Capitan Harlock
di
Fin qui niente di nuovo. Alla virata dark dell'animazione giapponese dell'ultimo decennio eravamo preparati, dopotutto. Quel che mi lascia sgomenti, però, é stato scoprire l'identità del bieco carnefice di candidati, chiuso fino ad un attimo prima in una power armor inquietante, a metà tra i littori di Warhammer 40K e Metroid Prime, con in mano una vibroascia bipenne che nemmeno Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna avrebbe il coraggio di sfoggiare in occasioni diverse da un cocktail natalizio con i colleghi. Sciolto il nodo ti accettiamo a bordo oppure ti riduciamo a una frittata al pomodoro, l'elmo dell'armatura del bieco aguzzino si apre e spunta... il volto paffuto di Yattaran! Proprio così. Il divertente nostromo con la maglietta a righe e una passione per il modellismo aeronavale anni Quaranta, protagonista di tante esilaranti gag della serie animata, é sostituito nel film da suo clone (e due!) geneticamente modificato, alto due metri, muscoloso come Schwartzie prima dell'ischemia e dell'avventura politica in California, vero elemento di punta della linea d'attacco, pardon dell'equipaggio dell'Arcadia. Per fortuna, due protagoniste femminili intervengono a mitigare il tasso di testosterone.
C'é Kei, la Yukie dei cartoni, bella, atletica, combattiva e protagonista dell'unica brevissima concessione all'erotismo made in Japan del film (lo avete già visto nel trailer tutto quanto, perciò se é per quello che andate a vedere un film, fareste meglio a investire i soldi del biglietto nell'acquisto di un DVD de La clinica dell'amore...), tutto sommato fedele all'originale, con un briciolo di spessore in più. E Mimay (Met o Meeme, nella serie animata), ultima discendente degli alieni Niflung, tradotto in Nibelunghi nell'orrendo doppiaggio italiano, che abbandona qui la lunga veste e le abitudini alcoliste che avevano contribuito allora al suo fascino enigmatico, per indossare una banale tutina attillata e sfoggiare propositi inspiegabilmente suicidi, pur di favorire i piani del suo tetro e schivo comandante.
Grandi assenti, invece, i nemici. Parlo di quelli veri, ovviamente, come le letali guerriere di Mazone cui la tecnologia d'animazione 3D (davvero ottima e mai invasiva in questo film) del Ventunesimo Secolo avrebbe saputo certamente regalare un aspetto ancora più inquietante di quello di tre decadi e mezza fa. Invece, nel film di Harlock non c'é traccia dell'inquietante ombra della regina Raflesia, delle “ragazze che bruciano come carta” e dei loro tetri monoliti neri, né di “Laura dagli occhi scintillanti”. Saggiamente, all'epoca della serie animata i membri del governo umano e delle forze armate planetarie erano stati relegati al ruolo di goffi comprimari, impegnati vanamente in stile Zennigata nel loro patetico sforzo di fermare Harlock. Il “reboot” 2013, invece, ha la pretesa di conferire alla Coalizione Gaia (il cui nome, in italiano, é già di per sé involontariamente autoironico) la patente di avversario principale, suscitando negli appassionati in sala, a più riprese, sorrisi là dove probabilmente gli sceneggiatori avrebbero preteso sguardi di sgomento.
Nessuno dei membri del direttorio a capo della Coalizione riesce a bucare lo schermo come riesce a fare il pur stanco Donald Sutherland di Hunger Games e l'unico nemico credibile, alla fine, risulta essere il paraplegico Ezra che, se si va a vedere bene, di ragioni di fare quel che fa ne ha più d'una. E non parlo certo della comprensibile acrimonia nei confronti di un fratello che lo ha ridotto in quel modo, ma piuttosto del senso del dovere e della fedeltà alla sua gente che lo spinge a proteggerla contro chi desidera annientarla in una catastrofe inarrestabile. Il dilemma é se sia meglio lasciare che gli umani in declino (perché mai, viene da chiedersi, visto che cinque diverse serie di Star Trek hanno dimostrato che l'universo é vasto e pieno di risorse) continuino a pensare al loro pianeta madre come una casa sacra, inviolabile e pressoché incontaminata, oppure svelare loro la tragica verità. Ossia che a causa del gesto folle del comandante della flotta di corazzate Death Shadow (attenzione, di qua in avanti parte una raffica di spoileroni...), che decise di contaminarla con la materia oscura uscita dai motori delle navi pur di non consentire agli umani (troppi: gli sceneggiatori abbracciano anche loro la baggianata new-age sulla sovrappopolazione, dimenticandosi del fatto che proprio il loro popoloso Giappone, assieme a Cina, Brasile e India, altrettanto prolifici, sono le uniche economie del mondo progredito a crescita positiva, mentre la sterile Europa, invece...) di tornarci.
C'é Kei, la Yukie dei cartoni, bella, atletica, combattiva e protagonista dell'unica brevissima concessione all'erotismo made in Japan del film (lo avete già visto nel trailer tutto quanto, perciò se é per quello che andate a vedere un film, fareste meglio a investire i soldi del biglietto nell'acquisto di un DVD de La clinica dell'amore...), tutto sommato fedele all'originale, con un briciolo di spessore in più. E Mimay (Met o Meeme, nella serie animata), ultima discendente degli alieni Niflung, tradotto in Nibelunghi nell'orrendo doppiaggio italiano, che abbandona qui la lunga veste e le abitudini alcoliste che avevano contribuito allora al suo fascino enigmatico, per indossare una banale tutina attillata e sfoggiare propositi inspiegabilmente suicidi, pur di favorire i piani del suo tetro e schivo comandante.
Grandi assenti, invece, i nemici. Parlo di quelli veri, ovviamente, come le letali guerriere di Mazone cui la tecnologia d'animazione 3D (davvero ottima e mai invasiva in questo film) del Ventunesimo Secolo avrebbe saputo certamente regalare un aspetto ancora più inquietante di quello di tre decadi e mezza fa. Invece, nel film di Harlock non c'é traccia dell'inquietante ombra della regina Raflesia, delle “ragazze che bruciano come carta” e dei loro tetri monoliti neri, né di “Laura dagli occhi scintillanti”. Saggiamente, all'epoca della serie animata i membri del governo umano e delle forze armate planetarie erano stati relegati al ruolo di goffi comprimari, impegnati vanamente in stile Zennigata nel loro patetico sforzo di fermare Harlock. Il “reboot” 2013, invece, ha la pretesa di conferire alla Coalizione Gaia (il cui nome, in italiano, é già di per sé involontariamente autoironico) la patente di avversario principale, suscitando negli appassionati in sala, a più riprese, sorrisi là dove probabilmente gli sceneggiatori avrebbero preteso sguardi di sgomento.
Nessuno dei membri del direttorio a capo della Coalizione riesce a bucare lo schermo come riesce a fare il pur stanco Donald Sutherland di Hunger Games e l'unico nemico credibile, alla fine, risulta essere il paraplegico Ezra che, se si va a vedere bene, di ragioni di fare quel che fa ne ha più d'una. E non parlo certo della comprensibile acrimonia nei confronti di un fratello che lo ha ridotto in quel modo, ma piuttosto del senso del dovere e della fedeltà alla sua gente che lo spinge a proteggerla contro chi desidera annientarla in una catastrofe inarrestabile. Il dilemma é se sia meglio lasciare che gli umani in declino (perché mai, viene da chiedersi, visto che cinque diverse serie di Star Trek hanno dimostrato che l'universo é vasto e pieno di risorse) continuino a pensare al loro pianeta madre come una casa sacra, inviolabile e pressoché incontaminata, oppure svelare loro la tragica verità. Ossia che a causa del gesto folle del comandante della flotta di corazzate Death Shadow (attenzione, di qua in avanti parte una raffica di spoileroni...), che decise di contaminarla con la materia oscura uscita dai motori delle navi pur di non consentire agli umani (troppi: gli sceneggiatori abbracciano anche loro la baggianata new-age sulla sovrappopolazione, dimenticandosi del fatto che proprio il loro popoloso Giappone, assieme a Cina, Brasile e India, altrettanto prolifici, sono le uniche economie del mondo progredito a crescita positiva, mentre la sterile Europa, invece...) di tornarci.