The Northman, recensione: quando Amleto incontra i vichinghi
Robert Eggers regala al pubblico un film che mancava da tempo: un epico racconto di sangue e vendetta, ricolmo di star ma con il respiro del cinema d’autore dentro. La recensione di The Northman.
C’è più di un momento in The Northman in cui si sente di essere al cinema di fronte a un film speciale: di fatto è così. Non capita spesso di andare in sala e trovarsi di fronte una pellicola che racconta per immagini il respiro dell’epica e del racconto mitologico, unendo lo star power di un cast stellare a una ricostruzione storica il più minuziosa e dettagliata possibile.
Era una sfida difficile, quasi impossibile gestire un film così ambizioso, ricolmo di uomini seminudi coperti di sangue e fango che uccidono brutalmente altri guerrieri, aggrappati a un’etica dell’onore che brutalizza corpi e persone. A dispetto di quanto potesse far presagire un trailer non proprio lusinghiero, The Northman è un film visionario e sferzante, di grande ambizione, un’immersione visiva e sensoriale totalizzante in un’epoca governata dalla logica della forza e della violenza.
La sfida è vinta per tutti ma soprattutto per chi questo film l’ha voluto: Robert Eggers, cineasta raffinato, appassionato della storia, che ora si può fregiare del titolo di piccolo regista indie capace di tenere le redini di una grande produzione blockbuster, senza tra l’altro perdere la propria personalità. Il timore era proprio quello: che il regista di The Vvitch e The Lighthouse scendesse a troppi compromessi per soddisfare Universal, studio disposto a fornirgli 90 milioni di dollari per portare la sua visione vichinga al cinema
Di cosa parla The Northman
Eggers si è ispirato a un antico racconto del folklore norreno, tramandato per secoli in via orale prima di venire trascritto dal Saxo Grammaticus in un volume dedicato alle storie dei popoli danesi intorno al 1200. La storia del principe Amled è quella che 400 anni più tardi ispirò William Shakespeare per il suo Amleto. Eggers attinge alla fonte originaria, ma si lascia ispirare anche dalla tragedia shakesperiana per raccontare la battaglia tra un destino vaticinato da veggenti streghe e la volontà di Amleto (Alexander Skarsgård) di forgiare il proprio destino.
Dopo aver assistito imponente all’uccisione di suo padre da parte del fratellastro usurpatore al trono, Amleto giura vendetta e fugge dalla Norvegia. Il ragazzino si unisce a un gruppo di razziatori nelle terre slave di Rus, diventando un possente e spietato guerriero. Qui incontra Olga (Anya Taylor-Joy), un’affascinante strega ridotta in schiavitù ma non disposta ad assecondare gli appetiti dei suoi nuovi padroni.
Amleto dovrà decide se fuggire nelle terre delle Orcadi per plasmare il suo destino o rispondere al richiamo di una spada che può essere sfoderata solo di notte, reclamando il sangue dello zio per riscattare l’onore del padre assassinato (Ethan Hawke) e liberare la regina sua madre (Nicole Kidman)
Cosa funziona e cosa no in The Northman
Se vi ritroverete in sala a chiedervi quanto sia realistico e storicamente accurato quello che state vedendo - cavalcate delle valchirie a parte - sappiate che la risposta è quasi certamente: il più realistico e accurato possibile. Eggers è noto per la sua maniacale ricerca storica alla base di tutti i suoi progetti. Certo l’Europa del Nord del X secolo pone una sfida aggiuntiva: la quasi totale mancanza di fonti storiche scritte dell’epoca. Lo sceneggiatore e regista ha lavorato di concerto con molti storici per garantire il massimo grado di realismo al suo The Northman.
Realismo che si fonde alla perfezione con l’allure mitologica del progetto. A una scena di battaglia cruda e più vera del vero si affiancano spesso visioni e vaticini di indovini e streghe, mescolate brillantemente dal regista in un film dal ritmo incalzante. Eggers porta su schermo sia la quotidianità guerriera di Amleto sia il complesso sistema di religione, etica e credenze che ne regolano l’agire e l’interpretazione della realtà, con grande efficacia.
Il film però perde un po’ del suo smalto nella parte finale, quando è costretto a prendere tra varie scelta la più banale possibile. Un peccato da poco, forse imputabile come altri all’inevitabile influenza di Universal, che si fa sentire in più punti. Anche il cast stellare del film è a conti fatti controproducente. Alexander Skarsgård ha la possenza perfetta per sembrare un vero principe vichingo, ma volti arcinoti come quello di Nicole Kidman o Ethan Hawke smorzano la carica di un film che punta tutto sull’immersione dello spettatore in un’epoca lontanissima.
Curioso poi come un film tanto violento e brutale s’imbarazzi di fronte a una semplice scena intercorso amoroso, costringendo i suoi protagonisti a scomodi esercizi ginnici per coprirsi a vicenda le pudenda, nel pieno di un baccale vichingo.