Alien: Romulus - Recensione di un film che si fa spazio
Produzione attentissima a soddisfare la storica fanbase, ma i déjà vu saturano l'atmosfera
Anno 2142, 20 anni dopo gli eventi del primo Alien. L'autodistruzione dell'astronave cargo Nostromo ha lasciato un'enorme scia di detriti, la scialuppa di salvataggio con a bordo Ripley e il gatto Jones viaggia nello spazio profondo e mancano 37 anni prima del loro recupero. Su un remoto pianeta con una notte perenne si trova uno dei tanti presidi della corporazione Weyland-Yutani, presso il quale la maggior parte dei coloni terrestri conduce una misera e rischiosa esistenza.
Tra le generazioni più giovani c'è Rain, che dopo aver scoperto di essere stata raggirata dalla compagnia si fa convincere da alcuni coetanei a lasciare per sempre quel luogo infame. Per attuare il piano occorre però recuperare delle camere di stasi e l'energia sufficiente a farle funzionare per gli anni di viaggio. Unica soluzione quella di introdursi illegalmente all'interno della decadente stazione spaziale Renaissance prossima al collasso gravitazionale, facile da raggiungere e apparentemente deserta.
Rivitalizzando il passato
Gli eventi di Alien: Romulus si collocano temporalmente tra il capolavoro di Ridley Scott del 1979 e il clamoroso action di James Cameron del 1986. Un episodio a sé stante ma con molteplici connessioni con le suddette opere, pietre miliari del fanta-horror. Sceneggiatura dello stesso regista uruguayano Fede Álvarez con l'amico e collaboratore di lungo corso Rodo Sayagues, con cui ha condiviso la creazione del remake de La casa (2013) e Man in the Dark (2016).
Secondo quanto riferito da Álvarez l'idea alla base del film è nata riflettendo sulla scena eliminata dalla versione theatrical di Aliens - scontro finale e reintrodotta da Cameron nel Director's Cut: in un rapido passaggio irrompono sulla scena alcuni bambini presso la colonia Weyland-Yutani sull'LV-426. Ciò ha portato a immaginare come avrebbe potuto essere per quei giovani crescere in un ambiente extraterrestre.
L'intero progetto Romulus porta con sé il desiderio primario di soddisfare la storica fanbase e al tempo stesso contribuire nella costruzione di un film facilmente amabile dalle nuove generazioni, inclusi coloro che non hanno visto altro. Scenografie, colori, suoni, grafiche sui monitor (a partire dallo storico “PURGE” che per esempio s'incrocia in quell'altro magnifico capolavoro di Scott che è stato Blade Runner) e persino un'iconica arma sono tutti collegamenti emozionali a ciò che ha contribuito a rendere grandi i film del '79 e dell'86. Nulla è stato tralasciato nella creazione di uno script che muove nella prima parte in misura più vicina al primo Alien, per poi scatenare la guerra nella successiva.
Tra déjà-vu e invenzioni originali
Avventura fantascientifica dai dignitosi risvolti horror e qualche buon jumpscare che regala una certa tensione, storia che paga al tempo stesso pesante pegno proprio con i mondi creati da Scott e Cameron e per questo rischia di deludere almeno in parte. Il ritmo soffocante del primo film e con esso il palpabile terrore dell'oscurità sono stati purtroppo sacrificati sull'altare di un diverso ritmo, dove per esempio bastano pochi istanti in preda a un face hugger per ritrovarsi con l'organismo irrimediabilmente compromesso. Perché l'evolversi degli eventi prende sempre più velocità in un bruciante passaggio di testimone tra il primo e il secondo atto, puntando a togliere il respiro mentre seguiamo la potenziale erede di Ripley affrontare quello che sembrerebbe un tragico destino.
Cast eccellente a partire da Cailee Spaeny (Civil War), che ci scuserà se ci siamo chiesti cosa sarebbe cambiato con una presenza femminile ancor più carismatica come quella di Noomi Rapace in Prometheus, film con esplicito collegamento a Romulus. A proposito di macro connessioni: nelle battute iniziali c'è un bell'omaggio al film di Scott del '79, meno felice l'inaspettata scelta di riproporre un iconico “sintetico” che da una parte scatena nostalgia ma non giunge al cuore causa CGI posticcio. Tra i passaggi più originali il violentissimo scontro tra Rain e gli xenomorfi a gravità zero, con acido molecolare fluttuante.
37 anni di spazio
Alien: Romulus risulta un funzionale ibrido che per amore o per forza fa i conti con un passato importante persino nelle battute finali, avvertendo sempre più quel retrogusto di rilettura (fin troppo) debitrice. Il passato è così stato rivitalizzato nel presente verso un potenziale futuro della saga: all'interno di quei 37 anni che dividono Romulus dagli eventi di Aliens – Scontro finale c'è tutto lo “spazio” per espandere ulteriormente la saga.