Red Notice, recensione: divertimento sin troppo facile
Il trio super glamour formato da Dwayne Johnson, Ryan Reynolds e Gal Gadot cerca di far decollare un action movie che fa davvero il minimo indispensabile per non farci interrompere la visione su Netflix.
Stando a quanto dichiarato da Netflix, Red Notice è costato ben 200 milioni di dollari. Considerando che Dune di Denis Villeneuve è costato appena 40 milioni in più, viene da chiedersi dove siano stati investiti tutti questi soldi da Universal (primo studio legato al progetto, poi ceduto a Netflix per una distribuzione via streaming a pagamento in gran parte del mondo). La risposta potrebbe stare nel cachet delle tre star coinvolte e in particolare in quello di The Rock. Uno che nell'ultimo periodo è riuscito con notevole successo a trasformare sé stesso da divo degli action tutto muscoli e prestanza a rassicurante volto protagonista in film destinati a tutta la famiglia, vedi il recente Jungle Cruise al fianco di Emily Blunt.
Scritto e diretto da Rawson Marshall Thurber (giunto alla terza collaborazione con Johnson dopo Una spia e mezzo e Skyscraper), Red Notice è di per sé un oggetto rarissimo: un film originale, non basato su libri, film o precedenti franchise, anche se appare chiaro che l'intera pellicola abbia ambizioni in questo senso. Non si capisce però sulla base di quali contenuti, dato che anche a voler essere generosi, l'impianto del film è più che inconsistente.
La trama e il titolo di Red Notice
Il protagonista John Hartley (Dwayne Johnson) è un profiler del FBI ("non sembri un profiler" ironizza subito un agente quando lo incontra) giunto a Roma per tentare di sventare il furto di una delle tre uova di Cleopatra. A voler mettere le mani sul prezioso manufatto è Nolan Booth (Ryan Reynolds), brillante ladro che ha un unico collega a mettergli i bastoni tra le ruote: il misterioso Bishop. Entrambi incastrati da quest'entità misteriosa, Hartley e Booth cominciano a collaborare per tentare di evadere dal carcere russo dove sono finiti. Il primo vuole catturare Bishop, il secondo riunire le tre uova di Cleopatra e arricchirsi consegnandole a un danaroso committente del furto.
Il titolo, Red Notice, si riferisce al massimo grado di urgenza che può avere un mandato di cattura internazionale emesso dall'Interpol; trattamento a cui possono ben presto aspirare i protagonisti di un film che occhieggia a Lupin (da quello animato giapponese alla più recente serie francese con Omar Sy) e a qualsiasi action generico con una componente di avventura nella giungla e l'insopprimibile urgenza di tirar dentro anche i nazisti.
Red Notice si muove nel regno dell'implausibilità
D'altronde le supposte ricostruzioni storiche di Red Notice sono talmente fantasiose da meritare una categoria a sé nel regno dell'implausibilità: perché Marcantonio avrebbe dovuto regalare delle simil uova Fabergé a Cleopatra circa un millennio prima che il geniale gioielliere Gustav Fabergé venisse alla luce? L'implausibilità è il cardine di questo film, che ha al centro un trio di protagonisti che nessuno a cui importi un po' dell'arte vorrebbe veder avvicinarsi a qualcosa di più vecchio del vestito da sposa della madre. Non per la questione dei furti: basta vedere come trattano reperti databili a un migliaio di anni fa per avere un mancamento.
D'altro canto siamo in un mondo in cui basta mettere a The Rock una sciarpa di seta o un maglioncino a collo alto per farci credere si una esperto profiler, o almeno così la pensa Rawson Marshall Thurber. D'altronde Red Notice ce l'ha scritto sulla scatola: da non prendere sul serio, come ogni action caciarone che punta al puro intrattenimento che si rispetti. Il punto però è proprio questo: sottovaluta così tanto l'intelletto del suo pubblico che viene da chiedersi se, quando si ride, si rida con lui o di lui, della sua goffa prevedibilità.
Se la trama quindi è giustificabile per quanto ridicola e ricolma di personaggi attivamente irritanti nella loro incongruenza esistenziale come l'ispettore Urvashi Das (Ritu Arya), è la regia delle scene d'azione a rimanere inspiegabile: brutta, scattosa, ricolma di effetti speciali di pessima fattura. Specie nella prima parte, combattimenti e inseguimenti sono ripresi con movimenti forsennati della cinepresa, volti più a coprire la fattura di cartapesta e CGI di ambienti e scenografie che a dare verve al film.
Si capisce così come The Rock guadagni i suoi cachet da capogiro: facendo funzionare in qualche modo film come questo, così pigro da realizzare una brutta vetrata in CGI che va in frantumi piuttosto che piazzarne una finta (con un notevole risparmio di denaro e una resa migliore). Risultano piuttosto finti anche i personaggi di Gal Gadot e Ryan Reynolds, scelti più per le loro facce note e la bella presenza che per dare alcunché a un film in cui la chimica tra protagonisti è pressoché inesistente.