante le varie vicissitudini che sembravano aver destinato questo film a non uscire al cinema (cosa che al netto delle opinioni singole sull'opera, ci fa molto piacere che sia avvenuto) Christopher Nolan è tornato sul grande schermo.
E con lui, il suo consueto carnet di finte innovazioni cinematografiche.
Un uomo (mai chiamato per nome, il protagonista della vicenda interpretato da John David Washington) interviene nel corso di una sparatoria al Teatro dell'Opera e sembra essere ormai vittima dei propri crudeli aguzzini. Si salverà, però, perché è vittima di una prova. E ora che il servizio segreto è sicuro di poter contare su di lui, gli affida a tempo perso la missione di salvare il mondo.
Esatto. Perché siamo di fronte ad una nuova Guerra Fredda (di cui il regista accenna parzialmente a dei lineamenti reali riguardanti la nostra situazione politica, così parzialmente da creare un attrito evidente tra un'opera di fiction come Tenet ed una dinamica geopolitica che ha comunque parziale riscontro nella realtà) che rischia di diventare calda.
Questa volta però il rischio di un terzo conflitto mondiale non riguarda tanto il possesso di arme atomiche, ma il controllo del tempo.
Su questo canovaccio si muove Nolan, che ci mostra una messa in scena non molto dissimile dai suoi precedenti film (al limite tra autorialità e blockbuster bambinesco) e soprattutto un approccio alla materia non dissimile da Inception e dalla sua interpretazione dei sogni.
E' proprio questo, il punto debole del film.
In primis perché Tenet per quanto abbia uno stile marcato e ben definito dal suo regista, è comunque un film ibrido. In cui alla prima ora disseminata esclusivamente da scene d'azione una dopo l'altra (e ognuna in una città internazionale diversa, tra cui Amalfi, secondo un canovaccio da turismo cinematografico e molto Vecchia Hollywood) segue solo successivamente una riflessione sul concetto di tempo e sulle potenzialità inesplorate (anche a fini bellici) del suo controllo.
In secondo luogo perché Tenet (che come tutte le principali opere di Nolan è stato scritto soltanto da lui) cerca sulla falsariga dei sogni di Inception di fornire contributi unici e pionieristici sul concetto di tempo. Forse non memore del fatto che (per quanto concerne Inception) vi è un'ampia letteratura sul tema di almeno mille anni (e che dunque non basta inventarsi come funziona il minutaggio in un sogno per essere bollato come un genio del cinema) e che per quanto riguarda Tenet...già è stato realizzato un film chiamato Ritorno al futuro, qualche decennio fa. In cui ci veniva spiegato che non è consigliabile (oltre che spoilerare i finali dei film) far incontrare il McFly del passato con quello del futuro.
Altrimenti salta tutto, skateboard compreso.
A questo finte innovazioni filosofiche, e ad un stile (nei costumi in giacca e cravatta, negli inseguimenti, nelle riprese dall'alto) così definito nel tempo da essere quasi facile da parodiare, seguono delle interpretazioni poco convincenti da parte del figlio di Denzel Washington, di un Kennet Branagh in formato russo veramente improbabile e da un Robert Pattinson così spigoloso da apparire poco credibile in un ruolo molto pragmatico e razionale (il suo personaggio parla correttamente l'estone, ma ha difficoltà quando viene parlato al contrario). Per non parlare della fiacca interpretazione dell'attrice australiana Elizabeth Debicki.
Nulla di nuovo dunque, fedeli alla linea. Sarà un successo.
Ma sempre col rischio che (alla fine) non resti nulla nei nostri cuori.