Blitz: su AppleTV+ Steve McQueen usa la musica per raccontare la guerra
Fra musica, orrore e speranza
Dal 22 novembre è su Apple TV+ lo sceneggiatore e regista 55enne Steve McQueen, Premio Oscar nel 2014 per il suo film 12 anni schiavo, è approdato con la sua ultima fatica: il film di guerra Blitz.
La trama di Blitz
Londra, settembre 1940. Mentre i nazisti sono impegnati nel Blitz (dalla famigerata blitzkrieg - la guerra lampo in tedesco) per conquistare l’Inghilterra a un anno dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i bambini vengono spostati dalle grandi città, che si trovano costantemente sotto massicci bombardamenti. Rita (la bravissima Saoirse Ronan, candidata 4 volte agli Oscar le sue interpretazioni in Piccole Donne, Lady Bird, Espiazione e Brooklyn) insieme al padre Gerald (il musicista Paul Weller) e al figlio George (Elliott Heffernan) cerca rifugio quando suonano gli allarmi. Ma George non è al sicuro e le operazioni di evacuazione dei bambini continuano, spingendo Gerald a convincere Rita che George sarà più al sicuro lontano da Londra, in campagna. Arrabbiato con la madre, George sale sul treno rifiutandosi di salutarla. Rita, disperata, continua a lavorare nella fabbrica di bombe insieme alle altre donne, rimaste sole dopo la partenza dei mariti per la guerra e l’allontanamento dei figli. Ma George, in preda al rimorso e alla nostalgia, decide di saltare dal treno per ritornare a casa…
I neri in Inghilterra negli anni ‘40
George viene deriso dagli altri bambini, e bullizzato da tanti adulti, per via del colore della sua pelle. Sua madre Rita è bianca ma suo padre era nero, originario di Grenada.
George non ha mai conosciuto suo padre: Rita gli ha raccontato che venne deportato prima della sua nascita.
Sono passati più di quarant’anni da quando Vasco Rossi cantava di volere una vita come quella di Steve McQueen. Ma questo Steve McQueen non è lo stesso idolatrato da Vasco: questo Steve McQueen è nato in Inghilterra nel 1969 ed è nero. Da sempre, il suo impegno come regista è quello di raccontare la storia dei suoi antenati, degli africani che arrivarono in Europa e in America. Molti venduti come schiavi.
Nella Londra del 1940, nonostante la presenza di alcune migliaia di neri in Inghilterra da diversi anni, il razzismo degli inglesi verso le persone di origine africana - e soprattutto quelle di origine indiana, il cui numero era superiore - era diffuso e comune. La segregazione razziale nell’Inghilterra moderna non è mai esistita. Nei libri di storia si parla dell’esistenza di un sistema simile a quello dell’apartheid ai tempi del dominio anglosassone, nel primo Medioevo. Ma nella Londra del 1940, nonostante i pregiudizi e gli epiteti razzisti, tutti i cittadini avevano gli stessi diritti.
Nel luglio del 1943, il giocatore di cricket nero Learie Constantine non venne servito all’Imperial Hotel di Londra. Constantine denunciò l’episodio e gli venne riconosciuto un risarcimento.
Il principio di uguaglianza di quel periodo viene raccontato con parole semplici ma ispirate dal personaggio di Ife (Benjamin Clementine, Dune). Ed è per questo che la storia del piccolo George (l’esordiente Elliott Heffernan) è del tutto verosimile.
Una storia classica narrata attraverso la musica
L’impianto narrativo di Blitz è classico: di fatto è solo la storia di un bambino che cerca di tornare a casa. Fra mille ostacoli e tante (dis)avventure, la strada di George verso casa è piena di dolore. Ma anche della nostra frustrazione, per un evento - l’atteso abbraccio con la madre - che sembra non dover arrivare mai.
Il film ci racconta un aspetto abbastanza inedito della guerra, ci mostra a Londra prima e dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale ma soprattutto utilizza un linguaggio insolito. Una infatti un approccio spesso tipico dei musical, in diversi momenti. Non tanto per sdrammatizzare, quanto per usare la musica come mezzo di espressione universale. Dalla spensieratezza della musica e del ballo, in un istante si passa al silenzio all’orrore della guerra, delle bombe, della distruzione e della morte.
Steve McQueen non gira intorno al dramma, ci spinge verso la paura con forza. Non pago, rincara la dose mostrandoci il lavoro degli sciacalli (grazie all’intervento del sempre perfetto Stephen Graham, protagonista di Bodies).
La musica è il filo conduttore di tutto il racconto. Rita è un’ottima cantante, il padre è un pianista, il padre di George era un musicista e un bravo ballerino. Mentre le bombe esplodono, per farsi coraggio nel rifugio cantano Show Me the Way to Go Home, la canzone del 1925 che Robert Shaw cantava ne Lo squalo parlando proprio della Seconda Guerra Mondiale.
La musica accompagna i sogni belli di George, i momenti in cui la gente cerca di dimenticare la guerra e vivere normalmente. Ma puntualmente, quando la musica s’interrompe, il sogno finisce e il silenzio viene seguito dalla tragedia.
Coprifuoco, oscuramento (cioè l’obbligo di tenere spente tutte le luci per non essere visibili), mancanza di rifugi. Episodi di intolleranza verso cittadini inglesi di altre origini, e naturalmente verso gli ebrei. Ife nel rifugio ricorda a tutti che è esattamente ciò che sta facendo Hitler in Germania: separare la popolazione. Mettere l’uno contro l’altro. Ma in Inghilterra non sarà così. In Inghilterra ci saranno anche le battutacce, ma si lotterà tutti insieme contro il nazismo. Fino alla vittoria, che da Blitz è ancora molto, molto lontana… Ma ci restituisce speranza con un abbraccio che vale più di un tesoro.