Anora è il Pretty Woman che stra-merita la Palma d'Oro: la recensione del film di Sean Baker

Prendete Pretty Woman ma con una prostituta vera e un film che da commedia romantica si trasforma a thriller e straordinario commentario sociale americano: avrete Anora.

di Elisa Giudici

Anora si apre come un Pretty Woman brillante e contemporaneo, una commedia romantica scorretta con dentro la prostituzione palpabile, tangibile, carnale. Non perde il suo smalto quanto si trasforma in uno di quei thriller dallo humour nero in cui i protagonisti impazziti si spostano da una parte all’altra della città (la New York de quartieri popolari dei migranti e dei negozietti di Coney Island) alla disperata ricerca di qualcuno, parlandosi e urlandosi addosso a ritmi folli. Corona in una scena finale che si marchia a fuoco nella memoria dello spettatore, in cui una dolcezza amara e una disperazione muta rivelano che forse, forse, c’è ancora qualche motivo per continuare a sperare in un futuro migliore.

Il film di Sean Baker che ha vinto la Palma d’Oro dell’edizione numero 77 del Festival di Cannes è quasi unico per come scivola da un genere all’altro, con maestria, senza perdere la verve e il suo tono di brillante anche nelle sue volte più drammatiche. Si consuma come un blockbuster ma lascia dietro di sé tanto, perché è cinema d’autore, di sostanza, per giunta indipendente, di lotta.

Baker, di fatto, continua a raccontare una storia che lo ossessione dai tempi di Florida Project: quella di un’America in cui l’ascensore sociale è rotto, e chi sta ai piani bassi si deve arrangiare. Gli ultimi di Baker non sono disperati, non c’è pornografia del dolore tra le bambine di Florida Project e le star del porno del precedente Red Rocket.

Anora scivola dalla commedia romantica al thriller incalzante senza mai deludere

C’è semmai, la pornografia, il sesso. Il premio Baker lo dedica ai sex worker, come la sua rutilante protagonista che dà il titolo alla pellicola. Figlia di migranti sovietici, americana di terza generazione, Anora non si ritiene una prostituta, si definisce “una ballerina erotica”. Lavora come lap dancer in un club chiamato HeadQuarters, è spigliata, bella, giovane, irresistibile. Essendo di origini europee capisce un po’ il russo, imparato dalla nonna. Viene così affiancata a un ricco e giovanissimo cliente che parla poco inglese e con cui scatta subito una certa intesa. Così come Richard Gere in Pretty Wonan, Ivan (Mark Eydelshteyn) affitta la ragazza per una settimana. Il ragazzo è dolce, entusiasta, indolente, viziatissimo: il giovane figlio di un oligarca russo porta Anora in un mondo dalle regole differenti, dove i soldi e le persone si valutano con metriche inusuali.

Si consumano una serie notevole di interscambi tra le lenzuola tra i due, ma anche feste, pomeriggi pigri sul divano abbracciati a giocare con la PlayStation 5, serate in discoteca, viaggi in Las Vegas e l’immancabile matrimonio nella cappella aperta 24 ore su 24. Anora conosce la vita vera e, da estranea del mondo di Ivan, lo affascina con il suo charme e con la sua inesauribile energia, la carica erotica unita a una levità e una spensieratezza ammirevoli.

Sembra il coronamento di una strana rom-com in cui si inizia da una lap dance bollente e corona nel primo bacio a fior di labbra molte notti tra le lenzuola dopo, ma tutto cambia. Anora attraversa la progressiva disillusione della sua protagonista, costretta a inseguire Ivan per un’intera giornata insieme a tre faccendieri mandati dai genitori del ragazzo per convincerlo o costringerlo ad annullare il matrimonio.

Alla ricerca dei documenti per l’annullamento e del fuggitivo Ivan, il quartetto dà vita a un thriller a la fratelli Safdie, concitatissimo, ricco di imprevisti, in cui uno parla sopra l’altro, urla, attende di scovare Ivan e porre fine alla convivenza forzata. Qui Baker nasconde in piena vista una gemma preziosa, la presenza dell’attore russo Yuriy Borisov, un portento recitativo già scoperto grazie a Scompartimento N°6. Interpreta il ruolo del gregario Igor che sta zitto e tiene d’occhio Anora, ai margini della vicenda, ma è sempre presente. È lui a legarla, è lui a prenderle da lei che tenta di liberarsi. Gli altri discutono, urlano, di confrontano: Igor fa il suo, in silenzio.

L’ascensore sociale USA è rotto e il sesso è l’unica scorciatoia

La sua presenza sembra un di più, ma è un investimento che paga nel finale. Una conclusione in cui Baker tradisce di sogni di Anora, perché questo film è il proseguo ideale del già bellissimo Red Rocket. Entrambe le pellicole descrivono il sesso, la pornografia, la prostituzione come l’ultimo ascensore sociale che ancora funziona negli Stati Uniti d’America. Non sono prostitute tristi quelle di Baker, ma ragazze brillanti, consapevoli del proprio valore e del proprio corpo, pronte a credere all’amore e a sgolarsi e graffiare, mordere e picchiare per difendere ciò che hanno conquistato. Il problema, ci spiega Baker, è che gli Stati Uniti sono sempre più dei ricchi: quelli autoctoni e i ricchi oligarchi che possono calpestare prenotazioni, aule di tribunali, leggi e sentimenti altrui sventolando il denaro al posto del passaporto. Il sesso fa salire qualche gradino di una scala sociale diroccata, per appena il tempo di un film.

Anora però trova una risoluzione che nasconde dolcezza nella sua amarezza, che tra le lacrime ritrova anche la speranza di un amore giusto, di una giustizia che si fa da sé e qualche torto lo ripara.

Mikey Madison diventerà una star

Il trio di giovani protagonisti di Anora è davvero eccellente, ma Mikey Madison è semplicemente eccezionale. Non solo perché ci mette tutta sé stessa, senza veli e senza riserve, ma perché riesce a tenere un ritmo e un’energia fenomenali per tutto il film, conquistando lo spettatore, facendolo entrare nel suo mondo, superando i suoi pregiudizi. La rivedremo sicuramente presto altrove, perché questo ruolo le cambierà la vita (e la porterà probabilmente agli Oscar).