Another End riporta al fantascienza italiana al cinema, ma senza idee
Piero Messina indovina la direzione, ma sbaglia il film: Another End è un'occasione davvero sprecata per un cinema italiano che raramente osa tanto.
Mi si stringe un po’ il cuore a stroncare Another End, un film italiano che per quanto riguarda le intenzioni e ambizioni andrebbe promosso a pieni voti. Non capita spesso infatti d’imbattersi in un titolo nostrano che cerca di essere tutto quello che il cinema italiano non è più da decenni: contemporaneo, originale, di genere, con palesi ambizioni internazionali. Il regista e sceneggiatore Piero Messina in questo senso è encomiabile. Another End è un film italiano di fantascienza girato con sufficiente maestria e mezzi da non sembrare raffanzonato, per giunta senza vergognarsi del suo genere.
Non solo ha ambizioni internazionali: come molti dei film europei più interessanti degli ultimi anni, è multilingue e poliglotta, con un rapido alternarsi tra spagnolo e inglese negli scambi tra protagonisti. Oltre ai già affermati Bérénice Bejo e Gael García Bernal, punta sulla giovane stella del cinema norvegese Renate Reinsve. Lanciata da La persona peggiore del mondo, Reinsve è qui in Berlinale con due film ed è una stella in divenire. Non solo: regala al film forse l’elemento più riuscito.
In Another End le memorie dei morti rivivono in corpi di estranei
Cosa manca allora? Purtroppo un film che valga la pena di vedere. Sulla base di una premessa che sembra una sceneggiatura scartata da Black Mirror, Messina fatica a trovare cose interessanti da dire sul presente e sul futuro,scadendo spesso nello stereotipo. Il regista si muove in quel distinto sottogenere sci-fi che non conosce mai crisi, nonostante raramente dia soddisfazioni. Quello in cui un’azienda mette a punto un’avveniristica tecnologia che, già dalle premesse e a livello intuitivo, è palesemente un’idea tremenda ed eticamente intollerabile che nessuno dovrebbe mettere in pratica. Ovviamente però serve ai protagonisti l’intero film per capirlo.
In questo caso l’azienda in questione è la Aeterna, che dà la possibilità alle persone di archiviare anzitempo i propri ricordi. Già in questo senso non è chiarissimo chi si sottoponga a questa tecnica, in che modo. Nella nostra società c’è così tanta paura e rimosso rispetto alla morte che è difficile immaginare che adulti e giovani si prestino volontariamente a questo processo di estrazione dei propri ricordi (non è nemmeno chiaro se come pazienti o clienti paganti), senza citare l’enorme problema della privacy.
Nel caso di morte improvvisa che lasci affranti e traumatizzati i congiunti, le suddette memorie raccolte dalla Aeterna vengono scaricate in un corpo ospite, che torna dai suoi congiunti per una serie d’incontri in cui chi è rimasto possa dire addio a chi se ne è andato in un processo catartico. Il corpo ospite di fatto è un lavoratore dell’azienda, che si presta da tramite, tutelato da una tecnologia che, in teoria, cancella i ricordi di quanto successo quando sono le memorie altrui a prendere il sopravvento.
I ricordi della persona morta rivivono nell’ospite e la sua coscienza ricostruita nemmeno realizza di essere in un corpo differente. Se però “l’assente” capisce di essere morto dalle reazioni dei suoi famigliari, sarà impossibile risvegliarlo. La rianimazione via memoria funziona solo finché non c’è coscienza del proprio trapasso. Another End dunque affronta una tecnica terapeutica catartica sì, ma anche basata sulla menzogna per quanti vogliano rincontrare i propri cari. Per giunta avendo a che fare con un estraneo dall’aspetto differente.
Renate Reinsve brilla anche in un film fiacco come Another End
Su queste premesse si può ben dire che Another End è l’ennesimo film che sembra un episodio lungo di Black Mirror scartato dalla produzione, dalla premessa interessante ma comunque mal sviluppata. Il suo difetto più grave sta nell’incapacità di trovare un finale all’altezza delle sue premesse, faticando a dare un senso al film. Perché imbastire un film futuristico se non c’è nulla da dire, sul presente o sul futuro? Nel cercare un finale all’altezza per la sua storia, Messina piazza un colpo di scena che guasta ancor di più il risultato finale, risultando scontatissimo e sin troppo consolatorio. A un certo punto c’è uno stacco a nero, sembra che il film sia finito e sarebbe stato meglio così: l’ultima scena, in pochi secondi, peggiora di molto la situazione.
Another End è un film poco riuscito, ma che ha in sé alcuni elementi davvero pregevoli. Su tutti la doppia interpretazione di Renate Reinsve, che affronta due ruoli. Dapprima è il corpo ospite in cui rivive la moglie morta di un dolente Gael García Bernal, poi la persona di cui il protagonista finisce per innamorarsi. Entrambi i personaggi risultano piuttosto stereotipati rispetto al genere fantascientifico, radicati in archetipi femminili datati, funzionali al punto di vista maschile della storia. Eppure da entrambi Reinsve riesce a tirare fuori un’umanità palpabile, non scontata, anche quando interpreta la più convenzionale delle prostitute che balla in locali dalle luci soffuse, rivelando poi un’anima anarchica da squatter.
Durata: 125'
Nazione: Italia
Voto
Redazione
Another End
Another End è un fallimento lodevole, perché tenta di prendere un sentiero pochissimo percorso dal cinema italiano, imboccando la giusta direzione per uscire un po’ dall’esasperato provincialismo, la monotona ripetitività che non fa bene al nostro cinema e che non appartiene alla nostra tradizione. Purtroppo però manca la storia, anzi, manca proprio il film. Specie per chi frequenta con costanza il genere fantascientifico, non offre davvero nulla d’interessante, a parte la conferma che Renate Reisve è davvero un’interprete da seguire, che farà una grande carriera. La speranza è che sia Messina sia il cinema italiano non si facciano scoraggiare da questo passo falso, perché la direzione è davvero quella giusta.