Big Eyes
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Tutti i registi, più o meno involontariamente, vivono un momento di “stanca” durante la loro carriera. successo a nomi illustri e a cineasti meno conosciuti, ma tutti hanno un minimo comun denominatore: la volontà di provare qualcosa di diverso per ritrovare il feeling con lo spettare e per ritrovare soprattutto se stessi.
Sarà questo il motivo che ha spinto Tim Burton a girare Big Eyes? la domanda dopo le quasi due ore di proiezione sorge quasi spontanea. Un quesito che parte da molto lontano per avvicinarsi con lunghissime falcate a quella che può essere l'unica risposta plausibile a questa curiosità...
Una cosa é certa, e non serve essere critici ma semplici appassionati del regista per capirlo. Big Eyes é il meno “burtoniano” di tutti i suoi film. Un prodotto che - ad eccezione dei primi minuti della pellicola - non offre paesaggi e contesti surreali, ma una storia più aderente alla realtà dei personaggi che si stanno raccontando.
Se quindi chi si accinge alla proiezione si aspetta una sorta di Ed Wood - pellicola sempre firmata dal regista di Burbank - potrebbe rimanere fortemente deluso. Big Eyes é un film asciutto - forse anche troppo - diretto, poco poetico. Una scelta (ma siamo sicuri?) che dalla metà in poi emerge prepotentemente tra una scena e l'altra, evidenziando la vera anima di un prodotto che forse manca proprio della passione stessa del regista nel raccontare questa vicenda.
vimager1, 2, 3
Ma di cosa parla Big Eyes? la storia é quella ispirata alla vera vita di Margaret Keane (Amy Adams), pittrice che, a posteriori, é diventata una vera e propria icona dell'arte degli anni '50 americani grazie ai suoi quadri che avevano la particolarità di rappresentare soggetti con occhi giganti, sproporzionati rispetto al resto del corpo. La donna, dopo il suo primo matrimonio conosce un uomo di nome Walter, che successivamente sposa.
Con la scusa di voler valorizzare le sue opere, Walter Keane (Christoph Waltz) si spaccia lui stesso come autore di quei quadri, una situazione che nel corso del tempo diventerà sempre più insostenibile da parte di Margaret, che privata della sua libertà e del suo estro, arriverà a portare in tribunale il marito per reclamare la paternità di quelle opere.
A grandissime linee questa é la trama del film, una trama che da queste poche linee di testo trasmette un sacco di argomenti molto interessanti come l'emancipazione del sesso femminile in quegli anni, la psicologia dietro la donna prima ancora che l'artista e il particolarissimo rapporto tra i due coniugi Keane. Tutti argomenti estremamente interessanti ma che Burton, purtroppo, non approfondisce all'interno del film.
Tutto questo porta a dei dialoghi tra i due protagonisti sicuramente piacevoli e mai noiosi, ma che non riesco a creare empatia con chi guarda, evitando tutti quegli approfondimenti e tutte quelle sfaccettature che avrebbero sicuramente catapultato lo spettatore in una storia sulla carta molto interessante.
Burton firma quindi una pellicola che si limita semplicemente a raccontare piuttosto che analizzare. La sensazione é che, soprattutto nella seconda parte, quella del processo, il regista si “disinnamori” della sua stessa creazione cercando di arrivare il prima possibile al punto senza addentrarsi invece in tutte quelle “stradine secondarie” tipiche della mente umana che hanno reso famosi e apprezzati altri suoi prodotti come il già citato Ed Wood, Edward Mani di Forbici o La Sposa Cadavere.
Un film che quindi scorre pulito, senza grandi stupori e con qualche scena qua e là che cerca di stupire lo spettatore ma che viene fagocitata dalla linearità generale della pellicola. Big Eyes é quindi un prodotto che nella sua linearità racconta comunque una storia che si lascia vedere, con una buona interpretazione da parte dei due attori protagonisti. Detto questo, nonostante il film mette in evidenza un Tim Burton ancora un crisi di identità, dobbiamo ammettere di non esserci mai annoiati, ma piuttosto di essere rimasti delusi da una sceneggiatura che meritava bene altro peso.
Saremmo curiosi di sentire cosa la Signora Keane -oggi ultra ottantenne- abbia pensato del film e di quegli occhi così grandi che nascondendo mille inquietudini, non sono stati in grado di essere raccontati dal regista...
Sarà questo il motivo che ha spinto Tim Burton a girare Big Eyes? la domanda dopo le quasi due ore di proiezione sorge quasi spontanea. Un quesito che parte da molto lontano per avvicinarsi con lunghissime falcate a quella che può essere l'unica risposta plausibile a questa curiosità...
Occhi grandi, ma poco introspettivi.
Una cosa é certa, e non serve essere critici ma semplici appassionati del regista per capirlo. Big Eyes é il meno “burtoniano” di tutti i suoi film. Un prodotto che - ad eccezione dei primi minuti della pellicola - non offre paesaggi e contesti surreali, ma una storia più aderente alla realtà dei personaggi che si stanno raccontando.
Se quindi chi si accinge alla proiezione si aspetta una sorta di Ed Wood - pellicola sempre firmata dal regista di Burbank - potrebbe rimanere fortemente deluso. Big Eyes é un film asciutto - forse anche troppo - diretto, poco poetico. Una scelta (ma siamo sicuri?) che dalla metà in poi emerge prepotentemente tra una scena e l'altra, evidenziando la vera anima di un prodotto che forse manca proprio della passione stessa del regista nel raccontare questa vicenda.
vimager1, 2, 3
Ma di cosa parla Big Eyes? la storia é quella ispirata alla vera vita di Margaret Keane (Amy Adams), pittrice che, a posteriori, é diventata una vera e propria icona dell'arte degli anni '50 americani grazie ai suoi quadri che avevano la particolarità di rappresentare soggetti con occhi giganti, sproporzionati rispetto al resto del corpo. La donna, dopo il suo primo matrimonio conosce un uomo di nome Walter, che successivamente sposa.
Con la scusa di voler valorizzare le sue opere, Walter Keane (Christoph Waltz) si spaccia lui stesso come autore di quei quadri, una situazione che nel corso del tempo diventerà sempre più insostenibile da parte di Margaret, che privata della sua libertà e del suo estro, arriverà a portare in tribunale il marito per reclamare la paternità di quelle opere.
A grandissime linee questa é la trama del film, una trama che da queste poche linee di testo trasmette un sacco di argomenti molto interessanti come l'emancipazione del sesso femminile in quegli anni, la psicologia dietro la donna prima ancora che l'artista e il particolarissimo rapporto tra i due coniugi Keane. Tutti argomenti estremamente interessanti ma che Burton, purtroppo, non approfondisce all'interno del film.
Tutto questo porta a dei dialoghi tra i due protagonisti sicuramente piacevoli e mai noiosi, ma che non riesco a creare empatia con chi guarda, evitando tutti quegli approfondimenti e tutte quelle sfaccettature che avrebbero sicuramente catapultato lo spettatore in una storia sulla carta molto interessante.
Burton firma quindi una pellicola che si limita semplicemente a raccontare piuttosto che analizzare. La sensazione é che, soprattutto nella seconda parte, quella del processo, il regista si “disinnamori” della sua stessa creazione cercando di arrivare il prima possibile al punto senza addentrarsi invece in tutte quelle “stradine secondarie” tipiche della mente umana che hanno reso famosi e apprezzati altri suoi prodotti come il già citato Ed Wood, Edward Mani di Forbici o La Sposa Cadavere.
Un film che quindi scorre pulito, senza grandi stupori e con qualche scena qua e là che cerca di stupire lo spettatore ma che viene fagocitata dalla linearità generale della pellicola. Big Eyes é quindi un prodotto che nella sua linearità racconta comunque una storia che si lascia vedere, con una buona interpretazione da parte dei due attori protagonisti. Detto questo, nonostante il film mette in evidenza un Tim Burton ancora un crisi di identità, dobbiamo ammettere di non esserci mai annoiati, ma piuttosto di essere rimasti delusi da una sceneggiatura che meritava bene altro peso.
Saremmo curiosi di sentire cosa la Signora Keane -oggi ultra ottantenne- abbia pensato del film e di quegli occhi così grandi che nascondendo mille inquietudini, non sono stati in grado di essere raccontati dal regista...