Blur: To the End: storia di una band onesta anche nell’invecchiare: la recensione del doc sui Blur

Blur: To the End racconta la band icona del brit pop anni ‘90 facendo proprie le caratteristiche del suo successo musicale: onestà, schiettezza, irriverenza, capacità di raccontare anche gli aspetti meno gradevoli, senza indorare la pillola.

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L’onestà è la carta vincente di “Blur: To the End”, e forse non poteva essere altrimenti, considerando quanto la band inglese che racconta sia balzata agli onori delle cronache e delle classifiche musicali proprio per come abbia saputo raccontarsi senza filtri. Non è nemmeno il primo documentario che ne racconta la storia e di certo non è il progetto su un dietro le quinte musicale più brutalmente rivelatore che ci sia mai capitato di vedere, ma si percepisce chiaramente come il timone del progetto sia nelle mani del documentarista e regista Toby L, che è molto più di un tramite tecnico attraverso cui far passare i desiderata della band.

Blur: To the End: storia di una band onesta anche nell’invecchiare: la recensione del doc sui Blur

Anzi, si percepisce chiaramente come Toby L. non sia particolarmente interessato né all’agiografia né al mettere in piedi un’operazione nostalgia. Il suo focus è piuttosto sul racconto di una band i cui membri, da anni, non vivono più in simbiosi ma che, per molti motivi differenti, nel 2023 decidono di ritrovarsi, pubblicare un nuovo album e centrare quella doppia data a Wembley che era loro mancata all’apice della carriera.

Ogni membro viene reintrodotto al pubblico e alle vite degli altri componenti della band nella personalità distintiva, seppur accumunata da quell’onestà molto laterale, molto britannica, che accomuna sia i membri della band sia chi li racconta attraverso regia e montaggio. “Non amo chi si perde in cazzate” ha detto Toby L. in merito al progetto “e i Blur sono proprio il il contrario di chi lo fa”. Come fargli torto quando, per riassumere lunghi periodi di rapporti quasi inesistenti con gli altri membri della band, il chitarrista Graham Coxon chiosa: “Ci sono stati stati anni in cui ho sentito più spesso Downing Street e il Palazzo che Damon e gli altri”?

I blur raccontano l’invecchiare senza troppi filtri

Questa onestà di fondo è ovviamente la forza del documentario, così come la capacità del suo creatore di scomparire in un angolo, o quantomeno farsi accettare dai blur come parte del processo creativo, senza proteggersi di fronte alla cinepresa. Questo gli permette di cogliere momenti bellissimi nella loro assurdità, che raccontano quanto sia difficile ritrovarsi e tornare in sintonia anche quando si è spesa la propria gioventù gomito a gomito. C’è questa scena memorabile in cui il cantante Damon sente per la prima volta il nuovo EP della band e si commuove, piange. Graham però non è più in sintonia con lui e solo dopo, molto dopo, capisce che Damon non stava sghignazzando del loro lavoro, ma stava singhiozzando.

Blur: To the End: storia di una band onesta anche nell’invecchiare: la recensione del doc sui Blur

I momenti migliori di “Blur: To the End” sono concentrati nell’avvio, quando la band si riunisce con famiglie e figli e, come tanti coetanei meno ricchi e meno di successo, si ritrova a constatare amaramente quanto sia diventata espressione di quello che da giovani avevano giurato di non essere. Tutti loro per esempio si sono trasferiti in ricche residenze di campagna, occupandosi di galline, uova e formaggi, simbolo di quello status quo benestante che in gioventù odiavano. Rimangono pur sempre i blur, con una ciotola di erba (non di frutta) posta sul tavolo delle riunioni, con l’aria da studenti che ne stanno combinando una delle loro quando tornano alla scuola che frequentavano per visitare l’aula laboratorio di musica che ora porta il loro nome.

Il filtro scelto da Toby L. è quello della mortalità, raccontata attraverso un rapporto profondo di amicizia pluridecennale. In questo senso è persino sconcertante notare come affiori continuamente il tema dell’invecchiare dalle parole dei blur. “Blur: To the End” ricorda per approccio e toni un genere biografico musicale molto in voga di recente, in cui appunto l’artista ricorda il passato ma si confronta con le mancanze del suo fisico e della sua voce nel presente, non riuscendo più a tenere un certo ritmo, aprendo uno spiraglio a un’enorme vulnerabilità.

Solo che gli artisti raccontati da questo tipo di documentario in genere, per età, sono di una o più generazioni precedenti ai blur: Celine Dion con il bellissimo “I am Celine”, Bon Jovi, i Beach Boys. Probabilmente è il montaggio di Toby L e la selezione del materiale attraverso questa particolare lente a rendere “Blur: To the End” quasi un memento mori, ma è bizzarro e dissonante sentire una band i cui membri sono tutti nati negli anni ‘60 e spesso sono appena entrati negli “anta” intendere l’end del titolo del doc in questo senso.

Blur: To the End: storia di una band onesta anche nell’invecchiare: la recensione del doc sui Blur

To the end fa la scelta vincente di rifiutare di guardare al passato

Meno dissonante e più interessante è invece il modo in cui il film racconta l’evento di Wembley - da cui Toby L ha realizzato un film concerto live di due ore - ancora una volta lontano dal filtro della nostalgia. Da fan di vecchia data della band, il regista da voce al nuovo pubblico dei blur, che li scopre oggi, li sente vicini per tematiche sociali e stati d’animo, pur essendo passati più di 30 anni dall’uscita dei loro brani che hanno incarnato il malessere di una generazione, un paio di generazioni fa.

È questa capacità continua di guardare al presente, senza rivangare troppo il passato, rifiutando la nostalgia a rendere “Blur: To the End” spesso più incisivo da altri film del genere, anche se ci somiglia parecchio per lunghi passaggi. Oltre all’innato humour pungente dei suoi protagonisti, è l’approccio scelto a fare la differenza. Toby L segue i suoi soggetti sono quando sono in movimento, al lavoro nello studio di registrazione, a casa di uno o dell’altro ma anche e soprattutto in tour. Rifiuta quasi del tutto l’intervista sottopanciata in studio, il commento distaccato dei protagonisti che riguardano il montato delle loro attività per commentare, preferendo catturare i dialoghi tra quattro amici invecchiati ma il cui cuore dell’opera artistica non solo parla ancora ai vecchi fan, ma anche alle giovani generazioni

 

Blur: To the End

Durata: 104'

Nazione: Regno Unito

6.5

Voto

Redazione

TISCALItestatapng

Blur: To the End

“Blur: To the End” è materiale da fan, certo, ma capace di parlare a chiunque sia curioso rispetto alla storia e all’essenza della band che racconta all’apice della sua reunion. Questo perché è nobilitato dall’essere un doc vero e proprio e non un materiale promozionale sotto mentite spoglie. È un progetto le cui redini sono saldamente nelle mani del suo realizzatore e non in quelle censoree della band. Non propone particolari innovazioni o sorprese ma le band alla fine invecchiano come le persone. Ognuna affronta le stesse sfide e difficoltà ed è solo il come si reagisce alle stesse (e la tipologia di documentario che si realizza in merito) che rivela il carattere unico di ciascuna.

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