L' Angelo del Male - Brightburn

La collaborazione tra David Yarovesky (uno dei Ravagers nei Guardiani della Galassia) e i vari componenti della famiglia Gunn non poteva che proseguire con la produzione di un film che mostra il lato oscuro dei supereroi. Siamo abituati a vedere i classici Villain che vengono sconfitti dal bene, ma Brightburn sovverte le regole del gioco sfociando nell’orrorifico. Uscirà in sala il 23 maggio e vi catapulterà in una versione sovversiva della mitologia che ha da sempre caratterizzato la potenza di Superman; rispondendo, così, a una semplice domanda: cosa accadrebbe se quel bambino sceso dal cielo non fosse salvifico, ma malefico?

I cinecomics ci hanno abituato al più classico motto “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” e, per quanto sia stato Stan Lee a far dire queste parole allo zio del nostro Spiderman di quartiere, esse rappresentano quella caratteristiche che da sempre hanno contraddistinto gli eroi da cattivi. Dotato di grandi poteri, in genere, l’eroe viene dotato anche di una grande compassione fermandosi sempre davanti ai ricordi o alle emozioni che essi gli hanno lasciato sulla pelle. 

Superman, ad esempio, anche quando perde il controllo si ferma nel sentire il nome della madre umana. Ah, la cara e vecchia Martha Kent. Niente di più diverso poteva essere concepito in un film che si scrive praticamente da solo. Se, infatti, la storia alla base dell'uomo d'acciaio si può rintracciare parte della mitologia cristiana, in particolare il divino che si fa uomo indossando un paio di occhiali; l'angelo del male ci porta davanti l'accettazione degli istinti più profondi e animaleschi. Volendolo analizzare sotto questa ottica si potrebbe guardare questo film integrando ad esso una versione di quello che viene definito "Anticristo" mandato sulla terra per portarla alla perdizione. 

I protagonisti sono una coppia di agricoltori, della piccola cittadina di Brightburn, che non riusciva ad avere figli, ma colgono l’opportunità di adottare un bambino sceso letteralmente dal cielo. La coppia, formata da Elizabeth Banks (Effy di Hunger Games) e David Denman, così dopo svariati tentativi trova pace con l’arrivo di questo maschietto interpretato da Jackson A. Dunn (chi di voi ha visto Endgame potrà averlo visto per alcuni minuti nei panni di Scott Lang). Il cast funziona molto bene in scena, soprattutto il giovane Jackson è quasi una rivelazione nella sua doppia interpretazione, strappando un sorriso al pubblico con la sua necessaria monotonicità davanti alla spiegazione di alcune emozioni totalmente umane. Infatti, le espressioni e le battute di Jackson sono l’elemento chiave per scandire il ritmo del film: lui fa saltare il pubblico sulla poltrona, lui riesce a farlo ridere. 

Il sapore del marchio Gunn è sicuramente riconoscibile nella scelta delle musiche che accompagnano la pellicola. James ci ha abituati a grandi scelte musicali che si integrano bene con i movimenti in scena e questo film non è da meno. Il mixaggio sonoro, nella sua riproduzione di suoni naturali, non aggiunge niente di “esterno” perché non è necessario. Molti film horror addizionano ai suoni dell’ambiente il “volume” della presenza malefica per incrementare la suspance così da preparare la sala, ma qui non è assolutamente necessario. I movimenti di camera sono in grado di far immedesimare lo spettatore con quello che sta vivendo la "preda". L’uso delle soggettive è sapientemente usato nel raccordo narrativo, integrando così ciò che viene mostrato al pubblico a ciò che vive il protagonista in scena.