Blue Jasmine
di
Inquadrare i film di Woody Allen non é certo semplice, soprattutto se prendiamo in esame l'ultima decade di produzioni. Dopo una serie di titoli considerati dei flop dalla critica statunitense, sembra che il Festival di Cannes del 2005 sigli la sua totale rinascita, frutto di nuovi lavori dalle tematiche più profonde e viscerali, in grado di mescolare vorticosamente, la commedia classica tipica del regista con temi più drammatici e fortemente attuali.
Blue Jasmine, riesce a mescolare il suddetto cocktail con particolare maestria, regalandoci un prodotto sublime, impreziosito soprattutto dall'interpretazione di Cate Blanchett, eccezionale protagonista femminile.
L'ottima capacità dell'attrice, infatti, si intravede sin dai primi minuti, quando incontriamo Jasmine seduta comodamente su un volo di prima classe per raggiungere la sorella minore Ginger (Sally Hawkins) in quel di San Francisco. Apparentemente tutto normale, almeno fino a quando Allen non comincia il suo gioco di flashback, per mostrarci ciò che la donna cela in realtà dietro quel sorriso e quel portamento così perfetti.
A causa di un crollo finanziario, frutto delle innumerevoli truffe effettuate dal marito Hal (Alec Baldwin), Jasmine é costretta a trasferirsi dall'incantato mondo fiabesco della ricchezza al mondo più opaco della realtà, fatta di frustrazioni, disagi sociali, povertà e situazioni lavorative molto più dure di quelle che la medesima abbia mai vissuto o persino immaginato.
Comincia a farsi chiaro il messaggio del regista, che cerca di mostrare il dramma mascherandolo con alcune battute comiche, allentando così la morsa di un tema decisamente delicato, fonte di grande sofferenza per la giovane newyorkese. Con il susseguirsi delle scene, in una mistura perfetta tra flashback e presente, si nota il completo asservimento della protagonista verso l'aspetto esteriore, quell'apparire con distacco dietro agli ultimi baluardi che é riuscita a preservare, come le borse di Louis Vuitton o le perle che porta al collo, che necessariamente crolla quando é costretta a scontrarsi con la banca rotta, vivendo delle mostruose crisi personali che deteriorano la sua persona mostrando ciò che é in realtà, una donna dipendente da Xanax e alcol.
La forte critica dettata dal regista si muove con piedi di piombo per tutta la durata del film, riuscendo a scandire, palesemente, il tema attuale che si radica nell'importanza dell'apparenza a discapito della sostanza.
L'interpretazione attenta e magistrale della Blanchett riesce a dirigere il copione senza alcuno intoppo, aiutandoci nel compito di scrutatori nel vivere insieme agli attori la differenza lampante del mondo di Jasmine paragonato a quello della sorella Ginger, volutamente opposta a lei in ogni cosa. Quest'ultima ne apostrofa spesso la differenza, indicando la sorella come “quella con i geni migliori” e giustificandosi spesso, persino, quando viene additata dalla prima per le frequentazioni poco raccomandabili, visti l'ex marito Augie (Andrew Dice Clay) o l'attuale fidanzato Chili (Bobby Cannavale) che rispecchiano quel ceto sociale medio-basso (disprezzato da Jasmine) che si mostra grezzo e sboccato all'apparenza ma conserva, alle proprie spalle, dignità e valori d'altri tempi, come il duro lavoro o l'amore sincero per la propria donna.
Anche la possibilità di redenzione della protagonista, incontrando casualmente ad una festa l'avvenente Dwight Westlake (Peter Sarsgaard), va lentamente verso il declino quando la stessa, proprio per mantenere le apparenze ed un lignaggio non più suo, si finge arredatrice di interni con un passato trasformato e privo di autenticità. Allo stesso tempo lo spettatore viene proiettato in due realtà parallele, saltando tra le parti di giudice e giudicato, in modo da delineare un parallelismo tra fantasia e verità che, senza ombra di dubbio (la pellicola lo sottolinea), viene a galla a mo' di sentenza distruggendo il castello di carte costruito finora.
Con Blue Jasmine il regista vuole regalarci una forte critica verso la società moderna, sempre più propensa a vivere dedicandosi più sull'apparenza, senza soffermarsi sui reali disagi quotidiani, data l'incapacità di volerli osservare. La Jasmine che impariamo a conoscere nel corso della pellicola trasuda, con ogni espressione, ognuno dei propri drammi personali, mostrandoci non tanto gli effetti di un possibile declino economico ma piuttosto il decorso, purtroppo inesorabile, di un identità fittizia distrutta dallo scontro con la realtà, per colpa della superficialità di chi si nasconde davanti alla finta certezza.
Blue Jasmine, riesce a mescolare il suddetto cocktail con particolare maestria, regalandoci un prodotto sublime, impreziosito soprattutto dall'interpretazione di Cate Blanchett, eccezionale protagonista femminile.
L'ottima capacità dell'attrice, infatti, si intravede sin dai primi minuti, quando incontriamo Jasmine seduta comodamente su un volo di prima classe per raggiungere la sorella minore Ginger (Sally Hawkins) in quel di San Francisco. Apparentemente tutto normale, almeno fino a quando Allen non comincia il suo gioco di flashback, per mostrarci ciò che la donna cela in realtà dietro quel sorriso e quel portamento così perfetti.
A causa di un crollo finanziario, frutto delle innumerevoli truffe effettuate dal marito Hal (Alec Baldwin), Jasmine é costretta a trasferirsi dall'incantato mondo fiabesco della ricchezza al mondo più opaco della realtà, fatta di frustrazioni, disagi sociali, povertà e situazioni lavorative molto più dure di quelle che la medesima abbia mai vissuto o persino immaginato.
Comincia a farsi chiaro il messaggio del regista, che cerca di mostrare il dramma mascherandolo con alcune battute comiche, allentando così la morsa di un tema decisamente delicato, fonte di grande sofferenza per la giovane newyorkese. Con il susseguirsi delle scene, in una mistura perfetta tra flashback e presente, si nota il completo asservimento della protagonista verso l'aspetto esteriore, quell'apparire con distacco dietro agli ultimi baluardi che é riuscita a preservare, come le borse di Louis Vuitton o le perle che porta al collo, che necessariamente crolla quando é costretta a scontrarsi con la banca rotta, vivendo delle mostruose crisi personali che deteriorano la sua persona mostrando ciò che é in realtà, una donna dipendente da Xanax e alcol.
La forte critica dettata dal regista si muove con piedi di piombo per tutta la durata del film, riuscendo a scandire, palesemente, il tema attuale che si radica nell'importanza dell'apparenza a discapito della sostanza.
L'interpretazione attenta e magistrale della Blanchett riesce a dirigere il copione senza alcuno intoppo, aiutandoci nel compito di scrutatori nel vivere insieme agli attori la differenza lampante del mondo di Jasmine paragonato a quello della sorella Ginger, volutamente opposta a lei in ogni cosa. Quest'ultima ne apostrofa spesso la differenza, indicando la sorella come “quella con i geni migliori” e giustificandosi spesso, persino, quando viene additata dalla prima per le frequentazioni poco raccomandabili, visti l'ex marito Augie (Andrew Dice Clay) o l'attuale fidanzato Chili (Bobby Cannavale) che rispecchiano quel ceto sociale medio-basso (disprezzato da Jasmine) che si mostra grezzo e sboccato all'apparenza ma conserva, alle proprie spalle, dignità e valori d'altri tempi, come il duro lavoro o l'amore sincero per la propria donna.
Anche la possibilità di redenzione della protagonista, incontrando casualmente ad una festa l'avvenente Dwight Westlake (Peter Sarsgaard), va lentamente verso il declino quando la stessa, proprio per mantenere le apparenze ed un lignaggio non più suo, si finge arredatrice di interni con un passato trasformato e privo di autenticità. Allo stesso tempo lo spettatore viene proiettato in due realtà parallele, saltando tra le parti di giudice e giudicato, in modo da delineare un parallelismo tra fantasia e verità che, senza ombra di dubbio (la pellicola lo sottolinea), viene a galla a mo' di sentenza distruggendo il castello di carte costruito finora.
Con Blue Jasmine il regista vuole regalarci una forte critica verso la società moderna, sempre più propensa a vivere dedicandosi più sull'apparenza, senza soffermarsi sui reali disagi quotidiani, data l'incapacità di volerli osservare. La Jasmine che impariamo a conoscere nel corso della pellicola trasuda, con ogni espressione, ognuno dei propri drammi personali, mostrandoci non tanto gli effetti di un possibile declino economico ma piuttosto il decorso, purtroppo inesorabile, di un identità fittizia distrutta dallo scontro con la realtà, per colpa della superficialità di chi si nasconde davanti alla finta certezza.