Boyhood
di
Roberto Vicario
Il tempo é un argomento che affascina da sempre qualsiasi tipo di arte. Pittori, scrittori, musicisti e molte altre categorie si sono cimentate nell'interpretazione di questa parola attraverso le loro opere. Di per se, lo scorrere del tempo é un argomento che fa viaggiare la fantasia, che stimola pensieri sull'evoluzione di una persona, trasformandosi in qualcosa di totalmente imperscrutabile.
Il cinema non é esente dall'analisi di questa affascinante dimensione, e già in passato molti registi hanno provato a cimentarsi nel racconto di eventi prolungati nel tempo. Un esempio vivido e lampante é sicuramente la trilogia di Jesse e Céline, scritta e diretta da Richard Linklater. I tre film (Prima dell'alba, Prima del Tramonto e Before Midnight) uniti, hanno provato a raccontare il flusso degli eventi accaduti alla coppia protagonista delle pellicole.
Lo stesso regista texano decide di tornare a cimentarsi su questo argomento affrontano in maniera ancora più sfrontata e diretta l'argomento con il suo Boyhood. Nella pellicola - girata nell'arco di 12 lunghi anni - vivremo la crescita e l'evoluzione di Mason Evans Jr. dal 2002 sino al 2013 quando raggiunge la maggiore età.
La vita del ragazzo passerà attraverso la quotidianità di una famiglia americana. Il padre Mason (Ethan Hawke) é un musicista dallo spirito libertino, divorziato dalla moglie e spesso in giro per gli Stati Uniti d'America. Nonostante la sua condizione itinerante, cerca di non far mancare mai nulla ai suoi due figli. Olivia (Patricia Arquette) é invece la mamma di Mason Jr., una donna tutta d'un pezzo che attraverso lo studio ed il raggiungimento di un tardivo diploma, prova a mantenere i propri figli nonostante evidenti difficoltà finanziarie. Infine, Samantha (Lorelei Linklater, figlia del regista) é la sorella di Mason Jr.
Queste figure “normali” vengono raccontare allo spettatore nell'arco narrativo di dodici anni, un lasso temporale in grado di mostrare senza filtri l'evoluzione non solo di una famiglia americana, ma di Mason Jr.
Il pregio insito nella pellicola di Linklater é proprio quello - non così banale e scontato - di riportare il cinema in una dimensione in cui la macchina da presa viene utilizzata per catturare proprio quel fantomatico tempo che si prova a raccontare, e utilizzarlo per trasmettere emozioni allo spettatore.
Per raggiungere questo scopo il regista texano decide di utilizzare un approccio diretto, senza filtri, asciutto. In questo modo, Boyhood diventa un film che si apre a diverse intepretazioni e soprattutto mette a nudo quello che gli esseri umani si trovano a dover affrontare ogni giorno: la responsabilità di essere genitori, la paure che un ragazzo affronta nella sua fase di crescita, e molto altro ancora.
Boyhood, preso con la giusta sensibilità, diventa quindi una sorta di strumento, di metro di giudizio per capire quanto sia distante la nostra educazione ed il modo che abbiamo di rapportarci con i nostri figli, rispetto a quello della famiglia Mason.
Lo scandire del tempo é inoltre raccontato in maniera furba. Oltre agli avvenimenti interni, la quotidianità della famiglia Mason sarà investita da eventi popolari come ad esempio l'elezione di Barack Obama, giusto per citarne uno. Uno strumento in grado, anche in questo caso, di raccontare lo scorrere della dimensione temporale, che rimane il focus principale della pellicola nelle sue due ore circa di durata.
Ovviamente, un plauso enorme va fatto all'ottimo cast. Ellan Coltrane, complice anche la parallela crescita insieme al personaggio, porta su schermo un Mason Jr. vero, in grado di trasmettere tutta la fragilità di piccoli uomini che crescono in un mondo che difficilmente perdona qualcosa. Ethan Hawke e Patricia Arquette sono l'esempio perfetto di tutto quello che i genitori possono commettere, sotto forma di errori, nella fase più delicata dell'educazione dei figli.
Quello che ne esce é quindi un film che merita di essere visto, un esempio moderno di quel cinema verita francese, ad un passo dal nostro neorealismo italiano per certi versi, che solamente in alcune pellicole d'autore possiamo trovare al giorno d'oggi.
Boyhood ha quindi un forte retrogusto di cinema passato, che qui ritorna in forma moderna nella struttura, ma legato agli antichi fasti di un tempo nella sostanza. Un progetto che osa, sperimenta ed elabora un concetto così complesso come il tempo, filtrandolo attraverso la famiglia Mason, panacea di tutte le insicurezze che ragazzi e genitori possono vivere al giorno d'oggi. In fondo, se volessimo racchiudere tutto all'interno di una frase, come dice il narratore all'interno della pellicola:” Non siamo noi a cogliere l'attimo, ma sono gli attimi a cogliere noi stessi”. Dopo la visione di questo film, non possiamo che essere d'accordo con lui.
Una vita raccontata senza filtri
Il cinema non é esente dall'analisi di questa affascinante dimensione, e già in passato molti registi hanno provato a cimentarsi nel racconto di eventi prolungati nel tempo. Un esempio vivido e lampante é sicuramente la trilogia di Jesse e Céline, scritta e diretta da Richard Linklater. I tre film (Prima dell'alba, Prima del Tramonto e Before Midnight) uniti, hanno provato a raccontare il flusso degli eventi accaduti alla coppia protagonista delle pellicole.
Lo stesso regista texano decide di tornare a cimentarsi su questo argomento affrontano in maniera ancora più sfrontata e diretta l'argomento con il suo Boyhood. Nella pellicola - girata nell'arco di 12 lunghi anni - vivremo la crescita e l'evoluzione di Mason Evans Jr. dal 2002 sino al 2013 quando raggiunge la maggiore età.
La vita del ragazzo passerà attraverso la quotidianità di una famiglia americana. Il padre Mason (Ethan Hawke) é un musicista dallo spirito libertino, divorziato dalla moglie e spesso in giro per gli Stati Uniti d'America. Nonostante la sua condizione itinerante, cerca di non far mancare mai nulla ai suoi due figli. Olivia (Patricia Arquette) é invece la mamma di Mason Jr., una donna tutta d'un pezzo che attraverso lo studio ed il raggiungimento di un tardivo diploma, prova a mantenere i propri figli nonostante evidenti difficoltà finanziarie. Infine, Samantha (Lorelei Linklater, figlia del regista) é la sorella di Mason Jr.
Queste figure “normali” vengono raccontare allo spettatore nell'arco narrativo di dodici anni, un lasso temporale in grado di mostrare senza filtri l'evoluzione non solo di una famiglia americana, ma di Mason Jr.
Il pregio insito nella pellicola di Linklater é proprio quello - non così banale e scontato - di riportare il cinema in una dimensione in cui la macchina da presa viene utilizzata per catturare proprio quel fantomatico tempo che si prova a raccontare, e utilizzarlo per trasmettere emozioni allo spettatore.
Per raggiungere questo scopo il regista texano decide di utilizzare un approccio diretto, senza filtri, asciutto. In questo modo, Boyhood diventa un film che si apre a diverse intepretazioni e soprattutto mette a nudo quello che gli esseri umani si trovano a dover affrontare ogni giorno: la responsabilità di essere genitori, la paure che un ragazzo affronta nella sua fase di crescita, e molto altro ancora.
Boyhood, preso con la giusta sensibilità, diventa quindi una sorta di strumento, di metro di giudizio per capire quanto sia distante la nostra educazione ed il modo che abbiamo di rapportarci con i nostri figli, rispetto a quello della famiglia Mason.
Lo scandire del tempo é inoltre raccontato in maniera furba. Oltre agli avvenimenti interni, la quotidianità della famiglia Mason sarà investita da eventi popolari come ad esempio l'elezione di Barack Obama, giusto per citarne uno. Uno strumento in grado, anche in questo caso, di raccontare lo scorrere della dimensione temporale, che rimane il focus principale della pellicola nelle sue due ore circa di durata.
Ovviamente, un plauso enorme va fatto all'ottimo cast. Ellan Coltrane, complice anche la parallela crescita insieme al personaggio, porta su schermo un Mason Jr. vero, in grado di trasmettere tutta la fragilità di piccoli uomini che crescono in un mondo che difficilmente perdona qualcosa. Ethan Hawke e Patricia Arquette sono l'esempio perfetto di tutto quello che i genitori possono commettere, sotto forma di errori, nella fase più delicata dell'educazione dei figli.
Quello che ne esce é quindi un film che merita di essere visto, un esempio moderno di quel cinema verita francese, ad un passo dal nostro neorealismo italiano per certi versi, che solamente in alcune pellicole d'autore possiamo trovare al giorno d'oggi.
Boyhood ha quindi un forte retrogusto di cinema passato, che qui ritorna in forma moderna nella struttura, ma legato agli antichi fasti di un tempo nella sostanza. Un progetto che osa, sperimenta ed elabora un concetto così complesso come il tempo, filtrandolo attraverso la famiglia Mason, panacea di tutte le insicurezze che ragazzi e genitori possono vivere al giorno d'oggi. In fondo, se volessimo racchiudere tutto all'interno di una frase, come dice il narratore all'interno della pellicola:” Non siamo noi a cogliere l'attimo, ma sono gli attimi a cogliere noi stessi”. Dopo la visione di questo film, non possiamo che essere d'accordo con lui.