Anarchia - La Notte del Giudizio
di
Marco Modugno
Anarchia é un film da non perdere, progettato bene e girato ancora meglio, che merita ben di più di un pubblico di ragazzini fanatici dell'azione e del gore, con tatuaggio sul polpaccio, bermuda e morosa in zatteroni d'ordinanza. Avvincente e trascinante, si fa perdonare le poche ingenuità. Una riserva? Una sola. Ho trovato gratuitamente superflua la bestemmia messa in bocca a una comparsa arrampicata su un tetto con un mitra, a circa due terzi del secondo tempo. In inglese (ho visto il film in lingua originale) tratteneva tutta la crudezza di un'invettiva gratuita e offensiva per chi crede. Mi auguro (e un po' ci conto) che in italiano sia fortemente ridimensionata e questo, per una volta soltanto, non é un male. Son convinto che le bestemmie, come e ancor più del porno hardcore e delle violenze reali su persone e animali, siano orpelli assolutamente inutili che non aggiungono proprio nulla a un film che porta con sé una morale fortemente positiva come questo. Anzi, semmai, rischiano di rovinarlo.
Andatelo a vedere, comunque. “Nella notte dello Sfogo non c'é posto per gli eroi” sentenzia gelido uno dei pochi personaggi totalmente cattivi del film, prima del finale. Non é così, però, e la sceneggiatura di Del Monaco, semmai, dimostra l'esatto contrario.
Due giorni dopo aver visto l'anteprima del film, abbiamo avuto occasione di incontrare Jason Blum presso la Casa del Cinema di Roma, durante un'animata master-class al termine della quale il simpatico produttore americano, dopo aver risposto alle domande degli organizzatori, si é concesso anche a quelle della folta platea di giornalisti intervenuta.
vimager0
Nato da un mercante d'arte che vendeva opere anche a star di Hollywood del calibro di Steve Martin, Blum confessa di non essersi sentito, fino ad una certa età, votato alla carriera di cineasta. E men che mai a quella di produttore di film horror. Ciò nonostante, é inevitabile associare la sua immagine al suo stile caratteristico di lavoro, che ha regalato agli spettatori titoli seriali pionieristici come Paranormal Acrivity, Insidious, Sinister e l'indimenticata serie televisiva The river. Fare film, confessa, é per lui principalmente un divertimento che ama condividere con i registi, cui lascia carta bianca per la scelta degli attori e massima libertà in tutto il resto. La sua scelta cade inevitabilmente su registi non di grido, ma dotati comunque di un buon “manico” e di esperienza. La scelta del settore horror consente di concentrarsi sulla storia e sulla recitazione senza inciampare nella necessità inderogabile del ricorso massivo a effetti speciali e computer grafica diffusissime nelle produzioni d'azione. Il cinema dell'orrore più di ogni altro, secondo Blum, consente sperimentazione artistica libera e senza vincoli, senza negare agli autori la possibilità di dare una connotazione politica alla pellicola. Per lo stesso motivo, il produttore fondatore della Blumhouse ama il genere delle serie televisive (ne ha ben tre in lavorazione, al momento). Concedono agli sceneggiatori più tempo per raccontare una storia, e la tecnica di girare in fretta e in economia é la stessa del cinema horror.
C'é comunque un limite verso il basso, quello dei cinque milioni di dollari, cifra che Jason ritiene essere il minimo spendibile per realizzare un prodotto di buona qualità (l'eccezione dei quindicimila dollari, spesi per girare Paranormal Activity sono l'eccezione, a quanto sembra, che conferma la regola). Sotto quella soglia, ha spiegato, si rischia di fare la fine di altrettanti Roger Corman del ventunesimo secolo, girando titoli che, spesso, saranno ricordati più per l'esigua quantità di denaro spesa per realizzarli che per la loro qualità artistica (l'allusione al modello di business della casa di produzione Asylum, divenuta famigerata negli ultimi anni per titoli come Jurassic Shark o Transmorphers, credo non sia affatto casuale...). L'unico aspetto sul quale, almeno per il momento, non é possibile operare con budget limitati é il marketing. Commercializzare un film su vasta scala costa tanto, a prescindere da quanto si sia speso per realizzarlo. Pensando a successi pilotati dalla rete come il primo Blair Witch Project e Cloverfield, si sarebbe tentati di non credergli del tutto, però. Ascoltandolo parlare, si matura l'impressione di un giovane uomo pragmatico, attento al risultato più che ai processi, teso all'obiettivo e poco incline a qualsiasi forma di spreco.
Capace, mai come oggi che la crisi economica e la pirateria erodono la capacità di spesa delle major e i profitti della distribuzione, di mostrare anche ai grandi vecchi di Hollywood un modello efficiente e produttivo di fare cinema. Steve Martin, a inizio carriera, lo aiutò inconsapevolmente scrivendo una recensione che lui trasformò nella copertina di uno script che intendeva mandare in produzione. Con Spielberg, invece, lavorò ai tempi del primo Paranormal Activity. Del film, si sa, esistono due diversi finali. Jason Blum ha confessato di preferire da sempre quello originale scritto dal regista e sceneggiatore israeliano Oren Peli. Pare che però Steven Spielberg sia intervenuto suggerendo un finale diverso, che accorcia il film di sette minuti, che conclude la versione distribuita in sala. La discussione tra Peli e Blum si fece accesa ma, alla fine, quest'ultimo dice di averla spuntata con un argomento inoppugnabile. “Sai, Oren” pare abbia detto all'amico e collega “Tu sei un giovane cineasta al tuo primo film, alla ricerca di un'affermazione in un settore così difficile e lui... beh, lui é Steven Spielberg!”.
Andatelo a vedere, comunque. “Nella notte dello Sfogo non c'é posto per gli eroi” sentenzia gelido uno dei pochi personaggi totalmente cattivi del film, prima del finale. Non é così, però, e la sceneggiatura di Del Monaco, semmai, dimostra l'esatto contrario.
Due giorni dopo aver visto l'anteprima del film, abbiamo avuto occasione di incontrare Jason Blum presso la Casa del Cinema di Roma, durante un'animata master-class al termine della quale il simpatico produttore americano, dopo aver risposto alle domande degli organizzatori, si é concesso anche a quelle della folta platea di giornalisti intervenuta.
vimager0
Nato da un mercante d'arte che vendeva opere anche a star di Hollywood del calibro di Steve Martin, Blum confessa di non essersi sentito, fino ad una certa età, votato alla carriera di cineasta. E men che mai a quella di produttore di film horror. Ciò nonostante, é inevitabile associare la sua immagine al suo stile caratteristico di lavoro, che ha regalato agli spettatori titoli seriali pionieristici come Paranormal Acrivity, Insidious, Sinister e l'indimenticata serie televisiva The river. Fare film, confessa, é per lui principalmente un divertimento che ama condividere con i registi, cui lascia carta bianca per la scelta degli attori e massima libertà in tutto il resto. La sua scelta cade inevitabilmente su registi non di grido, ma dotati comunque di un buon “manico” e di esperienza. La scelta del settore horror consente di concentrarsi sulla storia e sulla recitazione senza inciampare nella necessità inderogabile del ricorso massivo a effetti speciali e computer grafica diffusissime nelle produzioni d'azione. Il cinema dell'orrore più di ogni altro, secondo Blum, consente sperimentazione artistica libera e senza vincoli, senza negare agli autori la possibilità di dare una connotazione politica alla pellicola. Per lo stesso motivo, il produttore fondatore della Blumhouse ama il genere delle serie televisive (ne ha ben tre in lavorazione, al momento). Concedono agli sceneggiatori più tempo per raccontare una storia, e la tecnica di girare in fretta e in economia é la stessa del cinema horror.
C'é comunque un limite verso il basso, quello dei cinque milioni di dollari, cifra che Jason ritiene essere il minimo spendibile per realizzare un prodotto di buona qualità (l'eccezione dei quindicimila dollari, spesi per girare Paranormal Activity sono l'eccezione, a quanto sembra, che conferma la regola). Sotto quella soglia, ha spiegato, si rischia di fare la fine di altrettanti Roger Corman del ventunesimo secolo, girando titoli che, spesso, saranno ricordati più per l'esigua quantità di denaro spesa per realizzarli che per la loro qualità artistica (l'allusione al modello di business della casa di produzione Asylum, divenuta famigerata negli ultimi anni per titoli come Jurassic Shark o Transmorphers, credo non sia affatto casuale...). L'unico aspetto sul quale, almeno per il momento, non é possibile operare con budget limitati é il marketing. Commercializzare un film su vasta scala costa tanto, a prescindere da quanto si sia speso per realizzarlo. Pensando a successi pilotati dalla rete come il primo Blair Witch Project e Cloverfield, si sarebbe tentati di non credergli del tutto, però. Ascoltandolo parlare, si matura l'impressione di un giovane uomo pragmatico, attento al risultato più che ai processi, teso all'obiettivo e poco incline a qualsiasi forma di spreco.
Capace, mai come oggi che la crisi economica e la pirateria erodono la capacità di spesa delle major e i profitti della distribuzione, di mostrare anche ai grandi vecchi di Hollywood un modello efficiente e produttivo di fare cinema. Steve Martin, a inizio carriera, lo aiutò inconsapevolmente scrivendo una recensione che lui trasformò nella copertina di uno script che intendeva mandare in produzione. Con Spielberg, invece, lavorò ai tempi del primo Paranormal Activity. Del film, si sa, esistono due diversi finali. Jason Blum ha confessato di preferire da sempre quello originale scritto dal regista e sceneggiatore israeliano Oren Peli. Pare che però Steven Spielberg sia intervenuto suggerendo un finale diverso, che accorcia il film di sette minuti, che conclude la versione distribuita in sala. La discussione tra Peli e Blum si fece accesa ma, alla fine, quest'ultimo dice di averla spuntata con un argomento inoppugnabile. “Sai, Oren” pare abbia detto all'amico e collega “Tu sei un giovane cineasta al tuo primo film, alla ricerca di un'affermazione in un settore così difficile e lui... beh, lui é Steven Spielberg!”.